“La fine è nota” di Geoffrey Holiday Hall

(Sellerio, 1992)

Ho letto per la prima volta questo libro l’estate del 1992, ero in viaggio, un caro amico me lo prestò e io ne rimasi immediatamente folgorato.

Un po’ come accadde a Leonardo Sciascia (accanito lettore e appassionato di gialli, anche grazie al suo lavoro per il quale doveva affrontare frequenti e lunghi viaggi in treno) qualche decennio prima.

Nella prefazione a questa edizione è proprio lui che lo racconta: nell’autunno del 1952 comprò il libro “La morte alla finestra” (questo era il titolo di quella lontana prima edizione italiana) all’ultimo, proprio per non salire sul treno senza avere nulla da leggere, ma poi già dalle prime righe riconobbe la mano di un autore di razza.

Ora fra il grande Sciascia e il sottoscritto non ci sono – ovviamente… – paragoni, ma mi piace pensare almeno di avere subito lo stesso fascino che scaturisce già dalle prime pagine di questo splendido romanzo.

Sciascia era convinto che dietro al nome di Geoffrey Holiday Hall si nascondesse un grande e famoso autore (il grande scrittore siciliano cercò a lungo di contattarlo, anche attraverso il suo agente, ma senza successo) che per non intaccare la sua fama, visto che il giallo allora era considerato di serie B, avesse inventato questo curioso pseudonimo.

La Sellerio, saggiamente da quale grande casa editrice italiana è, lo ha ristampato cambiandogli il titolo, e per il nuovo si è ispirata a William Shakespeare e al suo immortale “Giulio Cesare”:

“Oh, se fosse dato all’uomo di conoscere
la fine di questo giorno che incombe!
Ma basta solo che il giorno trascorra e la
sua fine è nota”

Cristina Comencini nel 1993 ne ha girato un adattamento cinematografico, ambientandolo nel nostro Paese. Sfizioso, ma nulla a che vedere con l’opera di Geoffrey Holiday Hall (o chiunque si nasconda dietro quel nome).