“Cronaca di una morte annunciata” di Gabriel García Márquez

(Mondadori, 1982)

Fra le cose che bisogna necessariamente fare per mantenere la propria esistenza emotivamente il più equilibrata possibile e godere a pieno dei grandi, così come dei piccoli, piaceri della vita c’è senza dubbio quella di leggere, a intervalli regolari, uno scritto del maestro Gabriel García Márquez.

Mi sono ributtato così nel romanzo che il grande scrittore colombiano pubblicò esattamente quarant’anni fa, l’anno prima di essere insignito del premio Nobel per la Letteratura.

La ricostruzione dell’ultima giornata della vita di Santiago Nasar rimane ancora oggi un capo saldo della letteratura mondiale, con la sua carnalità, la sua disperazione e soprattutto la sua ironia, e ci racconta un vero fatto di sangue accaduto trent’anni prima di cui lo stesso García Márquez fu testimone indiretto.

A Manaure, il “villaggio bruciato dal sale dei Caraibi”, tutti sanno che i fratelli Vicario vogliono ammazzare “come un maiale” Santiago. Tutti, tranne lo stesso Santiago che lo realizza solo quando è ormai troppo tardi.

Così riviviamo le ultime ore del Nasar secondo i vari racconti degli abitanti di Manaure incalzati dal narratore/Márquez. Chi per un motivo e chi per un altro non è riuscito a intervenire e impedire la tragedia. Tragedia dettata da ottuse e medievali regole sociali che segneranno in maniera indelebile la vita di tutti, non solo quella dei protagonisti primari.

Ma tutti, anche a distanza di tre decenni, si assolvono per la loro inerzia o vigliaccheria, proprio come fa la società più gretta e perbenista con se stessa.

Un capolavoro immortale da leggere e rileggere, e non solo per lo splendido stile di Marquez, maestro indiscusso della letteratura latinoamericano e planetaria, ma anche perché la sorpresa e lo sconcerto di Santiago sono quelli che ci piombano addosso sovente nella vita, dove spesso siamo gli ultimi a sapere le cose che ci riguardano. Ma, infondo, la storia delle nostre esistenze non è la… cronaca di una morte annunciata?

Da leggere.

La magia immortale di Gabriel Garcia Marquez

Ieri si è spento il grande Gabriel Garcia Marquez.

Sono ore ormai che tutte le testate del mondo ne ripercorrono la vita, la carriera giornalistica e soprattutto le opere letterarie.

Ci sono giornalisti molto chic che per farlo hanno redatto un simpatico riassuntino  – usando vocaboli e atmosfere ricercate da spot pubblicitario – di “Cent’anni di solitudine”, “Cronaca di una morte annunciata” o “L’amore ai tempi del colera”, tanto per dimostrare che loro Marquez lo hanno letto (…forse).

Ma l’opera immortale e la figura di Marquez certo non possono essere sfiorate da tanta superficialità.

In questo triste giorno solo una cosa ci può “salvare”: leggere e/o rileggere le sue opere.

Io parto senza esitazione da “Cent’anni di solitudine”: le emozioni che provai la prima volta che lo lessi ancora mi accompagnano tutte le volte che ripenso a Remedios la bella o al suo incipit che, ha ammesso Marquez in varie interviste, è stata la parte più difficile da scrivere.  

E soprattutto non vedo l’ora essere nuovamente sedotto dall’ironia, dall’amore e dalla magia che sprizzano da ogni sua pagina.

Buon viaggio e grazie di tutti i sogni G.G. Marquez, ovunque tu sia diretto.