“Judy” di Robert Goold

(UK, 2019)

Frances Ethel Gumm, in arte Judy Garland, è stata una delle icone indiscusse del cinema hollywoodiano e dello spettacolo del Novecento.

Nata nel 1922 in una cittadina del Minnesota, la Garland sale per la prima volta sul palcoscenico a soli due anni. A sette, insieme alle due sorelle, esordisce al cinema interpretando piccole pellicole musicali. Nel 1934 viene scritturata dalla MGM e prende il suo definitivo nome d’arte.

A neanche 16 anni viene scelta da Louis B. Mayer – boss assoluto della MGM – come protagonista de “Il Mago di Oz” di Victor Fleming. Il successo è planetario, e la Garland diventa una stella del cinema di prima grandezza.

Ma il successo ha un prezzo, spesso molto salato. E così, in questa bellissima pellicola, riviviamo gli ultimi mesi di vita della Garland (interpretata da una stratosferica Renée Zellweger), ormai in declino, che a soli 46 anni ha ormai dilapidato tutto il suo patrimonio e non riesce a garantire un tetto ai suoi due figli minorenni avuti dal suo quarto ex marito Sidney Luft.

L’unica soluzione è quella di accettare un ingaggio di cinque settimane a Londra, al “Talk of the Town”, per ottenere le risorse economiche per mantenere i suoi due bambini. Negli Stati Uniti, infatti, nessuno la scrittura più per la sua inaffidabilità.

L’abuso di alcol e, soprattutto, quello di psicofarmaci e anfetamine, l’hanno resa ingestibile e inaffidabile. Ma è il palcoscenico il suo unico vero ambiente naturale, così magico e al tempo stesso così spietato. Proprio come il pubblico.

Recitare, cantare e ballare sui quei pochi – ma la tempo stesso infiniti – metri quadrati di legno è un privilegio concesso a pochi eletti, il cui prezzo a volte è davvero molto alto da pagare.

E Judy lo sa bene visto che di fatto ha dovuto rinunciare alla sua adolescenza per interpretare Dorothy. Come pugni nello stomaco le tornano in mente i ricordi delle riprese in cui Mayer le impediva di frequentare i suoi coetanei e di avere una vita normale. La plasmava e la teneva segregata, ma soprattutto il capo della MGM le impediva di mangiare imbottendola di anfetamine per paura che potesse prendere un grammo in più prima della fine delle riprese…

Tratto dalla pièce teatrale di Peter Quilter “End of the Rainbow”, questo “Judy” ci regala una splendida interpretazione della Zellweger (che non a caso ha vinto l’Oscar e il Golden Globe come migliore attrice protagonista) e un crudo affresco del mondo della spettacolo che lascia davvero l’amaro in bocca.