“O ti spogli… o ti denuncio” di Alvin Rakoff

(UK, 1970)

L’8 aprile del 1967 andò in onda l’episodio “Call Me Daddy” della seria antologica “Armchair Theatre” (il cui titolo si potrebbe tradurre come “Una poltrona al teatro”), serie trasmessa sulla televisione britannica la domenica sera dal 1956 al 1974 e composta in tutto da 152 episodi, ognuno indipendente dall’altro e con ognuno i tratti classici del dramma teatrale televisivo. 

La sceneggiatura di “Call My Daddy” è opera dello scrittore irlandese di origini ceche Ernest Gébler (1914-1998) che prende spunto dal doloroso e duro naufragio del suo matrimonio con la scrittrice irlandese Edna O’Brien. A interpretare il protagonista, il grigio e antipatico Benjamin Hoffman, è Donald Pleasence. Il successo dell’episodio è notevole e la sceneggiatura viene premiata con un International Emmy Award, cosa che spinge Gébler a scrivere un romanzo ispirato ad essa che prende il titolo “Shall I Eat You Now?” e che viene pubblicato nel 1969.  

Sulla scia del successo del romanzo, il cinema decide di portare la storia di Ben Hoffman sul grande schermo e la parte viene offerta all’attore fra i più in voga nel momento: Peter Sellers. All’inizio lo stesso rifiuta, o al massimo è disposto a interpretarla recitando però con un’improbabile accento austriaco, sulla falsa riga dell’ispettore Clouseau. Ma alla fine sia la produzione che lo stesso Alvin Rakoff – regista anche di “Call Me Daddy” – riescono a convincere Sellers e il film prenderà il titolo originale proprio dal suo protagonista: “Hoffman”.

Così assistiamo alla falsa partenza della giovane e avvenente Janet Smith (Sinéad Cusack) che, accompagnata dal suo premuroso fidanzato Tom (Jeremy Bulloch) finge di prendere il treno che da Londra la porterebbe a Scarborough, dove l’aspetta sua nonna convalescente. Una volta congedato Tom, Janet lascia la stazione per raggiungere clandestinamente l’appartamento di Benjamin Hoffman (Sellers appunto) con il quale ha fatto un patto basso e maschino. 

Hoffman, infatti, ha scoperto che Tom è coinvolto nei furti che flagellano la compagnia per la quale anche lui come Janet lavorano. E così ha fatto una proposta all’avvenente ragazza, che il mese successivo ne diventerà la moglie: per non denunciare Tom lei dovrà passare una settimana a casa sua e dovrà essere sessualmente accondiscendente a tutte le sue voglie e fantasie.

La giovane, disperata per il destino del suo futuro marito, ha accettato senza dire niente a nessuno, e così si presenta alla porta di Hoffman che eccitato e “famelico” la fa accomodare. Ma dall’iniziale fantasia di una vendetta misogina del grigio e introverso Hoffman – che durante il suo soggiorno Janet scopre essere stato tradito e umiliato dalla sua “terribile” ex moglie – il rapporto fra i due lentamente prende pieghe inaspettate. Così assistiamo al cambiamento del padrone di casa che da viscido e silenzioso aguzzino diventa un uomo corretto leale e rispettoso, cosa che alla fine permette alla stessa Janet di crescere e comprendere al meglio di chi può fidarsi davvero…

Insolita e originale pellicola che ci offre l’ennesima ottima interpretazione del grande Peter Sellers, anche se fuori dai suoi soliti canoni, grazie anche a quella della bravissima Sinéad Cusack, non a caso membro dal 1967 della Royal Shakespeare Company.

Il film, forse proprio per l’insolito ruolo interpretato dal suo protagonista, non fu un successo al botteghino cosa che spinse Sellers a disprezzarlo pubblicamente e a cercare di acquistare e distruggere tutte le copie esistenti. Ma in molti, soprattutto quelli a lui vicino, dichiararono che tale avversione nasceva dai numerosi – e forse troppi… – punti in comune fra Benjamin Hoffman e il vero Peter Sellers.       

Per la chicca: cosa si può aggiungere al titolo con cui è stato distribuito nelle sale italiane e che richiama alla nostra peggiore tradizione di commedia pecoreccia?

“Il caso Drabble” di Don Siegel

(UK, 1974)

Ci sono molti critici (…ma d’altronde se non criticano loro?) convinti che questo del maestro Don Siegel sia uno dei suoi film minori. Certo, non parliamo di “Contratto per uccidere”, “Chi ucciderà Charley Varrick?” o “Fuga da Alcatraz”, ma non scherziamo: stiamo parlando comunque  di un maestro del cinema thriller – e non solo – che nel suo genere ha davvero – ancora oggi – pochi rivali.

Il maggiore John Tarrant (un glaciale e implacabile Michael Caine) ha lasciato l’Esercito di Sua Maestà per entrare nei Servizi Segreti, nell’unità Anti Guerriglia. Se la sua carriera sembra promettere bene, il suo matrimonio ne ha risentito così tanto da naufragare, infatti la sua ex moglie vive in un’altra casa con il loro unico bambino.

Mentre Tarrant tenta di infiltrarsi in un gruppo terroristico affiliato all’Ira, suo figlio viene rapito. A casa della sua ex moglie arriva una telefonata di un tale signor Drabble (letteralmente infangare) che in cambio dell’incolumità di suo figlio chiede a Tarrant una partita di diamanti acquistati segretamente da capo della sua unità Cedric Harper (un molto ironicamente “british” Donald Pleasence) solo qualche giorno prima.

Ovviamente il Governo di Sua Maestà non può trattare coi terroristi e così il riscatto non verrà pagato. Ma il punto è anche un altro: come facevano a sapere i rapitori delle pietre preziose? Uno strano giro di contingenze porta a far cadere i sospetti proprio su Tarrant. Ma un agente del Servizio Segreto è addestrato ad affrontare ogni situazione di petto, e così…

Ottimo thriller con ottimi interpreti fra cui spiccano anche Delphine Seyrig e il sempre cattivo John Vernon.

Per la chicca: nelle sequenze iniziali appare in un piccolissimo ruolo un giovanissimo John Rhys-Davies che qualche anno dopo vestirà i panni di Sallah l’amico fidato del Prof. Henry Jones Jr, e soprattutto quelli di Gimli il Nano nella Trilogia de “Il Signore degli Anelli”.