“Bravo!” di Terzoli & Vaime

(Italia, 1980)

Italo Terzoli ed Enrico Vaime sono stati una delle coppie di autori più prolifiche e divertenti del nostro spettacolo. Dopo il successo della seconda edizione di “Rugantino” con Enrico Montesano, il duo scrive uno spettacolo ad hoc per il comico romano, prodotto dalla grande ditta Garinei & Giovannini, con le musiche del maestro Armando Trovajoli e la regia dello stesso Pietro Garinei.

In una domenica di riposo, un attore (Montesano) porta suo figlio, appena adolescente, Chicco dietro le quinte del teatro nel quale dovrà allestire il suo nuovo spettacolo. Lui stesso non sa esattamente come sarà, e allora insieme al figlio esplora tutti i generi che hanno fatto grande il teatro italiano del Novecento. Grazie ad una serie di esilaranti imitazioni sul palcoscenico passano tutti i più grandi: da De Filippo a Gassman, da Rascel a Totò.

Con le coreografie di Gino Landi, Enrico Montesano si dimostra attore eclettico e di razza, un vero animale da palcoscenico. Ad oltre trent’anni di distanza, solo pochissime battute di Terzoli & Vaime appaiono un pò datate, legate soprattutto ai nomi della famigerata Prima Repubblica. Ma la restante critica al popolo furbetto che abita lo Stivale è sempre graffiante e attuale.

Parlando poi di Montesano, non si può non apprezzarne la bravura, che sembra aver ispirato tanto quella di alcuni comici di oggi, come per esempio Enrico Brignano o Giorgio Panariello.

“Rugantino” di Garinei e Giovannini

(Italia, dal 1962)

Il 15 dicembre del 1962 debutta al teatro Sistina di Roma “Rugantino”, commedia musicale ideata da Pietro Garinei e Sandro Giovannini, e scritta insieme a Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa e Luigi Magni, con le musiche affidate al maestro Armando Trovajoli.

L’idea è quella di ispirarsi alla maschera romana di Rugantino, il classico giovane figlio della strada e senza famiglia, forte a parole ma debole nei fatti, che compie le sue gesta nella Roma papalina (epoca così cara al grande Magni), e di farne una commedia amara nella migliore tradizione di quelle che splendono in quegli anni al cinema. L’alchimia fra testi, musiche e interpretazioni è straordinaria, e il successo è clamoroso.

Rugantino è il protagonista perfetto per una commedia all’italiana, e i nostri due più grandi produttori teatrali scelgono un attore come Nino Manfredi per impersonarlo. La bella Rosetta viene affidata alla splendida Lea Massari (che, nessuno si offenda, rimane la più bella fino ad oggi), quello di Mastro Titta a un colosso comico come Aldo Fabrizi, Eusebia a un’altra grande attrice comica come Bice Valori, mentre quello di Bojetto, il figlio di Titta, a Carlo delle Piane.

Tutti volti, appunto, della nostra grande commedia cinematografica. In più ci sono le musiche immortali del maestro Trovajoli che crea canzoni come “Roma nun fa la stupida stasera”, “Ciumachella de Trestevere” e “Tirolallero” che ancora oggi canticchiamo.

“Rugantino” oltre ad essere rappresentato in tutti i grandi teatri d’Italia, viene esportato all’estero: in Canada, a Broadway, e poi in un lungo tour in America latina (a Buenos Aires Manfredi ha tutto il tempo di partecipare alla riprese del film “Il Gaucho” proprio nei momenti di pausa).

Nel 1978 viene prodotta una seconda edizione con Enrico Montesano come protagonista accanto ad Alida Chelli in quelli di Rosetta, mentre Fabrizi e la Valori mantengono i loro ruoli. Anche stavolta il successo è enorme.

Vent’anni dopo a vestire i panni dei protagonisti, nella terza edizione, saranno Valerio Mastandrea e Sabrina Ferilli. In tutto “Rugantino” viene messo in scena in sette edizioni nell’arco di oltre cinquant’anni (Enrico Brignano al momento ne è l’ultimo protagonista in quella del 2013) a dimostrare la grandezza di una commedia che, come la città in cui è ambientata, sembra eterna.

“Sette uomini d’oro” di Marco Vicario

(Italia, 1965)

Questo spettacolare action è stato per molto tempo il film italiano più costoso e allo stesso tempo più esportato della nostra storia (e pensare che oggi è quasi impossibile trovarlo in DVD, soprattutto nella versione originale).

Con una sceneggiatura a orologeria, e bravissimi attori caratteristi (oltre a Rossana Podestà, Philippe Leroy e Gastone Moschin) all’uscita del film nelle sale ancora non troppo famosi, “Sette uomini d’oro” è l’ennesima dimostrazione della bravura e della versatilità del nostro grande cinema che sapeva fare tutto, e pure molto bene.

Girato fra l’Italia e la Svizzera, nella quale però allora era vietato anche solo riprendere gli esterni degli istituti di credito, “Sette uomini d’oro” paga lo scotto della morale dei tempi che voleva che il crimine non pagasse.

Ma nonostante ciò, rimane un gioiello cinematografico che stupisce e diverte anche oggi.