“Un polpo alla gola” di Zerocalcare

(Bao Publishing, 2012)

Tutti, nella nostra infanzia, abbiamo subito o vissuto un trauma (piccolo o grande che possa essere stato) che per “sopravvivere” abbiamo cercato di nascondere il più profondamente possibile all’interno della nostra anima.

E così Zerocalcare ci racconta il suo, accadutogli ai tempi della scuola dell’obbligo, e le cui conseguenze lo hanno accompagnato fino alle soglie della maturità. Maturità che ovviamente per molti non arriva mai…

Lo sappiamo bene (visto che lo siamo stati tutti) che i bambini possono essere assai crudeli e spietati, ed è così che molto spesso nascono i traumi della nostra infanzia. E’ per salvarsi da uno di questi che il piccolo Zerocalcare, suo malgrado, diventa uno strumento del destino cinico e baro che scaglia tutti i suoi implacabili dardi contro una sua compagna di classe…

Deliziosa storia a fumetti con un finale a sorpresa, che ci parla di come sono state faticose, difficili e soprattutto “pericolose” le nostre infanzie e le nostre adolescenze.

Zerocalcare è sempre lui!

“La scuola di pizze in faccia del professor Calcare” di Zerocalcare

(Bao Publishing, 2019)

L’importante, ci dice Zerocalcare, è capire almeno da dove la vita ti colpirà la prossima volta.

Questo volume raccoglie le storie firmate da Michele Rech originariamente pubblicate sul suo blog www.zerocalcare.it; sulle testate “Best Movie”, “L’Espresso” “La Repubblica” e “Wired”; sul suo profilo Facebook, nonché un paio inedite come “Il Salmone del Libro di Borino” che è una delle mie preferite.

Critici da prima serata ed esperti blasonati hanno detto che questo volume rappresenta “la maturità” di quello che al momento è considerato l’autore italiano più geniale in circolazione.

Se è più che condivisibile la seconda affermazione, è più banale e stolta la prima. Perché Zerocalcare la “maturità” ce l’ha sempre avuta, fin dalle prime strisce pubblicate, ma soprattutto perché il concetto di maturità è alquanto aleatorio, o come direbbe lui: “…nun vordì un cazzo!”.

E allora godiamoci queste storie deliziose senza inutili elucubrazioni mentali (…e qui la tentazione di parafrasare Zero era davvero molto forte) che ci raccontano di come siamo, come solo la grande commedia all’italiana e qualche altro indimenticabile autore satirico sapevano fare.

Alla faccia di chi vorrebbe Zerocalcare “à la page”, radical chic o per pochi eletti intellettuali (che poi di solito i libri manco li leggono).

Oltre a quella del Salmone di Borino non si possono non leggere: “Questa non è una partita bocce” e “Autocensure”. Quest’ultima è proprio da appendere didatticamente nei salotti “mo’ ve ‘nzegno un pò de curtura io!” della migliore televisione italiana.

“La profezia dell’armadillo” di Emanuele Scaringi

(Italia, 2018)

Approda sul grande schermo il primo libro a fumetti firmato da Zerocalcare (al secolo Michele Rech) nel 2012. 

Se può sembrare semplice adattare per il cinema un fumetto – all’estero gli esempi sono a centinaia, anche fatti da campioni d’incassi planetari – le strisce di Zerocalcare, intimiste e apparentemente minimaliste, erano invece una sfida ben più complessa.

Valerio Mastandrea, Oscar Glioti, Johnny Palomba e lo stesso Zerocalcare ci riescono egregiamente, scrivendo una gradevole e divertente sceneggiatura, al tempo stesso molto fedele ai fumetti originali. 

Ci catapultiamo così nella Roma dei quartieri immensi e delle periferie sconfinate. Una città divisa fra Roma Nord, Roma Sud, e il Centro. Tre parti che non simboleggiano tanto una frattura geografica, ma tre modi distinti e ben diversi di essere e di vivere la metropoli (…non chiedetemi quale preferisco, perché so’ de Roma Nord).

In questa città millenaria e drammaticamente dispersiva vive il ventisettenne Zero (Simone Liberati), che sbarca il lunario come disegnatore, fumettista, insegnate di francese e sondaggista.

I punti di riferimento nella sua vita sono pochi ma “boni”: Secco (Pietro Castellitto) il suo storico compagno di classe, sua madre (Laura Morante) e l’Armadillo (Valentino Aprea) che divide con lui l’appartamento, le esperienze più dure (molte) e quelle più piacevoli (poche). Ma, soprattutto, l’Armadillo condivide con Zero il suo cervello, visto che solo lui può vederlo e parlarci.   

Quando una parte sopita ma importante della passata (…quasi tutta) adolescenza torna perentoriamente nella sua vita, Zero deve rimboccarsi le maniche… 

Un piccolo gioiellino contemporaneo – con una regia davvero sfiziosa – che ci parla della nostra società, di come vorremmo essere e di come siamo in realtà.

Al di là delle apparenze, che lo vorrebbero erroneamente adatto solo a un pubblico romano, “La profezia dell’armadillo” – come le strisce di Zerocalcare – potrebbe raccontare tranquillamente la storia di un trentenne italiano che vive genericamente ovunque, o come canta la Carrà: “…Da Trieste in giù!”, con relativo accento.

A proposito di accento, agli autori del film bisogna solo chiedere una cosa: …perché ve sete scordati de mettece er Cinghiale!?