“Il giovane Wallander” di Ben Harris

(UK, 2020)

Nel 1991 viene pubblicato in Svezia “Assassinio senza volto” di Henning Mankell, in cui appare per la pima volta fra le righe di un libro il commissario Kurt Wallander. Dopo Martin Beck, nato dalla penna geniale della coppia Maj Sjöwall e Per Wahlöö, Kurt Wallander è senza dubbio il commissario più famoso della Scandinavia, protagonista di una dozzina di libri che nel corso degli anni sono stati tradotti in quasi tutte le lingue.

Purtroppo Mankell è scomparso nel 2015 dopo aver combattuto strenuamente contro un cancro, facendo fede al credo del suo personaggio più famoso: “…non arrendersi mai”. Così, noi tristi lettori, ci eravamo già rassegnati a non vivere più una nuova indagine del suo commissario, ma dallo scorso 3 settembre è disponibile su Netflix la serie, di produzione inglese e in sei puntate, “Il giovane Wallander” ideata da Ben Harris.

Sulla scia del maestro Andrea Camilleri che in maniera geniale ha donato nuovo spunto e fascino al suo già intramontabile commissario televisivo ideando “Il giovane Montalbano”, Harris torna alle origini. La serie inizia infatti quando il “giovane” Kurt è ancora un semplice agente della Polizia svedese che ha scelto di vivere in una delle periferie più disagiate di Malmö, nella Scania meridionale.

Una sera, proprio sotto il piccolo e solitario appartamento in cui vive Wallander (Adam Pålsson), davanti ai suoi occhi, viene fatta esplodere una granata nella bocca di un ragazzo. La tragedia non fa altro che alimentare la feroce e reazionaria protesta di alcuni svedesi, che vedono negli immigrati che la città sta accogliendo la ragione di ogni male e violenza nel loro Paese.

Proprio perché sul posto al momento del delitto e residente nel quartiere, Wallander viene trasferito quasi di peso nella sezione Grandi Crimini della Polizia di Malmö. A volerlo è il responsabile, il sovrintendete Hemberg (Richard Dillane) che per primo intravede nel giovane le sue grandi doti investigative. Ma…

Gradevole e intrigante serie giallo/noir che centra l’animo del Wallander di Mankell, che in “Assassino senza volto” esterna il suo credo: “Il concetto di giustizia non significa solo che le persone che commettono reati vengano condannate. Significa anche non arrendersi mai”. Così come all’attenzione che Mankell poneva in favore dei più deboli della società come gli immigrati o il sub proletariato urbano.

Ottimo connubio artistico fra la Gran Bretagna e la Svezia che di fatto sono i genitori storici del grande giallo europeo.

“Assassino senza volto” di Henning Mankell

(Marsilio, 2015)

Lo scrittore svedese Henning Mankell (1948-2015) è considerato, giustamente, uno degli eredi dei maestri Maj Sjöwall e Per Wahlöö, i fondatori dei giallo scandinavo.

Mankell ha iniziato a pubblicare passati i quarant’anni e si è affermato nel panorama editoriale svedese nel 1991, quando ha pubblicato questo romanzo con la prima inchiesta del suo protagonista: il commissario Kurt Wallander.

I punti in comune fra Wallander e il commissario Martin Beck – figlio delle penne di Sjöwall e Wahlöö – non sono pochi. Ma più che somiglianze fisiche o caratteriali fra i due, è lo sguardo disilluso e preoccupato per la società che inesorabilmente sta cambiando, e certo non in meglio, che li unisce e li accomuna.

Così come Beck, Kurt Wallander è un ottimo poliziotto ma ha una vita personale problematica. E’ stato lasciato dalla moglie e con la figlia, poco più che adolescente, non riesce ad avere un rapporto sereno. A differenza di Beck che è a Stoccolma, Wallander vive e lavora a Ystad nella Scania, la parte meridionale della Svezia.

Ed è in una remota località della campagna della Scania, in una fredda alba invernale, che una coppia di anziani contadini viene ritrovata massacrata nella propria casa.

La violenza e la brutalità dei due efferati omicidi sconvolgono tutti, anche il commissario Wallander a cui viene affidato il caso.

Così come i suoi maestri Sjöwall e Wahlöö, Henning attraverso un enigma giallo ci racconta l’evolversi di una società perbenista che vuole fare finta di non accorgersi dei propri angoli più oscuri e fuori controllo.

“Terroristi” di Per Wahlöö e Maj Sjöwall

(Sellerio Editore, 2013)

E così ci siamo. Questa è l’ultima indagine di Martin Beck, la decima.

Per Wahlöö, purtroppo, scompare nel 1975 anno della prima uscita di questo suo ultimo romanzo. La sua compagna di vita e di scrittura Maj Sjöwall, non scriverà più nulla sul capo della Omicidi di Stoccolma senza Per.

Ma torniamo all’indagine: in realtà Beck stavolta ne deve seguire tre, apparentemente così lontane, ma che poi alla fine incredibilmente si intrecceranno.

Beck è chiamato come testimone della difesa nel processo che vede accusata Rebecka Lind per tentata rapina a mano armata. La ragazza, che ha una figlia di pochi mesi, in realtà sembra essere il simbolo del fallimento sociale della Svezia, visto che non riesce ad integrarsi con i suoi concittadini e per questo è tratta da reietta.

Quasi contemporaneamente deve indagare sull’assassinio di un produttore di film pornografici, a cui qualcuno ha sfondato il cranio mentre era nella vasca da bagno, nella casa della sua amante. Ma, soprattutto, al Capo della Omicidi di Stoccolma viene affidato il compito di coordinare la sicurezza e l’incolumità di un famoso senatore repubblicano degli Stati Uniti, mentre questi visiterà la capitale svedese.

L’uomo è considerato uno dei politici più reazionari del suo paese, e per questo i manifestanti contro di lui saranno molti, anche dai paesi limitrofi. E poi l’ombra dell’ULAG, un gruppo internazionale di mercenari che ha già al suo attivo numerosi e sanguinari attentati a statisti in tutto il mondo, sembra essere arrivata in Scandinavia…

I due grandi autori svedesi ci raccontano lucidamente di un mondo che volontariamente sembra andare verso il baratro. I più forti, i più furbi e soprattutto i più scorretti vinceranno, senza lasciare nulla agli altri.

Si chiudono così le inchieste di Martin Beck, attraverso le quali è possibile ancora oggi osservare i mutamenti della società, i sogni infranti e le disperate scelte dei più deboli, che non hanno speranza.

Dieci gialli indimenticabili e ancora tremendamente attuali.

“Un assassinio di troppo” di Per Wahlöö e Maj Sjöwall

(Sellerio, 1974/2005)

Nona inchiesta per Martin Beck che questa volta deve indagare sulla scomparsa, e dopo il ritrovamento del corpo, sulla morte di una donna divorziata, apparentemente vittima di una violenza carnale e poi di uno strangolamento.

A pochi passi dalla casa della donna, in una piccola cittadina della Scania, abita una vecchia conoscenza di Beck, l’assassino di Roseanne MacGraw che lo stesso commissario nove anni prima ha consegnato alla giustizia (nella prima inchiesta pubblicata da Per Wahlöö e Maj Sjöwall “Roseanna“, appunto).

L’uomo ha scontato la sua pena e adesso vive vendendo prodotti del suo orto e aringhe affumicate. Tutti però lo considerano subito il colpevole, a partire dai vertici della Polizia di Stato. Ma il fiuto di Beck…

Un ottimo giallo che, come sempre, mette a luce i limiti di una delle democrazie più famose d’Europa in anni in cui la lotta sociale sembrava l’unica alternativa al conformismo capitalista.

Da leggere, come tutte le opere dei due grandi scrittori scandinavi.

“La camera chiusa” di Maj Sjöwall e Per Wahlöö

(Sellerio, 1974/2010)

Ottava indagine del commissario Martin Beck che, reduce dai gravi postumi dell’avventura vissuta in “L’uomo sul tetto“, torna alla sua scrivania. Per facilitare il suo reinserimento lavorativo gli viene affidata un’indagine all’apparenza molto semplice.

Deve chiudere l’inchiesta sulla morte, causata da un colpo di arma da fuoco, di un uomo chiuso nel suo appartamento. Il cadavere è stato ritrovato dopo circa due mesi dal decesso e così le rilevazioni della scientifica sono molto approssimative.

Gli agenti e i sanitari accorsi per primi sul posto hanno erroneamente considerato la morte come un suicidio, visto che nessuno ha trovato l’arma da cui è partito il colpo. Intanto Stoccolma è preda di numerose – e alcune volte sanguinarie – rapine in banca…

Come sanno tutti, l’apparenza spesso inganna, e così Beck dovrà usare tutte le sue risorse per risolvere un caso davvero intricato.

I maestri del giallo Maj Sjöwall e Per Wahlöö ci regalano un’altra dura fotografia della società svedese, divisa fra il passato e il presente, ma soprattutto fra i pochi ricchi fortunati e i molti poveri disperati.

Da leggere, come sempre.

“L’uomo sul tetto” di Maj Sjöwall e Per Wahlöö

(Sellerio 1971/2010)

Settima indagine di Martin Beck, e i suoi autori Maj Sjöwall e Per Wahlöö questa volta puntano l’obiettivo sulla Polizia stessa. Sui limiti dei tutori della Legge svedesi, e sui suoi personaggi più oscuri.

Agli inizi degli anni Settanta molti alti gradi della Polizia svedese, come del resto quelli delle altre polizie europee – non esclusa quella italiana – avevano partecipato attivamente alla Seconda Guerra Mondiale.

Chi dalla parte dei vincitori e chi da quella dei perdenti. E così Sjöwall e Wahlöö ci raccontano di una piccola squadra di poliziotti al comando di un ufficiale con idee quanto mai reazionarie e violente.

A pagare le dure conseguenze di una mentalità troppo ristretta e intollerante, questa volta ci sarà anche Martin Beck in persona…

Bel giallo cupo e duro che parla di un mestiere difficile in cui bisogna combattere anche la tentazione di farsi “prendere la mano”.

“Omicidio al Savoy” di Per Wahlöö e Maj Sjöwall

 

(Sellerio, 1970/2008)

Questa sesta avventura di Martin Beck è quella che ci racconta, più delle precedenti, l’abisso sociale che separa la ricca aristocrazia industriale dal proletariato.

Il “papà e la mamma del poliziesco d’oggi” – come chiama Andrea Camilleri gli autori Per Wahlöö e Maj Sjöwall – ci raccontano di un insolito omicidio: in una bella sala dello storico e lussuoso hotel Savoy di Malmo il ricco industriale Viktor Palmgren tiene una piccola cena/conferenza con i suoi uomini più fidati.

Mentre il magnate parla, uno sconosciuto entra nella sala e gli spara alla testa. I presenti rimangono allibiti e l’assassino fugge facilmente da una finestra.

Palmgren era un uomo con amicizie molto influenti e così il caso viene affidato a Martin Beck, visti i risultati eccellenti delle sue ultime indagini. I sospetti investono subito le attività commerciali del morto, molte delle quali si perdono in Paesi stranieri e in loschi commerci. Viene analizzata anche l’ipotesi dell’attentato politico, ma Beck non è convinto…

Un grande giallo sociale che lascia l’amaro in bocca, e che non può far pensare incredibilmente all’omicidio di Olof Palme avvenuto a Stoccolma il 28 febbraio del 1986.

Ovviamente fra la figura reale dell’allora Primo Ministro svedese Palme e quella immaginaria dell’oscuro imprenditore Palmgren non ci sono le minime attinenze o vaghe similitudini. Ma nelle modalità del loro assassinio si.

Infatti, lo statista svedese la sera del 28 febbraio, appena uscito dal cinema nel quale era stato con la moglie, venne raggiunto da due proiettili esplosi da uno sconosciuto che lo aspettava sul marciapiede per poi dileguarsi nel nulla.

Palme morì in ospedale nelle prime ore del 1° marzo e ancora oggi il suo omicidio, che sconvolse profondamente la Svezia, rimane irrisolto.

“L’autopompa fantasma” di Per Wahlöö e Maj Sjöwall

(Sellerio 1969/2008)

Eccoci alla quinta indagine di Martin Beck, l’ispettore scandinavo creato dalla coppia Per Wahlöö e Maj Sjöwall.

Ad occupare la scrivania di Beck è questa volta un incendio che ha distrutto un piccolo stabile alla periferia di Stoccolma, nel quale sono morte quasi dieci persone.

Mentre la Scientifica è occupata a stabilire se si tratti di un incendio doloso o meno, Beck e i suoi uomini indagano sui defunti e sui feriti.

C’è soprattutto un uomo, tossicodipendente, con vari precedenti penali che attira l’attenzione degli investigatori, e l’autopsia rivela che era già morto prima dello scoppio dell’incendio. Ma…

Come sempre la coppia inventrice del giallo scandinavo ci regala un gran bel poliziesco, che ci porta negli antri più miseri dell’essere umano e in quegli angoli della società che troppo spesso non vorremmo vedere.

Per comprendere al meglio il loro lavoro e lo spessore delle loro opere, basta leggere una breve introduzione a firma degli autori che la Sellerio ha inserito nel volume:

“Non riteniamo che il romanzo tradizionale con il suo orientamento verso l’individuo sia adatto ad analizzare la nostra società. Il romanzo poliziesco invece è stato, fin dalle origini, più conscio dell’appartenenza dell’individuo ad un gruppo. La differenza risalta molto chiaramente osservando il modo in cui le azioni dei personaggi vengono motivate. Nel romanzo tradizionale i personaggi trovano le ragioni del proprio comportamento in un certo senso in loro stessi, indipendentemente da chi li circonda. Nel romanzo poliziesco le motivazioni di chi agisce sono sempre in relazione con le altre persone. Non si può immaginare un criminale assolutamente solitario. Egli è sempre legato alla società. La criminalità è una specie di espressione della società su un piano negativo […]”. 

“L’uomo al balcone” di Per Wahlöö e Maj Sjöwall

(Sellerio, 1966/2008)

Eccoci alla terza avventura dell’Ispettore scandinavo Martin Beck, creato dalla coppia Per Wahlöö e Maj Sjöwall.

E’ certamente l’indagine più dura e disperata di Beck, visto che all’inizio di una afosa estate, Stoccolma è preda di un feroce e imprendibile serial killer. Le vittime sono tutte bambine intorno ai dieci anni che vengono prima strozzate e poi violentate.

Tutte le vittime innocenti giocavano serene in uno dei parchi pubblici della città, ma questo non basta a far trovare il bandolo della matassa a Beck. Per fermare il mostro è necessaria anche una bella dose di fortuna.

Nel frattempo, Beck dovrà vedersela con mitomani, presunti colpevoli e ronde di sicurezza di volenterosi e incoscienti cittadini…

Una storia dura per Beck, che dovrà guardare in faccia la parte più oscura e odiosa del suo lavoro. Come sempre, un’ottima prova d’autore per Wahlöö e Sjöwall.

“L’uomo che andò in fumo” di Maj Sjöwall e Per Wahlöö

(Sellerio 1966/2009)

Nella sua seconda avventura, Maj Sjöwall e Per Wahlöö, portano il commissario Martin Beck in Ungheria, e precisamente a Budapest.

Lì, infatti, viene inviato il più famoso detective di Scandinavia per rintracciare, ufficiosamente, Alf Matsson, noto giornalista e famigerato anche per il suo carattere iroso e il suo grave alcolismo. Le ultime notizie ufficiali di lui si hanno in un grande albergo poche ore dopo il suo arrivo nella capitale magiara, città nella quale poi sembra incredibilmente svanito nel nulla.

Beck, nonostante il supporto della Polizia locale, non sembra riuscire a venirne a capo. Solo quando alcuni suoi colleghi smuovono le acque a Stoccolma il mistero si dipanerà…

Come sempre, gran bel giallo firmato dalla coppia Sjöwall e Wahlöö, che colpisce ancora per la sua modernità di scrittura e scorrevolezza.