“Il filo della memoria” di Paolo Levi

(Rizzoli, 1984)

«Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice, invece, lo è a modo suo…» con questa grande ed immortale massima il maestro Tolstoj inizia lo splendido “Anna Karenina”; ed è appunto di una grande famiglia che, come tutte le altre ha avuto periodi felici e momenti tristi e tragici, che ci parla questo bellissimo romanzo di Paolo Levi (1919-1989).

Tutto parte da una grande fotografia color seppia scattata a Roma nel 1913, dove sono immortalati tutti i rami di un’antica e storica famiglia italiana di religione ebraica. Sandra, l’io narrante, grazie a pazienti studi di antiche lettere e racconti personali, ricostruisce le dinamiche e gli eventi salienti di ogni ramo, a partire dai primi dell’Ottocento e fino al 1984.

Ovviamente, la grande linea di demarcazione per tutti è la tragedia della Seconda Guerra Mondiale con la persecuzione nazi-fascista delle persone di religione ebraica e non solo. Sandra ci parla dei suoi genitori e della famiglia che lei ha creato insieme ad Enrico, conosciuto mentre era in esilio in Svizzera per scampare ai campi di concentramento.

Sandra ci racconta anche come, proprio a causa della guerra e della vile caccia spietata subita, la sua generazione sia la prima che si rifiuta di continuare a subire le persecuzione figlie dell’antisemitismo e a reagire. Quando lentamente i lutti e le profonde ferite fisiche e morali iniziano ad alleggerirsi, Sandra insieme a figli e marito, affronta il famigerato Boom economico e la società del “Benessere”, per poi approdare al ’68, ai bui anni Settanta e alla prima parte dei “luminosi” Ottanta, che però…

Levi ci regala un’indimenticabile romanzo storico e sociale, che ripercorre quasi due secoli di storia italiana, e che ci racconta da dentro l’essenza – croce e delizia… – dell’elemento alla base della nostra cultura: la famiglia.

Da leggere, anche se attualmente questo bel romanzo italiano è incredibilmente – e aggiungo pure vergognosamente – fuori catalogo, e reperibile solo nel mondo dell’usato.

“Le mosse sbagliate” di Paolo Levi

(Rizzoli, 1982)

Quarto romanzo di Paolo Levi – autore radiofonico, televisivo e cinematografico nonché drammaturgo – “Le mosse sbagliate” ci racconta, ricostruendola, la vita scellerata e ingenua di Teresa, una ragazza che viene trovata uccisa nei pressi del Motel dei Fiori, a La Spezia.

Dell’indagine se ne deve occupare il commissario Marchi, poliziotto di vecchio stampo e con un ottimo intuito, che però non riesce a evitare di sovrapporre Teresa a Giovanna, sua figlia – delle stessa età della morta – che qualche tempo prima è scappata di casa lasciandolo solo, visto che ormai da molti anni è vedovo.

A Pisa, città dove viveva Teresa, tutti sanno che lei era l’amante di Altieri, un noto armatore con uffici anche a Genova, il quale interrogato non nasconde la tresca. Anzi, rileva a Marchi di essere stato recentemente ricattato dalla stessa giovane…

Oltre alla bravura narrativa di Levi, capace di non mollare mai la presa dal lettore, lo scrittore genovese costruisce una Teresa che sembra incarnare bene quel sogno inafferrabile che negli anni Sessanta prima, e nei Settanta poi, incantava la nostra società, soprattutto quella più giovane, che poi però inesorabilmente è naufragato tristemente sugli edonistici anni Ottanta.

“Tentativo di corruzione” di Paolo Levi

(Rizzoli, 1980)

In questo bel giallo Paolo Levi abbandona Mario Aldara – protagonista dei suoi precedenti “Ritratto di provincia in rosso” e “Delitto in piazza” – per presentarci Renzo Caluso, un ispettore di Polizia in ferie.

Caluso, che ha molti tratti in comune con Aldara, è reduce da una tragica esperienza: qualche mese prima, durante l’inseguimento di alcuni rapinatori è stato costretto ad ucciderne uno. Si trattava di un giovane tossicodipendente che prima di morire aveva ucciso l’agente che era con Caluso.

La breve inchiesta ha chiarito la dinamica e così Caluso non ha subito nessuna ripercussione legale o lavorativa. Ma se parliamo di morale la cosa è ben diversa. Non passa notte, infatti, che Renzo non sogni il giovane criminale mentre muore. E così decide di prendersi due settimane di vacanze comprando il biglietto per una crociera nel Mediterraneo.

Sulla “Magellano” Caluso si sente un pesce fuor d’acqua, ma almeno passa il tempo ad osservare la più varia umanità che come lui ha deciso di prendersi quindici giorni di ferie in mezzo al mare.

Proprio quando sembra cominciare ad ambientarsi, il comandante della nave lo fa chiamare: poche ore prima è stato ritrovato il corpo di Antonio Sassu, noto giornalista “controcorrente”. Accanto al cadavere è stata trovata una rivoltella e tutto fa sembrare al suicidio.

Ma visto che l’uomo sei mesi prima è stato vittima di un’aggressione da parte di alcuni sedicenti terroristi che gli hanno sparato riducendolo in fin di vita, il capitano vorrebbe essere sicuro dell’accaduto per poi avvisare gli uffici competenti in Italia. E l’unico passeggero con l’esperienza e la competenza adatta è proprio lui. Malvolentieri Caluso accetta l’inchiesta che lo porterà a confrontarsi con un mondo a lui socialmente lontano, ma anche con una parte di se stesso poco conosciuta…

Sfizioso giallo nella nostra grande tradizione, che ha forse solo un piccolo neo: il suo protagonista. Troppo vicino a Mario Aldara, del quale sembra un po’ un fratello irrisolto.

“Un agguato una sera al mare” di Paolo Levi

(Rizzoli, 1978)

Fregene è una delle località litorali estive preferite dagli abitanti della Capitale. Dagli anni Sessanta, è diventata una delle più eleganti e modaiole, e così molti appartenenti alla “Roma Bene” vi hanno acquistato la loro casa per le vacanze.

Questo vale anche per Davide, rampollo di mezz’età di una ricca famiglia romana, che ha passato la vita mantenendo il patrimonio creato di generazione in generazione.

In una delle numerose feste serali, Davide rimane profondamente colpito da una giovane e affascinante donna, che si rivela essere la moglie di un regista in cerca di finanziatori.

Quasi per gioco Davide confessa di essere disponibile a finanziare il film in cambio di una notte d’amore con la moglie. E rimane piacevolmente sorpreso quando il regista immediatamente accetta. Le cose si complicano quando, durate una gita in alto mare, il regista viene volontariamente affogato…

Bel giallo all’insegna della nostra grande tradizione letteraria, che come sanno e possono fare solo i gialli, ci racconta anche quello scontro cruento fra due parti della nostra società, una delle quali finirà inesorabilmente per fagocitare l’altra.

Da leggere.

“Ritratto di provincia di rosso” di Paolo Levi

(Rizzoli, 1975)

L’esordio come romanziere di Paolo Levi ci porta in una ricca e innominata cittadina ad ottanta chilometri da Roma e, soprattutto, ci presenta Mario Aldara, un investigatore davvero anticonvenzionale.

Sono gli anni in cui l’onda del Boom sta passando, ma ha lasciato il nostro Paese molto ricco, soprattutto quella parte della provincia italiana che fino a qualche anno prima viveva miseramente solo di agricoltura. E, insieme ai soldi, sono arrivati vizi e cattiverie.

Il riservato e introverso Aldara lavora in un anonimo ufficio del Ministero degli Interni. Viste le sue origini che lo hanno fatto nascere in quella cittadina, e il suo ruolo del tutto estraneo alle indagini sul campo, viene inviato ufficiosamente dal suo capo per indagare sul suicidio di Cesare Bonfigli, noto politico della regione.

Mario, con riluttanza, accetta l’incarico di capire se la morte di Bonfigli è legata alla sua attività politica o meno. Nel secondo caso agli Interni la questione non interessa e lui potrà tornare immediatamente a Roma.

Ma per Mario tornare nella sua città natale è davvero molto doloroso. Vent’anni prima se ne è andato per amore: appena adolescente si è innamorato, ricambiato, della giovanissima Viviana. Quando lui voleva sposarla perché incinta, la famiglia di lei la costrinse ad abortire e a sposare l’uomo più ricco della regione …Cesare Bonfigli, politico e amministratore delegato della ricca Mulini Bonfigli…

Accattivante giallo all’italiana che dipinge una provincia oscura e corrotta proprio come la grande città. Aldara è presente anche nel successivo romanzo di Levi “Delitto in piazza“.

Per la chicca: nel 1976 Ugo Tognazzi veste i panni di Mario Aldara nell’adattamento cinematografico “Al piacere di rivederla”, la cui sceneggiatura è scritta dallo stesso Levi assieme a Ruggero Maccari, Maurizio Costanzo e Marco Leto, che lo dirige.

“Delitto in piazza” di Paolo Levi

(Rizzoli, 1976)

Questo giallo, pubblicato per la prima volta nel 1976, ha come protagonista un investigatore davvero fuori dagli schemi. Mario Aldara, infatti, è un anonimo impiegato di un altrettanto anonimo ufficio del Ministero degli Interni. Scapolo impenitente, dopo una feroce delusione d’amore avuta a vent’anni, superati i quaranta incontra Patrizia, una giovane e avvenente ragazza, dal passato burrascoso, che in pochi mesi gli cambia la vita.

Dopo averlo convinto a cambiare casa andando ad abitare in centro, in un appartamento con vista su una piazza storica di Roma, Patrizia spinge Mario affinché “faccia carriera”.

Intanto la ragazza confida ai suoi nuovi vicini che il suo compagno così apparentemente anonimo è in realtà nei Servizi Segreti, cosa che porta l’inconsapevole Mario una sera a casa dei Norchia, i proprietari dell’appartamento sopra il loro.

La signora Norchia ha un dolore che la consuma: sua sorella maggiore Ada è scomparsa da oltre due anni senza lasciare traccia e da qualche tempo il suo “fantasma”, a notte inoltrata e quando lei e il marito sono fuori, visita la casa. Suo malgrado, Mario viene trascinato in un’indagine che scoprirà non poche miserie umane…

Godibilissimo giallo all’italiana, pieno di ironia che ci regala uno specchio della nostra società cattivo e scanzonato dallo stesso autore de “Ritratto di provincia in rosso”.

Per la chicca: nel 1980 la RAI ne realizza uno sceneggiato in tre puntate con Luigi La Monaca (una delle nostre voci più belle) nei panni di Aldara con la sceneggiatura firmata dallo stesso Paolo Levi.