“Animali fantastici: i crimini di Grindewald” di David Yates

(USA/UK, 2018)

Siamo nel 1927 e il famigerato Gellert Grindewald (un cattivissimo Johnny Depp) deve essere trasferito dalle oscure prigioni del Ministero della Magia Americano in quelle del Ministero della Magia Britannico.

Oltre ad essere uno fra i più potenti maghi viventi (come lui c’è forse solo Albus Silente), Grindelwald è un grande persuasore e affabulatore, tanto che al Ministero Americano gli hanno asportato la lingua. Feroce e terribile punizione, che però non basterà ad impedirgli di fuggire, attraversando la strada, e la vita, di Newt Scalamander (un sempre bravo Eddie Redmaune).

Inizia così il secondo episodio – scritto per il cinema appositamente dalla stessa J.K. Rowling – di “Animali fanstatici”, prequel della seria di Harry Potter.

Siamo a metà del Primo Dopoguerra e il mondo sembra non rendersi conto di avvicinarsi sempre più al baratro di un nuovo conflitto mondiale.

E Gridelwald assomiglia tanto – se non fisicamente, di certo per le cose che dice e che realizza – a quell’Adolph Hitler che per molto tempo – troppo – si è accattivato le simpatie di buona parte del mondo; fiino a quando i suoi piani allucinanti e i suoi feroci e criminali progetti non hanno incendiato il nostro pianeta.

La penna magica – e ditemi che la definizione non calza a pennello – della grande scrittrice scozzese, come sempre, ci racconta magistralmente di mostri, che molto spesso hanno un bellissimo aspetto, e di creature mostruose con un cuore più grande di una città.

Per la chicca: strepitoso Jude Law che veste i panni di un giovane e sornione Silente.

“La teoria del tutto” di James Marsh

(UK, 2014)

Il mondo conosce bene il genio scientifico del fisico Stephen Hawking e il suo senso umoristico (i suoi camei nelle serie “I Simpson” o in “The Big Bang Theory” e nell’ultimo spettacolo dei Monty Phyton sono solo gli ultimi esempi), così come conosce la sua atroce malattia neurodegenerativa che lo costringe su una sedia a rotelle da decenni.

Ma solo grazie alla sua biografia, scritta dalla sua ex moglie – ma ancora stretta collaboratrice – Jane Wilde Hawking “Verso l’infinito”, conosciamo il modo in cui ha affrontato e affronta la sua patologia che lentamente e inesorabilmente gli ha tolto l’uso del corpo.

Cambridge, 1963. Il giovane dottorando in Fisica Stephen Hawking (un eccezionale Eddie Redmayne che giustamente vince l’Oscar come miglior attore) sta scegliendo il tema della sua ricerca. Quello che lo affascina di più è la ricerca di un’unica equazione che spieghi la nascita dell’Universo. A una festa Stephen incontra Jane (Felicity Jones), giovane studentessa di Lettere, che rimane affascinata dalla sua mente geniale e dalla sua ironia sconfinata.

Ma poco tempo dopo l’inizio della loro relazione, Stephen scopre di essere affetto dall’Atrofia muscolare progressiva che gli concederà al massimo due anni di vita, vita fatta di continue e inesorabili perdite funzionali. Se lui vuole chiudere il rapporto Jane, invece, non teme la malattia e il suo decorso. I due si sposano e poco dopo mettono al mondo Robert, il loro primo genito. Ma la malattia prosegue il suo corso terrificante e le difficoltà per Jane sono sempre più grandi, visto anche l’arrivo di altri due figli…

James Marsh (premio Oscar per il miglior documentario nel 2009 per “Man on Wire – Un uomo tra le Torri”) dirige un bellissimo film d’amore, raccontandoci con delicatezza e sensibilità l’amore profondo fra i due protagonisti, l’amore di Hawking per le sue ricerche, ma soprattutto l’amore dello scienziato per la vita, nonostante una malattia terribile e umiliante. L’uomo che per oltre trent’anni ha insegnato nella stessa cattedra in cui insegnò Isaac Newton ci dice soprattutto questo: la legge universale più importante di tutte è amare la vita.

Da vedere.

“Animali fantastici e dove trovarli” di David Yates

(UK/USA 2016)

Il genio della Rowling non ha limiti. Già famosa a livello planetario, scrisse un piccolo libro ambientato nel mondo di Harry Potter – ma ambientato qualche decennio prima della nascita di colui che sconfiggerà Lord Voldermort… – i cui profitti andarono tutti in beneficenza. Ma una grande scrittrice, è sempre e comunque, una grande scrittrice. E così da quel piccolo libro nasce questo film che ha già incassato nel mondo oltre 700 milioni di dollari, tanto che sono già in lavorazione quattro sequel.

Il giovane mago inglese Newt Scamander (Eddie Redmayne) sbarca a New York con una strana e agitata valigia fra le mani. Siamo nel 1926 e l’ombra del tracollo finanziario che a breve travolgerà gli Stati Uniti comincia ad affacciarsi all’orizzonte. In gravi momenti di crisi si riaccendono paure e antiche superstizioni – che noi purtroppo al momento conosciamo bene… – e così fra i predicatori di strada, quella che sembra aver più seguito è la direttrice di un orfanotrofio Mary Lou Barebone (Samantha Morton), leader del movimento integralista Secondi Salemiani, il cui intento è dare la caccia spietata a maghi e streghe.

Scamander incappa proprio in un comizio della Barebone e nei pochi secondi in cui è tristemente distratto dalla oratrice, dalla sua valigia evadono strane creature. Per riprenderle il mago dovrà chiedere aiuto, suo malgrado, al No-Mag – che in Gran Bretagna chiamano Babbani – aspirante pasticcere Kowalski (Dan Fogler), all’ex-Auros Tina Goldstein (Katherine Waterston) e a sua sorella Queenie (Alison Sudol).

Le difficoltà aumenteranno, e pure in maniera molto pericolosa, visto che sulla città incombe un Obscurus, un essere malvagio e spietato che nasce della violenta repressione dei poteri magici di maghi e streghe in tenera età, a cui l’Auror Percival Graves (Colin Farrell) dà strenuamente la caccia.

Fantastico viaggio, con effetti speciali da urlo, nel mondo incantato della Rowling che sa raccontare molto bene, e come pochi, l’antica quanto il mondo lotta fra il bene e il male.

Da ricordare i “perfidi” e “arroganti” camei di Jon Voight, Ron Pearlman e Johnny Depp. Vincitore dell’Oscar per i migliori costumi, con una candidatura per le migliori scenografie.