“The Truman Show” di Peter Wier

(USA, 1998)

Siamo alla fine degli anni Novanta, il nuovo millennio è ormai alle porte ma la società a molti non sembra pronta ad affrontare le sfide che il nuovo corso storico sembra presentare all’orizzonte.

A dominare la scena planetaria è senza dubbio la televisione che sta immettendo un nuovo – …ma poi era davvero così? – format: il reality, destinato a rivoluzionare il modo di fare e soprattutto di vedere la televisione.

E così lo sceneggiatore neozelandese Andrew Niccol – classe 1964, che poi scriverà e dirigerà il bellissimo “Gattaca – La porta dell’universo” – ispirandosi ad alcune memorabili puntate delle prime stagioni della straordinaria serie televisiva “Ai confini della realtà” creata da Rod Serling nel 1959, e al racconto di Philip K. Dick “Tempo fuor di sesto” pubblicato per la prima volta sempre nel 1959, firma uno script il cui protagonista ignora di essere il personaggio principale del reality show più famoso del globo.

Programma tv noto in ogni angolo del pianeta e conosciuto da tutti, tranne che dallo stesso Truman Burbank (un bravissimo Jim Carrey, forse alla sua migliore interpretazione e inspiegabilmente ignorato agli Academy Awards), adottato legalmente trent’anni prima dal network che ha costruito il set più grande del mondo dove lo ha fatto crescere e vivere, riprendendo ogni istante a sua totale insaputa.

Truman vive assieme ad attori e comparse, che lui crede essere invece veri parenti e amici, a partire dalla sua fidanzata Meryl (una sempre brava Laura Linney) o dal suo storico amico Marlon (Noah Emmerich, che vestirà i panni dello spietato colonnello Nelec in “Super 8” di J.J. Abrams).

Nonostante la sua esistenza apparentemente perfetta ed edulcorata, Truman cova dentro un crescente e incontenibile senso di oppressione e insoddisfazione, e così confessa ai suoi affetti più cari – e davanti a milioni di telespettatori… – che intende lasciare la sua piccola città natale per esplorare il mondo e trovare se stesso.

La cosa, naturalmente, non può che far preoccupare Christof (Ed Harris), il carismatico e dispotico creatore del “Truman Show”…

Con una battuta finale memorabile, questa pellicola supera il quarto di secolo di età conservando integra la sua potenza narrativa e caustica. A distanza di venticinque anni la nostra società è molto cambiata, ma i reality hanno ancora un seguito rilevante. Il centro nevralgico della vita quotidiana, però, non è più il nostro televisore ma è il nostro cellulare, dal quale osserviamo e cerchiamo di afferrare cosa accade nel mondo passando dentro e attraverso i social.

E allora, rivedendo questa sempre affascinante pellicola, la domanda – …come diceva Antonio Lubrano – sorge spontanea: ma non è che adesso siamo diventati tutti dei Truman Burbank che consumano la propria esistenza al centro di uno show planetario che è proprio il nostro social preferito?

….E che a differenza del vero Truman Burbank noi ne siamo totalmente, e colpevolmente, a conoscenza?

Chi non sbircia i social ogni tanto lanci la prima pietra, e ai posteri l’ardua sentenza…

“Anon” di Andrew Niccol

(USA/UK/Canada/Germania, 2018)

Il neozelandese Andrew Niccol – già autore e regista dello splendido “Gattaca – La porta dell’universo” e autore dello script di “The Truman Show” – è forse il regista cinematografico che più si avvicina all’anima irrisolta dei grandi quesiti che ci ha posto l’immortale Philip K. Dick.

Se con “Gattaca” si – e ci… – domandava come sarebbe stata la società quando gli esseri umani avrebbero potuto controllare e rendere “perfetto” il DNA dei nascituri; con questo “Anon” s’interroga su dove potrebbe arrivare il controllo assoluto delle persone.

Sal Frieland (un ruvido Clive Owen) è un detective della Polizia con un passato tragico, divorziato e alcolista. Il suo lavoro è molto più facile di quello dei suoi predecessori, visti i mezzi tecnologici a disposizione delle Forze dell’Ordine.

Ormai, infatti, tutto quello che le persone vedono e vivono viene registrato – attraverso i loro occhi – su infiniti database che i tutori della legge posso consultare semplicemente con uno sguardo.

Quando però Sal incappa in alcuni omicidi commessi da un “invisibile” hacker che si fa chiamare Anon (Amanda Seyfried con un caschetto nero alla Mia Wallace che è tutto un programma), le cose diventano complicate…

Un bel film, con davvero delle belle immagini.

“Gattaca – La porta dell’universo” di Andrew Niccol

(USA, 1997)

Ma il destino di un essere umano è davvero scritto nel suo DNA?

A questa domanda risponde splendidamente il film diretto da Andrew Niccol già sceneggiatore, fra le altre cose, di “The Truman Show”.

G A C T sono le lettere iniziali delle quattro basi azotate che compongono il DNA: l’Adenina, la Citosina, la Timina e la Guanina: da cui il titolo GATTACA.

Per la seconda parte de titolo – che esiste solo in Italia – “La porta dell’universo”, forse si tratta di uno “astuto” quanto inspiegabile richiamo al film “Stargate”, uscito qualche anno prima (che molti hanno ribattezzato “Starcagate”) e che con questa bellissima pellicola – fortunatamente – non c’entra niente.

Vincent Freeman (Ethan Hawke) – e il nome dice tutto – è uno degli ultimi nati senza l’intervento di un laboratorio specializzato nel creare esseri umani geneticamente perfetti e senza tare.

E’ indiscusso quindi che il suo sogno di diventare navigatore stellare sia impossibile, la concorrenza degli individui perfetti, nuova aristocrazia umana, è imbattibile. Ma la vita, nel corso dei millenni, ha sempre trovato una strada tutta sua…

Nel cast, oltre a Hawke, una bellissima Uma Thurman, un inquietante Jude Law e un grande Gore Vidal. Produce, fra gli altri, anche il grande Danny DeVito.

Da vedere a intervalli regolari.