“Turista per caso” di Lawrence Kasdan

(USA, 1988)

Del libro stupendo “Turista per caso” di Anne Tyler ne ho già parlato, e allora passiamo alla sua versione cinematografica firmata da Lawrence Kasdan nel 1988.

E’ giusto ricordare che Kasdan è uno dei più importanti cineasti di Hollywood, non a caso fu chiamato nel 1978 da George Lucas per scrivere la sceneggiatura – basandosi sul lavoro già fatto da Leigh Brackett – per un film pilastro della storia del cinema come “Guerre Stellari – L’impero colpisce ancora”, e sempre con Lucas ha collaborato agli script de “I predatori dell’Arca perduta” e “Il ritorno dello Jedi”.

E solo un grande sceneggiatore come lui poteva portare felicemente sullo schermo un libro così bello e intimo come quello della Tyler.  

Macom Leary (un bravissimo William Hurt) di mestiere scrive guide turistiche per tutti coloro che sono costretti a viaggiare per lavoro, loro malgrado. Il simbolo dei suoi libri è una poltrona con le ali, è così che Julian (Bill Pullman) il suo editore le pubblicizza: per chi è costretto a viaggiare ma sogna di restare sempre seduto nella sua poltrona in salotto. Conosce sua moglie Sarah (Kathleen Turner) da oltre vent’anni, e le loro vite procedevano con perfetta calma e regolarità fino all’estate passata, quando Ethan, il loro unico figlio dodicenne, è stato assassinato in un fastfood durante una “banale” rapina.

L’ingranaggio alla base dell’esistenza di Macom si incrina e la successiva decisione di Sarah di lasciarlo lo rompe del tutto. A salvarlo ci pensa Edward, il cane di Ethan che adesso vive con lui, e che a causa della perdita del suo giovane padrone è diventato particolarmente aggressivo e mordendo tutti. Proprio per Edward, Macon incontra Muriel (Geena Davis) una giovane e stravagante addestratrice di cani…     

Scritto dallo stesso Kasdan assieme a Frank Galati, “Turista per caso” riceve quattro nomination agli Oscar: miglior film, migliore sceneggiatura non originale, miglior colonna sonora e miglior attrice non protagonista (la Davis), poi unica statuetta vinta.

Fra i migliori adattamenti cinematografici di sempre.

“Figli di un Dio minore” di Randa Haines

(USA, 1986)

Tratto dalla pièce teatrale di Mark Medoff, “Figli di un Dio minore” è stato uno di primi grandi film hollywoodiani a parlare di disabilità e di come questa entri nell’intimità di una relazione sentimentale e sessuale.

Girata con molta elegante sobrietà, grazie ai suoi due bravissimi – …e bellissimi – interpreti, William Hurt e Marlee Matlin (che con questa interpretazione vince l’Oscar come migliore attrice protagonista) questa pellicola è fra quelle che hanno segnato cinematograficamente gli anni Ottanta.

Il film è fra le prime pellicole di successo planetario a dimostrare come si può raccontare la disabilità senza false ipocrisie o lacrimevoli compassioni, ricordando che nel mondo anglosassone in generale, e soprattuto in quello statunitense, la diversità non è un tabù stereotipato, come invece accade ancora fin troppo spesso da noi.

Nonostante il tempo è sempre bello riguardarlo.