“Indiana Jones e l’ultima crociata” di Steven Spielberg

(USA, 1988)

Come già scritto parlando de “Indiana Jones e i predatori dell’arca perduta“, questo “Indiana Jones e l’ultima crociata” è l’unico sequel davvero straordinario della serie dedicata all’archeologo più famoso del cinema.

Scritto da George Lucas insieme all’olandese Menno Meyjes (candidato all’Oscar per la migliore sceneggiatura non originale de “Il colore viola” di Spielberg) questo film consacra definitivamente il mito del professor Henry Jones Jr..

Conosciamo finalmente il professor Henry Jones Senior, che non poteva essere interpretato magistralmente che da Sean Connery (il primo grande 007, personaggio al quale gli stessi Spielberg e Lucas si ispirarono per scrivere “Indiana Jones e i predatori dell’arca perduta”) che incarna splendidamente il classico “topo di biblioteca” incapace e inadatto a qualsiasi tipo di azione, la vera e propria antitesi del figlio.

Ma non solo, nelle prime scene del film incontriamo il giovane Indiana Jones (interpretato da River Phoenix) nel momento in cui inizia a usare la frusta – che gli causa la cicatrice al mento che lo stesso Ford ha davvero nella vita reale – e soprattutto indossa per la prima volta il suo famoso cappello.

E nella scena finale conosciamo finalmente la storia del suo strano nome. Il tutto mentre siamo sulle tracce di una delle leggende e dei miti più famosi della civiltà umana: il Santo Graal.

Con sequenze mozzafiato, scene ed effetti speciali che ancora fanno colpo, la terza avventura di Indiana Jones è fra i migliori film d’azione mai realizzati, grazie anche alla profonda ironia che permea ogni scena, soprattutto quelle che mostrano il rapporto complicato e al tempo stesso spassoso fra padre e figlio Jones.

E pensare che all’anagrafe Sean Connery e Harrison Ford hanno meno di dodici anni di differenza. Potere del cinema e dei grandi attori…

“L’uomo che volle farsi Re” di John Huston

(USA, 1975)

Il 17 dicembre del 1975 esce nelle sale americane “L’uomo che volle farsi Re”, con il quale il maestro John Huston porta sullo schermo – scrivendo la sceneggiatura assieme a Gladys Hill – l’omonimo racconto di Rudyard Kipling.

Lo stesso Kipling (Christopher Plummer) è testimone del contratto alla base della scellerata impresa che i due ex commilitoni dell’esercito di Sua Maestà, Dravot (un grande Sean Connery) e Carnehan (un altrettanto grande Michael Caine) sbruffoni e arroganti, intendono compiere: seguire le impronte di Alessandro Magno e diventare i capi di una delle tribù del Kafiristan, regione in quel periodo storico selvaggia e arretrata, situata al confine fra Afghanistan e Pakistan.

La fortuna sembra baciare i due fino a quando…

Huston realizza un film epico e splendido come molte delle sue opere, raccontandoci un viaggio fantastico con inquadrature e panorami mozzafiato, e con un epilogo fra i più belli della storia del cinema.

Da vedere a Natale, magari per disintossicarsi dei troppi dolci o film melensi…

“I banditi del tempo” di Terry Gilliam

(UK, 1981)

Scritto dallo stesso Terry Gilliam insieme all’altro Monty Phyton Micheal Palin – che compare in un paio di camei assieme a Shelley Duvall – “I banditi del tempo” è uno dei film più riusciti del regista più visionario degli ultimi tempi.

Kevin, un solitario undicenne che vive con i suoi genitori succubi della televisione e della tecnologia, si trova suo malgrado coinvolto nelle peripezie che Fidgit, Strutter, Og, Wally, Vermin e Randall, sei nani che hanno rubato la mappa dell’universo all’Essere Supremo e, approfittando di alcuni buchi temporali, cercano ogni occasione per arricchirsi.

E’ inutile aggiungere altro alla trama che diventerà sempre più complicata a favore della parte visiva e onirica, che Gilliam ama più di tutto. Bisogna lasciarsi trasportare nel film e godersi fino all’ultimo fotogramma.

Prodotto da George Harrison, che collabora anche alla colonna sonora, “I banditi del tempo” vede un cast stellare con, tra gli altri, Sean Connery, Ian Holm, John Cleese, Jim Broadbent e Ralph Richardson nel ruolo dell’Essere Supremo.

Imperdibile, soprattutto per i suoi effetti speciali fatti nel 1981 quasi tutti “a mano”.

“Highlander – L’ultimo immortale” di Russell Mulcahy

(UK, 1986)

Ci sono molti motivi per rivedere questo film – la cui reputazione con il passare degli anni è stata purtroppo “infangata” da imbarazzanti quanto inspiegabili sequel – ma su tutti brillano l’originalità della storia, la spettacolare regia di Russell Mulcahy – con cambio scene e sequenze ancora oggi scopiazzate – e la colonna sonora firmata dai Queen.

Che poi un francese (Christophe Lambert) faccia uno scozzese, e uno scozzese (Sean Connery) faccia uno spagnolo è un altro discorso…

Ma la strana coppia funziona, e pure bene, e il film rimane avvincente fino all’ultimo nonostante gli anni passati dalla sua realizzazione.

Merito, riconosciamoglielo, anche del cattivo incarnato da Clancy Brown, la cui spietatezza è paragonabile solo a quella del capitano Hadley, che lo stesso Brown interpreta qualche anno dopo ne “Le ali della libertà”.

…Immortale…