“Birdman (o l’imprevedibile virtù dell’ignoranza)” di Alejandro González Iñárritu

(USA, 2014)

Di teatro al cinema ne abbiamo visto tanto. Non sono pochi, infatti, i film che raccontato che c’è, e cosa si consuma dietro il palcoscenico. Ma spesso di tanta pellicola non sappiamo che farne.

Non sono molti infatti i film belli sul teatro, sia commedie che drammatici, che lasciano il segno come “Servo di scena” o “Rumori fuori scena”. A questa non così lunga lista deve essere aggiunto “Birdman (o l’imprevedibile virtù dell’ignoranza)” del regista messicano Alejandro González Iñárritu, già autore fra gli altri di pellicole come “Amores perros” o ”21 grammi”, e trionfatore agli ultimi Oscar col film “Revenant-Redivivo” con cui ha vinto il suo secondo e consecutivo Oscar come miglior regista.

“Birdman” ci racconta la pesante ingerenza di Hollywood su Broadway, di come i grandi incassi e i film spettacolari incidano direttamente sulla vita e, soprattutto, sull’arte di attori che spesso proprio da Broadway partono per raggiungere l’Eldorado del cinema, nel quale poi però rimangono impantani a vita non riuscendo più a tornare indietro.

Per questo González Iñárritu sceglie tutti attori – bravissimi, è giusto ricordarlo – che a Hollywood hanno girato film su supereroi: Michael Keaton è stato il Batman di Tim Burton, Edward Norton ha impersonato Hulk, Emma Stone è stata la fidanzata dell’Uomo Ragno, e Naomi Watts la Ann Darrow del “King Kong” di Peter Jackson. Un’alchimia perfetta per raccontare come la celebrità a volte sia nemica dell’arte.

Candidato a nove statuette, ne ha portate a casa – meritatamente – quattro fra le più importanti: miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura originale e miglior fotografia.

Da vedere.

“La promessa dell’assassino” di David Cronenberg

(USA/UK/Canada, 2007)

Non sono un amante del cinema dell’orrore o peggio di quello splatter, per cui soffro molto di solito vedendo le opere di Cronenberg (a parte ovviamente “La zona morta” che il regista canadese ha girato nel 1983 e adattato da uno dei miei romanzi preferiti in assoluto), ma questo film – nonostante alcune scene davvero truculente – è davvero bello e tosto.

Anna (Naomi Watts) è una giovane ostetrica che lavora in un ospedale di Londra. Una sera al pronto soccorso le capita di assistere al parto di una quattordicenne vittima di una grave emorragia.

La ragazza purtroppo muore, ma il neonato – che poi è una bambina – fortunatamente sopravvive. La giovane, che dagli esami risulta essere una tossicodipendente, non aveva documenti ma solo un diario scritto in russo.

Anche se Anna ha origini russe non sa leggere il cirillico, e fra le pagine trova il biglietto di un noto ristorante russo di Londra. Troppo ingenuamente l’ostetrica decide di chiedere notizie della ragazza morta nel ristorante…

Una bella descrizione di quello che è oggi la mafia russa a Londra, con grandi interpreti come Vincent Cassel e Armin Mueller-Stahl, ma soprattutto un grande Viggo Mortensen.

La scena nella sauna poi, cruenta ma bellissima.