“Il caso Kodra” di Renato Olivieri

(Mondadori 1978/2013)

Quando la nostra editoria era grande, avevamo un folta schiera di giallisti e relativi detective di buona e alta qualità fra cui scegliere per passare con loro alcune ore, il tempo di leggere un libro.

Renato Oliveri (1925-2013) era uno di questi. Il suo esordio giallo risale al 1 gennaio del 1978, giorno in cui viene pubblicato (da Rusconi) il suo primo romanzo “Il caso Kodra”, ambientato in una cupa e nebbiosa Milano.

Il protagonista creato da Olivieri è il malinconico vice commissario Giulio Ambrosio, 48enne divorziato e senza figli, uomo di scrivania più che d’azione. Più vicino a Maigret che a Montalbano insomma.

A causa delle ferie di un collega, sulla scrivania di Ambrosio arriva il caso di una donna vittima di un pirata della strada. Per rivedere i luoghi della sua vita passata, il vice commissario decide di fare un sopralluogo. Studiando la dinamica dell’incidente e soprattutto ascoltando il racconto dell’unico testimone – che più che vedere vista la nebbia ha sentito – qualcosa non gli torna.

Ambrosio inizia così a ricostruire la vita di Anna Kodra, una profuga istriana che dopo la guerra si è trasferita prima a Trieste, poi a Padova e infine a Milano…

Un giallo crepuscolare incentrato sui ricordi e sulla vita che è stata, sui rimpianti e sull’amore. La nascita letteraria di Giulio Ambrosio, che poi diverrà una delle figure gialle più note nel nostro panorama degli anni Ottanta e Novanta, è un libro che si gode fino all’ultima pagina.

Nel 1988 Sergio Corbucci dirige “I giorni del commissario Ambrosio“ col grande Ugo Tognazzi che impersona il protagonista.

“I giorni del commissario Ambrosio” di Sergio Corbucci

(Italia, 1988)

Sergio Corbucci, certamente in maniera meno riconoscibile rispetto a molti suoi più celebri colleghi, è stato uno dei pilastri del grande cinema italiano, cinema che ha fatto scuola in tutto il mondo. Non deve essere dimenticato, infatti, che lui è l’autore di “Django” con l’allora esordiente Franco Nero, film che non a caso quel genio folle di Tarantino ha ripreso e rifatto solo qualche anno fa.

Ma torniamo all’ultima grande produzione italiana interpretata da Ugo Tognazzi. Siamo alla fine degli anni Ottanta, la grande commedia italiana è finita, al cinema vanno le comiche surreali con Pozzetto e Celentano, e in televisione si ride con “Drive In”. Ed è lo stesso piccolo schermo, che da anni mette in crisi il cinema, che inizia a produrre il grande schermo.

Ugo Tognazzi era già stato il protagonista di alcune importanti commedie nere, sia al cinema che in televisione (“Il Commissario Pepe” per il primo e “F.B.I. Francesco Bertolazzi Investigatore” per la seconda, solo per fare un paio di esempi), e così viene scelto per impersonare il commissario Ambrosio, nato dalla penna di Renato Olivieri, e protagonista di numerosi gialli in una nebbiosa e pericolosa Milano.

Sul tavolo di Ambrosio arriva un comune caso di incidente automobilistico mortale. Come vuole la prassi, il commissario interroga brevemente i due soli testimoni: l’anziana signora Rosa Cuomo (Pupella Maggio) e il maestro di violino Renzo Bandelli (Carlo Delle Piane). Proprio Bandelli sembra però molto nervoso e impacciato, cosa che stuzzica l’istinto investigativo di Ambrosio. Il morto è Vittorio Borghi, noto playboy e spacciatore di Milano, nonché fratello di Francesco Borghi, fra gli industriali più ricchi e potenti del Paese. Ad Ambrosio il compito di scoperchiare e risolvere un caso forse non troppo difficile, ma certamente emotivamente molto complesso…

Ispirato ai romanzi di Renato Olivieri – come “Il caso Kodra” – e con un cast straordinario che comprende anche Rossella Falk, Duilio Del Prete (che Tognazzi ritrova dopo il mitico “Amici Miei”), Athina Cenci, Carla Gravina, Claudio Amendola e Teo Teocoli “I giorni del commissario Ambrosio” è uno degli ultimi veri noir della vecchia scuola. Nonostante la pesante ingerenza del suo produttore (la tv) che esige più primi piani e panoramiche diverse rispetto al cinema, il film di Corbucci c’ha sempre il suo perché.  

“Giallo napoletano” di Sergio Corbucci

(Italia, 1978)

Il nocciolo di questo film è dichiarato esplicitamente già nei titoli di testa in cui domina la fotografia del grande Alfred Hitchcock accanto a quella del principe della risata Totò.

Un giallo atipico per quegli anni dominati dai grandi thriller firmati da Dario Argento o, se volete, una commedia noir atipica per quegli anni dominati dai pecorecci scollacciati.

Insomma, un caso singolare nel panorama cinematografico italiano che il grande Corbucci – troppo spesso dimenticato e considerato un semplice mestierante – (già autore l’anno precedente de “La mazzetta” con Nino Manfredi) riesce a costruire dosando al meglio ogni singolo elemento.

Fra questi splende su tutti l’interpretazione di Marcello Mastroianni, che sembra un napoletano di nascita e che nella vita non ha fatto altro che suonare il mandolino.

Questa pellicola va ricordata anche per un altro motivo: segna l’ultima – e irresistibile – interpretazione cinematografica del grande Peppino De Filippo.

Grandi attori, grande cinema.