“Kirikù e la strega Karabà” di Michel Ocelot

(Francia/Belgio/Lussemburgo, 1998)

Nel grande cuore ancestrale dell’Africa c’è una splendida grotta Blu dove un Grande Saggio ci racconta la storia del nipote Kirikù che, grazie al suo coraggio e alla sua astuzia, ha salvato l’intero villaggio.

Così assistiamo alla nascita del bambino che subito dopo avere aperto gli occhi, nonostante le sue minute dimensioni, parla e si taglia il cordone ombelicale da solo. Ma non basta: appena terminata l’operazione si alza e comincia a camminare e correre.

Naturalmente la cosa non fa che alimentare le paure e le superstizioni di molti abitanti del suo villaggio da tempo vessato dalle angherie della perfida strega Karabà. Ma, grazie all’amore incondizionato della madre, e soprattutto alla sua arguzia Kirikù riesce a infrangere tutti i piani della terribile fattucchiera.

Quello che cambierà la storia del suo villaggio e la vita di tutti i suoi abitanti, compresa la sua e quella della strega, è la volontà di comprendere perché Karabà è diventata così cattiva e quali e quante ingiustizie e soprusi ha subito tanto da renderla così malvagia.

Splendida pellicola che ci parla d’amore e tolleranza e ci ricorda, come se ancora dovesse essercene bisogno, come la cinematografia d’animazione francese sia la terza nel mondo, dopo quella degli Stati Uniti e del Giappone.

Ocelot scrive e dirige – con la collaborazione di Raymond Burlet – un film che, grazie anche alla colonna sonora firmata da Youssou N’Dour, di fatto rimane nella storia del cinema, e non solo quello d’animazione. Nella nostra versione da ricordare la bravissima Veronica Pivetti che doppia Karabà e l’indimenticabile Aroldo Tieri il Grande Saggio.

Da vedere.

Nel 2005 Ocelot, assieme a Bénédicte Galup, realizza “Kirikù e gli animali selvaggi” che racconta le avventure del piccolo grande protagonista prima che redima definitivamente Karabà.

“Kirikù e gli animali selvaggi” di Michel Ocelot e Bénédicte Galup

(Francia, 2005)

Dopo lo splendido “Kirikù e la strega Karabà” (1998) Michel Ocelot torna a raccontarci le avventure del piccolo, geniale ed eclettico Kirikù, bambino prodigio figlio del cuore dell’Africa.

Dal profondo della sua Caverna Blu il nonno di Kirikù ci racconta alcune nuove storie consumatesi fra il piccolo e la strega, prima che lo stesso Kirikù la liberasse dalla sua perfida maledizione. Torniamo così nel villaggio di Kirikù dove il piccolo si dovrà confrontare con diversi grandi animali selvaggi, alcuni mandati subdolamente da Karabà, altri invece semplicemente di passaggio.

Con tutti Kirikù sarà paziente e soprattutto astuto, tanto da battere ogni volta la sua acerrima nemica, spesso grazie anche al fatto di essere in perfetta simbiosi con lo sconfinato e fantastico territorio di cui è figlio. Un viaggio bellissimo nel cuore del grande continente africano immaginato e disegnato in maniera sublime da Ocelot.

75 minuti di cinema di animazione indimenticabile.

“Dililì a Parigi” di Michel Ocelot

(Francia/Belgio/Germania, 2018)

Michel Ocelot, già autore di ottimi lungometraggi animati come “Kirikù e la strega Karabà”, “Azur e Asmar” o “Principi e principesse”, realizza un altro splendido film d’animazione.

Siamo a Parigi alla fine del ‘800. La piccola Dililì “lavora” come comparsa presso il finto villaggio canaco ricostruito, per il mero divertimento dei passanti, in un giardino pubblico della capitale francese.

Il giovane garzone Orel decide di fare amicizia con la piccola che gli racconta la sua storia. E’ figlia di un francese e di una canaca – come venivano chiamati gli abitanti autoctoni della Nuova Caledonia – e per colpa della sua pelle “troppo chiara”, nel suo Paese d’origine veniva sempre rimproverata. Morti i suoi genitori la piccola Dililì ha deciso di venire in Francia, la terra di suo padre, dove però la rimproverano sempre a causa della sua pelle “troppo scura”.

I due ragazzi legano subito e Orel decide di portarla in giro con lui durante le consegne, sulla sua tricicletta. Ma proprio in quei giorni Parigi è sotto l’incubo dei cosiddetti Maschi Maestri. Un gruppo feroce e clandestino che compie rapine e rapisce giovani e bambine lasciando sempre un messaggio: “I Maschi Maestri raddrizzeranno Parigi!”.

Grazie però al coraggio di Dililì e Orel, che sulla loro strada incroceranno le menti più brillanti e geniali dell’epoca, l’atroce complotto verrà sventato. Complotto che mirava a rendere le donne succubi e schiave materialmente e moralmente degli uomini. Ma…

Ocelot firma la sua ennesima opera indimenticabile con la storia che si fonde in maniera sublime sia alle splendide immagini che alla notevole colonna sonora.

Ci sono molti modi per insegnare alle nuove generazioni – e non solo… – il senso di equità e di civiltà, e quando sono belli e divertenti come questo film, valgono il doppio!

Da vedere.

“Azur e Asmar” di Michel Ocelot

(Francia/ Belgio/ Spagna /Italia, 2006)

Ci sono molti modi per parlare ai più piccoli di integrazione e convivenza, e questo delizioso e visionario film di Michel Ocelot è uno dei migliori.

Ocelot, già autore di “Kirikù e la strega Karabà” e “Principi e principesse”, ci racconta della possibile e serena convivenza della cultura cristiana con quella islamica e con quella ebraica.

Fanno da sfondo splendide immagini di ambienti, palazzi e opere d’arte della cultura araba davvero sublimi. Ma l’importante, ci sottolinea il regista, non sono quelli, la cosa che più conta è l’amore e il rispetto per il prossimo.

Grazie al genio produttivo di Andrea Occhipinti, il nostro Paese ha co-prodotto una così bella pellicola d’animazione.