“La stanza delle meraviglie” di Todd Haynes

(USA, 2017)

Brian Selznick, illustratore e scrittore americano classe 1966, pubblica nel 2011 “La stanza delle meraviglie”. Visto il successo del suo libro precedete “La straordinaria invenzione di Hugo Cabret”, e del suo adattamento cinematografico diretto da Martin Scorsese, allo stesso Selzinck viene chiesto di scrivere la sceneggiatura mentre a Todd Haynes è affidata la regia della versione per il grande schermo.

1977, il piccolo Ben si ritrova dalla mattina alla sera costretto a vivere a casa dei suoi zii. Sua madre Elaine (Michelle Williams), infatti, è morta in un incidente stradale e lui, non avendo nessun altro parente, si è dovuto trasferire dai cugini. Nonostante l’affetto che gli dimostrano i parenti che lo ospitano, Ben vuole trovare suo padre di cui non sa neanche il nome, visto che la madre glielo ha sempre nascosto.

Ma un segnalibro trovato per caso nel volume che Elaine stava leggendo gli suggerisce una libreria a New York. Ben cerca subito il numero di telefono dell’attività, ma mentre è al telefono, nei paraggi un fulmine colpisce la linea strappandogli via l’udito.

1927, la piccola Rose, non udente dalla nascita, fugge dall’austera casa in cui vive con il ricco e severo padre per raggiungere New York, dove si trova sua madre Lillian Mayhew (Julianne Moore) nota attrice cinematografica impegnata in una turné teatrale, e soprattutto suo fratello Walter che lavora al Museo di Scienze Naturali.

E proprio il Museo di Scienze Naturali sarà il fulcro fra le due storie che, ovviamente, sono legate nel profondo.

Con una bellissima fotografia, capace di passare magistralmente dal bianco e nero degli anni Venti ai colori psichedelici degli anni Settanta, Haynes firma una bella pellicola sull’infanzia, sulla crescita, sui suoi dolori e sulle sue gioie.