“Sperandina”

In primo piano

Per Sperandina Rimedi la speranza è solo una parte del nome perché la vita si presenta presto priva di aspettative e con ben pochi sogni da realizzare.

A cavallo tra due secoli le drammatiche vicende del nostro Paese, dalla seconda guerra mondiale al terrorismo, sino alla pandemia, scandiscono il trascorrere di una vita, nel cui inesorabile dipanarsi per nove decenni, emerge la dolorosa consapevolezza di un prezioso ”durante”.

Sperandina, soprattutto, ci mostra le difficoltà di crescere donna in una società patriarcale, con un padre maschilista e tanti, troppi, pregiudizi da superare, ma l’indipendenza conquistata a fatica le consente di godere comunque del bello della vita, di sognare attraverso il cinema, il teatro, la musica e di toccare anche l’amore.

Sperandina, che dopo aver lasciato Roma, rassegnata e disillusa, decide di vivere definitivamente a Perugia, la speranza non la perde mai davvero. Così la speranza per Sperandina brilla anche nelle sue ultime brevi e sospirate parole, che guardano al futuro con fiducia e amore.

Parabola umana di una straordinaria figura femminile, delineata con estrema sensibilità e delicatezza in un quadro sociologico, storico e familiare destinato a suscitare profonde emozioni.

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“Ratto” di Stephen King

(Sperling & Kupfer, 2020)

“Ratto”, ultimo in ordine di pubblicazione dei quattro racconti: “Il telefono del signor Harrigan“, “La vita di Chuck” e “Se scorre il sangue” che dona il titolo alla raccolta, chiude la raccolta firmata dal maestro Stephen King nel 2020.

Drew Larson è un discreto professore di letteratura che ha un passato di autore di racconti di tutto rispetto. Alcuni suoi scritti, infatti, hanno attirato le attenzioni di prestigiose riviste facendolo diventare una delle più interessanti “promesse” letterarie del Paese.

Così Drew, qualche tempo prima, ha sentito il desiderio di scrivere un romanzo per provare a se stesso di essere quella promessa mantenuta. Ma, dopo un discreto inizio, la pagina bianca – o se preferite il monitor bianco – che si ritrovava inesorabilmente davanti agli occhi lo ha fatto vacillare e alla fine crollare, lasciandolo in preda ad un grave esaurimento nervoso.

Nel 2018 Drew si sente pronto ad affrontare una nuova sfida, visto che nella testa gli è venuta un’idea molto originale e assai intrigante per un romanzo western, e per questo si è preso un anno sabbatico dall’insegnamento. Ma sua moglie Lucy entra subito in agitazione, visto poi che Drew vuole andare a scrivere nella sua vecchia casa fra i boschi ad una certa distanza da TR-90, un agglomerato agricolo a molte ore di macchina da casa.

La vecchia abitazione, che lo scrittore ha ereditato da suo padre, è poco più che un capanno isolato fra i monti, che lui negli ultimi anni lui ha affittato nel periodo estivo per contribuire al bilancio familiare. Ma proprio la lontananza da tutto lo rende per Drew il posto ideale, lontano da sua moglie e dai suoi figli piccoli.

Nonostante le proteste di Lucy, Drew parte e dopo molte ore di viaggio raggiunge TR-90. Come è stato sempre abituato a fare, si ferma nell’ultimo emporio disponibile per fare la spesa necessaria per almeno una settimana, e poi prende la strada sterrata che lo porta alla sua vecchia casa.

Come promesso telefona a Lucy per avvisarla di essere arrivato e poi inizia subito a scrivere. Questa volta le pagine bianche non hanno il tempo di turbarlo visto che le idee che gli vengono sono sempre più numerose e originali. Dopo la prima notte passata nella casa, Drew comincia a non sentirsi bene e capisce di aver preso quella brutta influenza che aveva il padrone dell’emporio. Ma il libro procede a meraviglia e così Drew assume due aspirine e continua a scrivere.

Col passare delle ore l’influenza diventa sempre più forte e Lucy, intuendola dalla sua voce al telefono, gli chiede di tornare a casa. Ma Drew non ha alcuna voglia di abbandonare il libro che sembra davvero scriversi da solo. A mettere l’uomo ancora più sotto pressione ci pensa una tempesta di vento e pioggia che si sta dirigendo proprio verso TR-90, che quasi certamente renderà inagibile la strada sterrata che porta al capanno. Lucy gli impone di tornare a casa prima dell’arrivo della perturbazione, ma Drew non intende cedere.

Qualche ora dopo, in preda alla febbre alta e mentre la prima pioggia violentemente inizia a sbattere sul tetto e sulle finestre della vecchia casa, Drew comincia a temere di aver commesso un grave errore perché, improvvisamente, la pagina del suo monitor rimane inesorabilmente bianca. La fragorosa tempesta che si abbatte senza pietà sul capanno, facendo tremare le sue vecchie fondamenta, sembra urlargli nelle orecchie il suo fallimento. Ma un vecchio e malconcio peluche a forma di topo, che qualche inquilino estivo ha dimenticato in una vecchia cesta, sembra fissarlo con interesse, come se volesse parlagli…                 

L’impotenza creativa è uno dei temi cari al maestro Stephen King – “Shining” o “Misery non deve morire” sono solo due fra i più famosi esempi – e anche in questo racconto il Re ci parla senza sconti e con grande efficacia dei sacrifici e dei compromessi che uno scrittore deve fare con se stesso, e con i propri cari, per poter portare a termine un’opera, senza far spegnere la sacra fiamma dell’ispirazione che a volte può essere imponente come un fiume o, molto più spesso, flebile come una candela che sta per spegnersi.

Da leggere, per chi ama scrivere.

“L’appartamento” di Billy Wilder

(USA, 1960)

C.C. Baxter (uno straordinario Jack Lemmon) è uno degli oltre trentamila dipendenti della compagnia assicurativa che ha la sua sede in uno dei grattacieli più grandi nel centro di Manhattan. Per evitare inutili e prolissi affollamenti, per tutti i numerosissimi impiegati – che superano in numero gli abitanti di Gallarate… – gli orari di entrata e di uscita sono scaglionati.

Nonostante questo, e perché alla propria anonima scrivania si può lavorare e basta in piena solitudine, uno dei maggiori punti d’incontro fra i dipendenti sono gli ascensori stessi, manovrati da un apposito personale. Baxter, quando ci riesce, preferisce sempre prendere quello alla cui pulsantiera c’è Fran Kubelik (Shirley MacLaine) per la quale non nasconde un debole.

Ma oltre Miss Kubelik, Baxter ha altri importanti progetti, come quello di diventare il prima possibile dirigente. Avendo intuito che le sue capacità probabilmente potrebbero non bastare, Baxter ha trovato, quasi per caso, una strada alternativa.

Visto che non è sposato e vive da solo, presta il suo piccolo appartamento in affitto ad alcuni dirigenti che lì possono consumare i propri incontri extraconiugali. I problemi inizieranno quando l’alto dirigente Jeff D. Sheldrake (Fred MacMurray) gli chiederà l’appartamento per i suoi incontri clandestini proprio con Miss Kubelik…

Billy Wilder scrive, assieme a I.A.L. Diamond, e poi dirige una delle commedie sentimentali più divertenti e al tempo stesse graffianti della seconda metà del Novecento. Perché il grande cineasta punta il dito sull’esasperante omologazione che la nuova rivoluzione industriale del secondo dopoguerra provoca negli individui, che diventano dei semplici e scoloriti numeri di matricola, appartenenti a mastodontiche società i cui vertici sono distanti e sconosciuti da tutti.

Questo calzante punto di vista, tema centrale dell’economia occidentale degli anni Cinquanta e Sessanta, accomuna questo film al toccante “I giganti uccidono” diretto da Fielder Cook nel 1956, che già nel decennio precedente lo anticipava.

Sempre come ispirazione, lo stesso Wilder dichiarò più di una volta che, fra le varie pellicole, quella che gli aveva fatto venire l’idea del soggetto era stata soprattutto lo splendido “Breve incontro” diretto da David Lean nel 1945, in cui i protagonisti hanno un incontro fugace in un appartamento “prestato” da un collega di lui. 

In originale in soggetto Wilder lo aveva pensato per una commedia teatrale, ma agli inizi degli anni Sessanta era impossibile ricreare in teatro una scenografia così imponente per degli uffici quasi senza fine. Su questo lo stesso Wilder dichiarò, inoltre, che per rendere sconfinato e impersonale il luogo di lavoro di C.C. Baxter, durante le riprese vennero usati specchi, mobili di dimensioni ridotte e persone affette da nanismo.  

La redenzione di C.C. Baxter ha a sua volta ha ispirato molte pellicole, fra le quali spicca senza dubbio “Harry ti presento Sally” diretta da Rob Reiner nel 1989, la cui scena finale calca di fatto, con canzone di fine anno e corsa verso l’amore della propria vita, quella di questo film.

La pellicola riscuote un grande successo di pubblico e vince premi in tutto il mondo: alla Mostra del Cinema di Venezia Shirley MacLaine vince la Coppa Volpi per la sua interpretazione, così come il Golden Globe assieme a Lemmon. In USA il film colleziona 10 candidature agli Oscar aggiudicandosene 5: miglior film, miglior regista, miglior sceneggiatura originale, miglior montaggio e migliore scenografia in bianco e nero.

Infine, non si possono non ricordare nella nostra versione i grandi artisti che donarono le voci ai protagonisti quando il film approdò nelle nostre sale, a partire da Giuseppe Rinaldi che doppia magistralmente Lemmon/C.C. Baxter il cui soprannome in italiano è “Ciccibello” mentre in originale è “Bud”, Maria Pia Di Meo doppia MacLaine/Bubelik e l’immortale Emilio Cigoli MacMurray/Shaldrake.      

Da vedere a intervalli regolari.  

“Traditori di tutti” di Giorgio Scerbanenco

(La Nave di Teseo, 2022)

Nello stesso anno dell’uscita dello splendido “Venere privata”, il 1966, e visto il suo clamoroso successo, Giorgio Scerbanenco scrive e pubblica il suo seguito. O meglio, l’autore crea una nuova avventura per il protagonista Duca Lamberti, un ex medico che è stato radiato dall’Ordine perché ha aiutato una paziente terminale, preda di atroci sofferenze, a morire.

Ma Lamberti ha l’indole del segugio di razza, e così il dirigente della Pubblica Sicurezza Carrua, conosciuto durante il caso precedente, si fida di lui. Per questo, quando Lamberti gli confida che, in qualità di ex medico, è stato avvicinato da Silvano Solveni, un ambiguo figuro che gli ha offerto un mucchio di soldi per effettuare un piccolo intervento clandestino nei genitali di una donna, affinché questa possa far credere al suo promesso sposo di essere illibata, Carrua lo asseconda e gli assegna come aiutante il giovane poliziotto Mascaranti.

E’ vero che l’aborto in Italia è ancora illegale – …era ancora tragicamente così – assieme ad una serie di altri interventi, ma i soldi offerti dal Solveni sono davvero troppi, e così Duca Lamberti intuisce che sotto ci siano anche altri loschi e remunerativi traffici.

Per questo, insieme a Mascaranti, farà un viaggio nella parte più oscura e violenta di una città che in pochi anni ha subito una trasformazione epocale grazie – …o forse a causa – del famigerato Boom economico, dove la grande criminalità organizzata, che ha tentacoli anche oltre i nostri confini nazionali, trova terreno fertile per nutrirsi e proliferare.

E non solo fra le periferie strapopolate, l’ombra del crimine è ormai arrivata anche nelle grandi ed eleganti strade del centro di Milano, alcune delle quali progettate perfino da Leonardo Da Vinci, che si bagnano di sangue.

Giorgio Scerbanenco firma un ottimo e attualissimo noir italiano, che racconta una storia italiana i cui protagonisti sono esseri umani, con tutti i loro pregi e i tanti limiti, proprio com’era negli anni Sessanta – …e come è oggi – il nostro Paese.

Questo libro è anche fra i più efficaci documenti storici letterari dell’Italia che cambia sulla scia del secondo dopoguerra, passando da una criminalità casalinga meneghina chiamata “ligera”, che possedeva comunque un suo antico codice, a quella infinitamente più violenta e sanguinaria, senza scrupoli e senza remore, che si legherà in maniera sanguinosa anche al traffico di stupefacenti, soprattutto nei decenni successivi.  

L’autore, prima della sua repentina scomparsa, dedicherà altri due volumi a Lamberti: “I ragazzi del massacro” (1968) e “I milanesi ammazzano al sabato” (1969).

Da leggere, come tutte le opere del maestro Giorgio Scerbanenco.

“Pioggia” di William Somerset Maugham

(Adelphi, 2013)

Questo volume raccoglie due racconti di William Somerset Maugham (1874-1965), fra i più famosi autori britannici del Novecento, ambientati nelle isole del Pacifico, allora protettorati europei.

Il primo “Pioggia”, che dona il titolo al libro, è certamente il più famoso e struggente. Da esso – che all’inizio l’autore aveva intitolato “Miss Thompson” – John Colton e Clemence Randolph trassero lo spunto per l’opera teatrale “Rain” che, a partire dal 1928, venne adatta anche per il grande schermo tre volte. A vestire i panni della protagonista furono, infatti, Gloria Swanson nel 1928, Joan Crawford nel 1932 e Rita Hayworth nel 1953.

Il dottor Macphail e sua moglie viaggiano su un battello diretti all’isola di Apia, nel sud del Pacifico, e con loro viaggiano i coniugi Davidson, una coppia di missionari. Il cielo è diventato scuro ed è iniziata una pioggia inesorabile e claustrofobica che colpisce tutta la regione. Il maltempo, che preannuncia tempeste violente in arrivo, costringe il battello ad approdare a Pago Pago, dove tutti i viaggiatori dovranno aspettare il passaggio della burrasca.

I Macphail e i Davidson vengono ospitati nell’unico piccolo albergo dell’isola, dove l’ultima camera disponibile viene data all’americana Miss Sadie Thompson. L’inesorabile rigore morale del signor Davidson e la stretta convivenza, in breve tempo, indispongono il dottor Macphail, e la situazione degenera quando l’attività di Miss Thompson echeggia prepotentemente in tutto il piccolo albergo. La donna, infatti, per vivere fa la prostituta e nella sua camera organizza continui party a base di alcol e musica del suo grammofono, in cui sono invitati i marinai del porto.

Furente e scandalizzato, Davidson si rivolge al proprietario dell’albergo prima, e al governatore dell’isola poi, che alla fine è costretto ad espellere la donna imponendole di rimpatriare appena la burrasca sarà passata. La Thompson cade nella disperazione più assoluta, visto che quando sbarcherà a San Francisco verrà immediatamente arrestata per la sua professione.

Fiero della sua vittoria, Davidson accetta il pentimento della donna e inizia a passare sempre più tempo nella sua stanza per redimerla definitivamente…

L’epilogo di questo racconto, che naturalmente non rivelo, è uno dei più belli e graffianti scritti da Somerset Maugham, che con pochi vocaboli riesce perfettamente a sottolineare l’ottusità, la cattiveria e l’ipocrisia di alcuni atteggiamenti, molto spesso figli del più becero perbenismo dettato dalla repressione. Non a caso lo scrittore era nato nell’Inghilterra vittoriana, dove spesso le gambe di poltrone e tavoli venivano scrupolosamente coperte per …non indurre in tentazione.

Il secondo racconto “Il reprobo”, ci parla sempre di ipocrisia e perbenismo ma con toni molto più leggeri e divertenti. Sempre nel sud del Pacifico ci sono le Alas, un gruppo di isole per la maggior parte basse e boscose, allora protettorato della corona olandese. Nell’isola principale, che si chiama Baru, ci sono la residenza e gli uffici del Contrôleur – una sorta di ispettore generale – Mynheer Evert Gruyter, che è un uomo gaudente, che ama la buona tavola e lo scherzare.

Per questo è sempre molto tollerante dopo ogni sbornia di Ginger Ted, il cui vero nome è Edward Wilson, un manovale irlandese amante di donne e alcol. Questo perché è uno dei pochi europei che risiede sull’isola con il quale, Evert Gruyter, può passare una piacevole e soddisfacente serata. Ma Ginger Ted col suo comportamento finisce per attirare le ire e il biasimo di Martha Jones, l’irreprensibile sorella del reverendo Owen Jones di istanza a Baru…

“Se scorre il sangue” di Stephen King

(Sperling & Kupfer, 2020)

“Se scorre il sangue” è il terzo racconto dell’omonima raccolta, firmata dal maestro Stephen King, dopo “Il telefono del signor Harrigan” e “La vita di Chuck“, e prima di “Ratto“.

Torna Holly Gibney, personaggio che il Re ha creato per il romanzo “Mr. Mercedes“, e che ha inserito poi nei successivi “Chi perde paga” (2015), “Fine turno” (2016), “The Outsider” e “Holly“.

Siamo alle soglie del Natale del 2020 e Holly si appresta a chiudere la sua agenzia di investigazioni private “Finders Keepers” per le feste. Ma una terribile tragedia sconvolge tutto il Paese: in una scuola elementare è stata fatta esplodere una bomba che ha ucciso numerosi piccoli alunni e docenti.

Sul posto il primo reporter ad arrivare è Chet Ondowsky al quale si collegano tutti i principali network americani. Tutti gli Stati Uniti, compresa naturalmente Holly, seguono commossi e straziati le dirette del giornalista che poi partecipa in prima persona, assieme ai Vigili del Fuoco e alle Forse dell’Ordine, agli scavi fra le macerie in cerca dei sopravvissuti o dei corpi senza vita delle vittime.

Proprio seguendo una delle numerose dirette, Holly nota sul volto di Ondowsky un particolare che prima la inquieta e poi, definitivamente, la terrorizza. Perché quel particolare non può che farle pensare di trovarsi davanti un essere terrificante come quello che lei, insieme a Ralph Anderson, ha dovuto affrontare qualche tempo prima e che insieme chiamano ancora “Outsder”…

Ispirandosi al cinico detto giornalistico: “Se scorre il sangue, si vende!” il Re ci racconta una nuova storia di terrore, puntando il dito su un certo giornalismo sensazionalistico, che si ciba del dolore e della sofferenza altrui, compresa quella degli spettatori e non solo quella delle vittime.

Questo avvincente lungo racconto – e tutti gli altri tre… – che ha avuto un ottimo successo non solo negli Stati Uniti – dove Holly Gibney è la protagonista di varie serie televisive – ma anche nel nostro Paese, non può che farci riflettere sulla nostra editoria che continua a snobbare e ignorare, apparentemente senza motivo, il formato del racconto.

“Buon compleanno Mr. Grape” di Lasse Hallström

(USA, 1993)

Peter Hedges (classe 1962) pubblica nel 1991 il romanzo “What’s Eating Gilbert Grape” che racconta, in maniera molto particolare, la drammatica storia di una famiglia della provincia rurale americana.

Due anni dopo Lasse Hallström, regista svedese ma ormai stabilitosi a Hollywood (dove ha firmato pellicole come “Chocolat” o “Le regole della casa del sidro”) dirige il suo adattamento cinematografico, la cui sceneggiatura è firmata dallo stesso Hedges.

Nella piccola cittadina di Eldora, nello stato dell’Iowa, tutti si conoscono da sempre. Ma la famiglia più chiacchierata è senza dubbio quella dei Grape, che vivono in una vecchia e malandata casa di campagna.

Il motivo è soprattutto la tragedia, consumatasi 17 anni prima, e le sue tristi conseguenze. Il signor Grape, infatti, si è impiccato nello scantinato della casa. La scomparsa del marito ha portato la signora Grape (Darlene Cates) a rifiutarsi di uscire di casa per rimanere tutto il giorno e tutta la notte seduta sul divano per vedere la televisione e per mangiare voracemente, ingrassando sempre di più.

I cinque figli, nonostante la giovane età, sono stati così costretti ad occuparsi della madre e gli uni degli altri. Il maggiore Gilbert (Johnny Depp), per portare i soldi a casa ha abbandonato gli studi per fare l’inserviente presso il grande negozio di alimentari di Eldora, dove si occupa anche delle consegne domiciliari.

Oltre che della madre e delle sue due sorelle, Amy (Laura Harrington) ed Ellen (Mary Kate Schellhardt), Gilbert si sente responsabile soprattutto di Arnie (uno stratosferico Leonardo DiCaprio) suo fratello minore, affetto da un ritardo cognitivo, che ha una incontenibile passione per l’alta cisterna dell’acquedotto della città.

Fra i pochi che aiutano Gilbert c’è il suo amico Tucker Van Dyke (John C. Reilly), ottimo carpentiere, che cerca in ogni modo di tenere in piedi la vecchia casa. Nel mondo di Gilbert ha un ruolo importante anche la signora Carver (Mary Steenburgen), assidua cliente del negozio di alimentari, che vuole regolarmente le consegne a casa visto che ha una relazione extraconiugale con lo stesso Gilbert.

Annualmente a Eldora passa una carovana di camper, cosa che rappresenta un vero e proprio evento per Arnie. Proprio accompagnando il fratello sulla statale per vedere la lunga fila di veicoli, Gilbert incontra Becky (Juliette Lewis) una ragazza che gira il Paese nel camper della nonna…

Insolita e struggente pellicola intimista, ottimamente diretta, che ci parla di come l’amore, quello vero, sia fondamentale nella vita. In un mondo fatto troppo spesso di egoismo, vigliaccheria e cattiveria, solo chi è veramente disposto ad amare e farsi amare, sapendo anche lasciare andare le cose – anche quelle più devastanti – forse alla fine può sopravvivere.

Con un ottimo cast composto da bravissimi giovani attori allora poco conosciuti – ad esclusione di Depp già abbastanza famoso – che però nel corso degli anni sono diventati delle vere icone di Hollywood, questo fil merita sempre di essere visto.

Su tutti però deve essere sottolineata la superba interpretazione di Leonardo DiCaprio che riceve, giustamente, la candidatura all’Oscar come migliore attore non protagonista, che però inspiegabilmente poi non vince.

“La fattoria del Coup de Vague” di Georges Simenon

(Adelphi, 2021)

Con questo romanzo il maestro Simenon ci porta nella grande spiaggia chiamata Coup de Vague – che si può tradurre “colpo d’onda” – non troppo distante da La Rochelle, il capoluogo del distretto della Charente Marittima in Nuova Aquitania, nel sud est della costa atlantica francese.

Lì, da generazioni, gli abitanti raccolgono le ostriche che la marea oceanica lascia sull’arena, visto poi che il fondo marino è diviso da pali che rappresentano veri e propri confini, come quelli dei terreni agricoli in superficie.

A dominare la spiaggia c’è, con i suoi muri rosa, la fattoria del Coup de Vague, dove vivono le due sorelle, alla soglia della terza età, Emilie e Hortense.  Con loro vive il quasi trentenne Jean, che con la sua bella prestanza fisica è fra gli scapoli più ambiti della zona. Poco prima dell’alba, assieme alle sue zie, si reca sulla spiaggia quando il mare si è ritirato per raccogliere il prezioso raccolto di ostriche che poi verrà venduto non solo in Francia, ma anche all’estero, come in Algeria.

Il resto del giorno Jean lo passa ad aiutare le zie con gli animali e i raccolti della fattoria, a portare i carichi per essere imbarcati a La Rochelle, a correre con la sua motocicletta e a corteggiare le ragazze. Proprio con la giovane Marthe, Jean prende l’abitudine di appartarsi nel piccolo bosco adiacente la fattoria.

Dopo qualche settimana la ragazza gli rivela, preoccupata, di essere incinta. Jean, senza entusiasmo, accetta di sposarla ma, una volta comunicata la notizia alle zie, queste prendono in mano la situazione e convincono la giovane ad abortire clandestinamente.

La notte successiva Marthe è vittima di una grave emorragia. Il medico riesce a salvarla, ma la ragazza rimane visibilmente provata e molto debole. Il padre si reca alla fattoria Coup de Vague dove, in poco tempo, convince Emilie e Hortense a far sposare Marthe e Jean.

Inizia così per Jean una nuova fase della propria vita da uomo sposato, ma il matrimonio sarà anche il mezzo per scoprire e comprendere molte cose su se stesso e soprattutto sulle sue zie che tutti nella zona considerano delle vere e proprie “megere”…

Duro e senza sconti romanzo di Simenon che ci descrive in maniera cruda la società in cui le donne, per sopravvivere, non possono far altro che aderire incondizionatamente al patriarcato. E quelle che non ci riescono, come Marthe, non possono che soccombere.

Un romanzo senza speranza e senza sconti, firmato da uno dei più grandi autori del Novecento, capace come pochi altri eletti di regalarci ritratti di donne indimenticabili, sia nel bene che nel male.

“La vita di Chuck” di Stephen King

(Sperling & Kupfer, 2020)

“La vita di Chuck” è il secondo racconto della raccolta “Se scorre il sangue” – dopo “Il telefono del signor Harrigan” e prima di “Se scorre il sangue” che dona il titolo alla raccolta, e “Ratto” – ed è, in assoluto, uno dei più emozionanti e struggenti scritti dal maestro Stephen King.

Diviso in tre: “Atto III: Grazie, Chuck!”, “Atto II: Artisti di strada” e “Atto I: Contengo moltitudinI” già dai titoli si comprende che le parti sono cronologicamente invertite, ovvero la parte finale della storia è la prima che si legge, quella centrale è la seconda, e l’inizio si assapora alla fine.

Marty Anderson, un uomo di mezza età come ce ne sono tanti, finito di lavorare sale in auto per tornare a casa. Ma la superstrada che percorre quotidianamente è completamente bloccata da un terribile ingorgo. Alla radio, intanto, arrivano notizie inquietanti di terribili terremoti e cataclismi che stanno investendo non solo gli Stati Uniti, ma tutto il pianeta. Fermo nel traffico, Marty nota un grande manifesto pubblicitario con la scritta “39 SPLENDIDI ANNI! GRAZIE, CHUCK!”.

Quando Marty, finalmente, riesce a lasciare la superstrada è ormai sera inoltrata e l’atmosfera che si respira è sempre più tesa e preoccupante, e così l’uomo decide di andare a salutare la sua ex moglie Felicia, punto di riferimento emotivo della sua vita. Intanto, su ogni cartellone o schermo, nonché su internet e in televisione, appare la scritta pubblicitaria con accanto l’immagine di Chuck. Nel frattempo, in un letto d’ospedale, Charles “Chuck” Krantz perde definitivamente la sua battaglia contro un inesorabile tumore al cervello. Le stelle nel cielo…

Raccontare di più sarebbe una vera offesa a chi questo splendido racconto non lo ha ancora letto, nonché al genio assoluto che lo ha scritto. In questi tre atti, se davvero ce ne fosse ancora bisogno, King ci mostra ancora una volta che grande scrittore è, senza dubbio fra i più rilevanti della letteratura mondiale degli ultimi quarant’anni, almeno.

Da leggere, assolutamente.

Per la chicca: è in lavorazione l’adattamento cinematografico “The Life of Chuck” diretto da Mike Flanagan che ha scritto anche la sceneggiatura, con Tom Hiddleston nei panni di Chuck, Chiwetel Ejiofor in quelli di Marty Anderson e, fra gli altri, Mark Hamill e Karen Gillan.

“Maria e l’amore” di Lauriane Escaffre e Yvo Muller

(Francia, 2022)

Maria (una bravissima Karin Viard) è una donna di mezz’età che lavora come addetta alle pulizie. E’ sposata da molti anni con Philippe (Philippe Ucham) con il quale ha avuto Charlotte (Pauline Clément), la loro unica figlia.

Il rapporto con Charlotte però si è bruscamente interrotto quando la ragazza, qualche mese prima, ha deciso di andare a vivere con il migliore amico e coetaneo del padre. Indignato e scandalizzato, Philippe, ha deciso di chiudere tutti i canali di comunicazione con la figlia ed il suo ex amico, costringendo suo malgrado Maria a fare lo stesso.

Fra i lavori che la sua agenzia le trova, Maria inizia quello per le pulizie presso la storica Accademia delle Belle Arti di Parigi. L’ambiente è molto particolare e Maria all’inizio si sente letteralmente un pesce fuor d’acqua. La responsabile amministrativa dell’istituto Florence Desnoyers (la stessa regista e sceneggiatrice Lauriane Escaffre) le indica come referente per qualsiasi problematica il custode dell’edificio Hubert (Grégory Gadelbois), figlio della storica precedente custode dell’Accademia.

L’atmosfera, il contatto diretto con gli studenti e, soprattutto, con le loro opere risveglia in Maria una parte emotiva che credeva sopita per sempre. Per aiutare una studentessa a terminare la prova per un esame, Maria passa la notte a lavorare assieme a Hubert. Fra i due nasce un’affinità che turba Maria, che ogni volta che rientra a casa, la trova sempre più “stretta” e “povera” emotivamente.

Così la donna decide di mettere da parte le opinioni del marito e tentare di riallacciare i rapporti con la figlia, decidendo, inoltre, di posare senza veli per gli studenti…

Lauriane Escaffre e Yvo Muller scrivono e dirigono una deliziosa commedia sentimentale centrata su una donna che ha passato la propria esistenza convinta di non meritare niente di più ma che, grazie all’amore per l’arte e a quello l’arte suscita negli individui disposti a viverla senza remore o fronzoli radical chic, comprende finalmente se stessa.

Un piccolo gioiellino che ci riconcilia con il mondo.

“L’assassino” di Georges Simenon

(Adelphi, 2012)

Il dottor Hans Kuperus è un uomo ordinario e rispettoso delle regole morali e sociali con le quali è cresciuto.

Ha uno studio medico a Sneek, la piccola cittadina dove è nato, situata nella Frisia, nel nord dell’Olanda. Mantenendo i prezzi bassi, la sua sala d’aspetto è sempre piena. Anche se è sposato da anni, non ha figli ed il rapporto con sua moglie si è serenamente adeguato alla situazione.

Periodicamente partecipa alla riunione dell’Associazione di Biologia Olandese ad Amsterdam. Ma questo martedì, una volta arrivato nella capitale, non si reca all’assemblea per poi dormire a casa della cognata, come fa sempre. Si ferma, invece, in un negozio di armi, compra una pistola e corre in stazione a prendere l’ultimo treno per tornare a casa.

Giunto nelle vicinanze di Sneek il treno si ferma a causa di un imprevisto e Kuperus ne approfitta per scendere, senza essere visto, e seguire la riva del lago Zuidersee. Come indicato nella lettera anonima che stringe con rabbia in tasca, in un capanno lì vicino sua moglie ha un appuntamento galante con il conte Shutter, l’uomo più ricco della regione e impenitente donnaiolo, che da anni gli soffia regolarmente la presidenza dell’Accademia del Biliardo di Sneek.

Kuperus li sorprende mentre escono dal bungalow e li fredda senza pietà, spingendo poi i corpi nel lago che, vista la stagione, sta per ghiacciarsi. Liberatosi dalla rabbia che lo attanagliava, il medico torna in città e si reca subito al caffè Onder de Linden per giocare al suo tanto amato biliardo. La sera, rientrato a casa, Kuperus decide di possedere Neel, la giovane procace e volitiva cameriera che ha a servizio. Da tempo sogna il suo corpo, ma prima di uccidere la moglie e il suo amante mai avrebbe osato sfiorarla.

Il medico, il giorno dopo, denuncia candidamente la scomparsa della moglie e l’intera cittadina, venuta a conoscenza ance dell’improvviso allontanamento di Shutter, subito pensa a una classica e clandestina fuga d’amore. Kuperus, così, viene considerato da tutti una vittima e il suo ruolo sociale acquista più prestigio fino ad essere nominato il nuovo presidente dell’Accademia del Biliardo, data la latitanza del conte che si è reso, inoltre, colpevole di aver creato uno scandalo che difficilmente Sneek potrà dimenticare.

Ma quando, con la primavera, il ghiaccio libera i corpi dei due amanti, anche senza prove inappellabili, la comunità comprende che dietro al duplice omicidio c’è lui, che oltretutto non nasconde affatto la relazione con la sua cameriera. Per questo, da quelli che una volta erano i suoi più “cari amici” e che sono al tempo stesso i notabili più prestigiosi della zona, riceve il “caloroso” invito a lasciare la cittadina e permettere a tutti di dimenticare il più in fretta possibile la tragica e scandalosa vicenda.

Ma il medico, ormai in preda a un vero e proprio delirio emotivo, non vuole lasciare la sua casa e il suo studio, anche se ormai la sala d’aspetto è deserta. Per molti suoi concittadini, infatti, Kuperus oltre ad essere un assassino, ha la grave colpa di non comportarsi secondo le regole sociali e morali…

Il maestro Simenon ci regala una morbosa, carnale e claustrofobica discesa agli inferi di un uomo, educato e cresciuto nell’assoluto rispetto delle regole sociali, che non riesce a concepire chi, come sua moglie ed il suo amante, non lo fa e per questo li uccide.

Ma il diventare un assassino e, soprattutto, essere riconosciuto come tale da tutti per Kuperus è insostenibile proprio per lo stesso motivo, tanto da compromettere inesorabilmente la sua esistenza. Un romanzo tagliente e spietato, come il più becero e ottuso perbenismo.

Scritto nel 1935 e pubblicato per la prima volta nel 1937, “L’assassino” è drammaticamente attuale come il suo intramontabile e immortale autore.