Paolo Ferrari

Ieri se ne è andato Paolo Ferrari, classe 1929, fra i pochi grandi rappresentati dello spettacolo italiano che ha saputo attraversare il Novecento e i primi due decenni del nuovo millennio.

Già a nove anni inizia la sua carriera artistica alla radio, dove interpreta un piccolo balilla. La stessa radio, grazie alla splendida voce e alla perfetta dizione, sarà uno degli ambiti più importanti della prima parte della sua carriera.

Nel 1938 arriva la prima apparizione davanti alla macchina da presa in “Ettore Fieramosca” di Alessandro Blasetti con Gino Cervi come protagonista, decolla così la sua carriera di attore bambino che lo porta ad interpretare vari film il cui più significativo è forse “Gian Burrasca” diretto dal grande Sergio Tofano nel 1943.

Nel secondo dopoguerra Ferrari, ormai adulto, torna alla radio, al cinema e al teatro. Alla radio, soprattutto, è protagonista di numerosi spettacoli di successo accanto a giovani attori che poi segneranno il nostro cinema e il nostro palcoscenico.

E grazie alla radio Paolo Ferrari inizia la sua carriera di doppiatore in film simboli del cinema donando la voce a Franco Citti in “Accattone” di Pier Paolo Pasolini, a Jean-Louis Trintignat nello splendido “Il sorpasso” di Risi, a Humphrey Bogart in quasi tutti i ridoppiaggi e sopratutto in “Provaci ancora Sam” di Woody Allen.

Oltre che doppiare, Ferrari recita anche davanti alla MDP, e sono da ricordare le sue interpretazioni in “Camping” diretto da Franco Zeffirelli nel 1957 con Nino Manfredi e “Le voci bianche” di Pasquale Festa Campanile del 1964, in cui ha il ruolo di assoluto protagonista.

Ferrari è uno dei primi protagonisti anche del nuovo mezzo che si affaccia in Italia, la televisione. E’ accanto a Vittorio Gassman nello storico “Il Mattatore” del 1959, presenta il il Festival di Sanremo accanto ad Enza Sampò nel 1960, e partecipa a numerosissime fiction da “Il giornalino di Gian Burrasca” di Lina Wertmuller del 1964, passando per “Nero Wolfe” con Tino Buazzelli del 1969 e “Disokkupati” di Franza di Rosa del 1997 per arrivare a “Notte prima degli esami” del 2011.

Sempre per la tv, nel 1981 è il protagonista di una serie di “Buonasera con…” in cui ripercorre, assieme alla sua seconda moglie Laura Tavanti, la sua già allora lunga carriera, e in cui non risparmia frecciate a esimi colleghi, a partire dallo stesso Gassman.

Sempre in televisione (nel bene e nel male…) Paolo Ferrari è protagonista di alcuni spot pubblicitari legati ad un detersivo, spot che lo renderanno famoso anche alle nuove generazione (…sob…) entrando di fatto nell’immaginario quotidiano della nostra società.

Ma Ferrari è attivo anche e soprattutto in teatro, forse la sua grande e vera passione. Fra i numerosi allestimenti mi piace ricordarlo in “Sostiene Pereira” tratto dal romanzo di Antonio Tabucchi per la regia di Teresa Pedroni, e nel bellissimo “Un ispettore in casa Birling” di John Boynton Priestley con Andrea Giordana per la regia di Giancarlo Sepe, spettacoli che ho avuto la fortuna di vedere.

Oltre alla sua grande arte, ci mancherà molto la sua sorniona ironia.

“Semo o nun semo” di Nicola Piovani

(Italia, dal 2005)

Sulla tradizione della grande canzone napoletana si possono tenere convegni e serate per mesi interi, se non per anni. Su quella romana – che di fatto nasce da quella partenope – invece no.

Infatti, dopo la commedia musicale “Rugantino” di Garinei & Giovannini che riscosse un enorme successo superando i nostri confini nazionali, la canzone romana è sembrata cadere nell’oblio.

Il maestro Nicola Piovani, romano di nascita, sale sul palco in sua difesa, creando uno spettacolo dedicato alla canzone della città eterna, che proprio così insignificante non è stata.

Alla fine dell’Ottocento, il 24 giugno, per festeggiare San Giovanni venne creata una grande festa proprio nei pressi della prima Basilica Cristiana romana. Con lo scopo di cacciare le “streghe”, sfilavano carri allegorici e giovani e sconosciuti artisti si esibivano sul palcoscenico.

Proprio su quelle assi, Piovani fa nascere ufficialmente la canzone romana che avrà fra i primi suoi rappresentati Leopoldo Fregoli, che diverrà poi il maestro del trasformismo teatrale.

Ma forse la figura più rilevante della scena romana è Romolo Balzani, autore di alcune delle canzoni più note della tradizione capitolina. E’ lui a cantare, infatti, “Semo o nun semo” che, rifacendosi al famosissimo quesito amletico, dona il titolo allo spettacolo di Piovani, o l’immortale “Barcarolo romano”.

Altro grande autore romano è Luigi Magni, che insieme a Piovani scrisse lo spettacolo teatrale “I 7 Re di Roma”, nel quale c’è la splendida “Se campa appesi a un filo”.

L’amore di Piovani per la tradizione canore della sua città, nasce dalle canzoni che, ancora bambino, gli cantava sua zia, attrice e cantante doc del grande varietà romano.

Voce narrante dello spettacolo è Massimo Wertmuller che incarna molto bene lo spirito più sornione e disincantato della vera romanità. Per chi ama Roma, ma soprattutto la bella musica.

“Solo” di Arturo Brachetti

(Italia, 2017/2018)

Uno dei più grandi artisti italiani del palcoscenico è tornato in molti teatri della Penisola col suo nuovo One Man Show. Riprendendo e sviluppando alcuni suoi numeri già rodati e inserendone di nuovi, Brachetti, senza lasciarci un attimo di respiro, ci inchioda alla poltrona per quasi due ore.

Solo pochi artisti al mondo sanno riuscirci così, e Brachetti è uno di questi e sicuramente uno dei migliori. Maestro indiscusso del trasformismo contemporaneo, l’artista torinese passa da un costume all’altro in meno di un battere di ciglia.

Dobbiamo essere orgogliosi di avere un artista così, capace di stupire da oltre trent’anni, e capace di rinnovarsi rimanendo fedele a se stesso e alla sua arte. Arte che sa conciliare al meglio le antiche tradizioni, come ad esempio le classiche ombre cinesi, ai più contemporanei effetti speciali basati sul laser.

Ma alla fine è inutile tentare di parlare o descrivere uno spettacolo di Arturo Brachetti: bisogna vederlo e viverlo.

“Bravo!” di Terzoli & Vaime

(Italia, 1980)

Italo Terzoli ed Enrico Vaime sono stati una delle coppie di autori più prolifiche e divertenti del nostro spettacolo. Dopo il successo della seconda edizione di “Rugantino” con Enrico Montesano, il duo scrive uno spettacolo ad hoc per il comico romano, prodotto dalla grande ditta Garinei & Giovannini, con le musiche del maestro Armando Trovajoli e la regia dello stesso Pietro Garinei.

In una domenica di riposo, un attore (Montesano) porta suo figlio, appena adolescente, Chicco dietro le quinte del teatro nel quale dovrà allestire il suo nuovo spettacolo. Lui stesso non sa esattamente come sarà, e allora insieme al figlio esplora tutti i generi che hanno fatto grande il teatro italiano del Novecento. Grazie ad una serie di esilaranti imitazioni sul palcoscenico passano tutti i più grandi: da De Filippo a Gassman, da Rascel a Totò.

Con le coreografie di Gino Landi, Enrico Montesano si dimostra attore eclettico e di razza, un vero animale da palcoscenico. Ad oltre trent’anni di distanza, solo pochissime battute di Terzoli & Vaime appaiono un pò datate, legate soprattutto ai nomi della famigerata Prima Repubblica. Ma la restante critica al popolo furbetto che abita lo Stivale è sempre graffiante e attuale.

Parlando poi di Montesano, non si può non apprezzarne la bravura, che sembra aver ispirato tanto quella di alcuni comici di oggi, come per esempio Enrico Brignano o Giorgio Panariello.

“Rugantino” di Garinei e Giovannini

(Italia, dal 1962)

Il 15 dicembre del 1962 debutta al teatro Sistina di Roma “Rugantino”, commedia musicale ideata da Pietro Garinei e Sandro Giovannini, e scritta insieme a Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa e Luigi Magni, con le musiche affidate al maestro Armando Trovajoli.

L’idea è quella di ispirarsi alla maschera romana di Rugantino, il classico giovane figlio della strada e senza famiglia, forte a parole ma debole nei fatti, che compie le sue gesta nella Roma papalina (epoca così cara al grande Magni), e di farne una commedia amara nella migliore tradizione di quelle che splendono in quegli anni al cinema. L’alchimia fra testi, musiche e interpretazioni è straordinaria, e il successo è clamoroso.

Rugantino è il protagonista perfetto per una commedia all’italiana, e i nostri due più grandi produttori teatrali scelgono un attore come Nino Manfredi per impersonarlo. La bella Rosetta viene affidata alla splendida Lea Massari (che, nessuno si offenda, rimane la più bella fino ad oggi), quello di Mastro Titta a un colosso comico come Aldo Fabrizi, Eusebia a un’altra grande attrice comica come Bice Valori, mentre quello di Bojetto, il figlio di Titta, a Carlo delle Piane.

Tutti volti, appunto, della nostra grande commedia cinematografica. In più ci sono le musiche immortali del maestro Trovajoli che crea canzoni come “Roma nun fa la stupida stasera”, “Ciumachella de Trestevere” e “Tirolallero” che ancora oggi canticchiamo.

“Rugantino” oltre ad essere rappresentato in tutti i grandi teatri d’Italia, viene esportato all’estero: in Canada, a Broadway, e poi in un lungo tour in America latina (a Buenos Aires Manfredi ha tutto il tempo di partecipare alla riprese del film “Il Gaucho” proprio nei momenti di pausa).

Nel 1978 viene prodotta una seconda edizione con Enrico Montesano come protagonista accanto ad Alida Chelli in quelli di Rosetta, mentre Fabrizi e la Valori mantengono i loro ruoli. Anche stavolta il successo è enorme.

Vent’anni dopo a vestire i panni dei protagonisti, nella terza edizione, saranno Valerio Mastandrea e Sabrina Ferilli. In tutto “Rugantino” viene messo in scena in sette edizioni nell’arco di oltre cinquant’anni (Enrico Brignano al momento ne è l’ultimo protagonista in quella del 2013) a dimostrare la grandezza di una commedia che, come la città in cui è ambientata, sembra eterna.

“Sono nata il ventitré” di Teresa Mannino e Giovanna Donini

E’ inutile che ci giriamo intorno, la comicità teatrale o cabarettistica è, soprattutto nel nostro Paese, quasi sempre al maschile.

Abbiamo avuto grandi attrici comiche (Monica Vitti su tutte) questo non si discute, ma erano grandi attrici dirette da grandi registi che recitavano testi o sceneggiature di grandi scrittori, soprattutto uomini.

E la figura del comico nudo e crudo è stata sempre tutta al maschile. Fatta eccezione, nel recente passato, per la grande Anna Marchesini. Teresa Mannino oggi, con il suo “Sono nata il ventitré” – scritto insieme a Giovanna Donini ci dimostra che – finalmente! – nel nostro Paese il teatro comico e di cabaret è diventato anche al femminile.

Quasi due ore sul palcoscenico senza interruzioni, e senza mai cadere nel banale o nel volgare ammiccante (che non vuol dire non parlare di sesso).

Una bella (e divertente) notizia per la nostra cultura.

“Cabaret” di Joe Masteroff, John Van Drute, Christopher Isherwood e Saverio Marconi

(Italia, 2015)

Non è facile confrontarsi con uno dei mostri sacri del musical del Novecento come “Cabaret” (con le muscihe di Joe Masteroff e il testo basato sulla commedia di John Van Drute e sui racconti di Christopher Isherwood), soprattutto per l’inevitabile paragone con l’omonimo film di Bob Fosse del 1972.

Ma Saverio Marconi riesce benissimo nell’impresa grazie anche a un cast davvero di qualità su cui emergono la bravissima Giulia Ottonello – nel ruolo di Sally Bowles – e un altrettanto bravo Giampiero Ingrassia in quello del maestro di cerimonie, che nel film di Fosse è interpretato da Joel Grey (che si aggiudicherà l’Oscar come miglior attore non protagonista).

Questa bella edizione ci ricorda la grande tradizione del musical nel nostro Paese, che è ancora capace di sfornare artisti in grado di confrontarsi con capolavori mondiali.

Se vi state chiedendo perché proprio oggi parlo di questo spettacolo …è proprio il caso che andiate a vederlo!

“Brachetti che sorpresa!” di Arturo Brachetti

Grazie al cielo esiste un intero universo teatrale (e non solo!) splendido e geniale che non passa in televisione!

Con questo nuovo spettacolo Arturo Brachetti, (ahimè) più famoso e glorificato all’estero che in Italia, si dimostra ancora una volta un gigante del teatro mondiale.

Oltre ad essere il più grande trasformista vivente (dite quello che vi pare, ma io sono stato tutta la sera INUTILMENTE a tentare di capire i suoi trucchi…) ci porta – per quasi due ore e senza interruzioni – nel suo mondo fantastico e magico, dove ci si perde in maniera sublime.

Ma il genio dell’artista torinese non si limita a questo e così, guardando avanti, porta sul palco quattro giovani artisti dotati di uno straordinario genio comico e magico quasi quanto il suo: Luca Bono, Francesco Scimeni, Kevin Michael Moore e il duo Luca&Tino.

Aspettatevi di tutto …anche di vedere il pubblico dal palco.

IMPERDIBILE!