“La prima volta di Jennifer” di Paul Newman

(USA, 1968)

Cominciamo col titolo e la locandina che sembrano erroneamente quelli di uno dei filmetti osé fine anni Sessanta o Settanta. Il titolo originale è “Rachel, Rachel” ed è riferito alla protagonista del film che – non chiedetemi perché, giuro che non riesco davvero a immaginarmelo… – in italiano è diventata Jennifer.

La sceneggiatura è scritta da Stewart Stern – autore dello script di “Gioventù bruciata” – ed è tratta dal romanzo della canadese Margaret Laurence “A Jest of God”, che letteralmente sarebbe “Uno scherzo di Dio”. Il film è prodotto e diretto dal grande Paul Newman, che per la prima volta passa dietro la macchina da presa e dirige la compagna – e moglie per cinquant’anni – Joanne Woodward, già vincitrice del premio Oscar nel 1958 come protagonista de “La donna dai tre volti” di Nunnally Johnson

Jennifer Cameron (la Woodward) è una solitaria trantacinquenne che vive assieme alla madre, vedova e possessiva, in un’afosa cittadina del sud degli Stati Uniti. La vita della donna è scandita dalla prepotenza della madre, dal suo lavoro di insegnante e dai tristi ricordi della sua infanzia. Suo padre, infatti, era un imbalsamatore e proprietario di un’agenzia di pompe funebri, con il negozio proprio sotto casa. La morte e tutto ciò che essa comporta, quindi, ha accompagnato la prima parte della sua vita.

Nessun uomo le si è mai avvicinato e nessun uomo l’ha mai corteggiata. Fino a quando, dal passato, arriva Nick (James Olson) suo coetaneo e fratello gemello di un bambino deceduto molti anni prima…

Joanne Woodward ci regala una formidabile prova d’attrice, raccontandoci la storia di una donna sola e schiacciata dalla madre, dall’idea della morte e dal perbenismo di una società dove una donna oltre i trent’anni non sposata, non ha un vero ruolo o riconoscimento sociale.

L’indimenticabile Paul Newman dirige una pellicola indipendente che varca l’epoca in cui è stata girata e che anticipa coraggiosamente temi femminili che oggi sembrano più che scontati. Non a caso il film colleziona quattro nomination agli Oscar (fra cui miglior sceneggiatura non originale e miglior attrice protagonista) e vince due Golden Globe: miglior regia e migliore attrice drammatica.

E poi dite che Newman era solo bello…