“Le vie del signore sono finite” di Massimo Troisi

(Italia, 1987)

Scritto da Massimo Troisi e dalla sua partner lavorativa e, per un periodo anche di vita Anna Pavignano (relazione che terminò dopo la realizzazione di “Scusate il ritardo”), “Le vie del signore sono finite” ci riporta nel ventennio (epoca storica negli anni Ottanta poco rivisitata, se non da Tinto Brass…) e ci racconta la storia di Camillo, un barbiere di Acqualsalubre – un piccola e irreale località termale del sud Italia – inventore di pozioni per capelli e dermatiti, ma afflitto da una grave quanto misteriosa malattia psicosomatica che lo costringe ciclicamente su una sedia a rotelle.

Come sempre, nei film di Troisi, l’intimo e il personale hanno un ruolo focale nella vicenda dei protagonisti, e così Camillo per affrontare la sua malattia dovrà affrontare se stesso e soprattutto i suoi sentimenti.

Davvero un gran bel film, che ci ricorda che perdita abbiano subito il nostro cinema e la nostra cultura in generale con la morte prematura del suo regista.

Nel cast appaiono anche Massimo Bonetti e Marco Messeri (davvero bravo nel ruolo del fratello morboso di Camillo), amici intimi di Troisi anche nella vita reale.

Il film vince meritatamente il Nastro d’Argento per la migliore sceneggiatura.

“Non ci resta che piangere” di Roberto Benigni e Massimo Troisi

(1984, Italia)

Mario (Troisi) e Saverio (Benigni), rispettivamente bidello (come si chiamava allora) e insegnate di una piccola scuola elementare nella provincia toscana, si ritrovano magicamente a Frittole nel 1492.

Preoccupato per la sorte della sorella Gabriellina, sedotta e abbandonata da un americano sette anni prima, Saverio vuole approfittare della situazione e correre a Palos per fermare Cristoforo Colombo.

Ma la trama, anche se originale, non è così importante rispetto alla genialità comica dei due protagonisti che trasformano ogni situazione in una vera e irresistibile gag. La spiegazione del gioco della scopa e del termometro a Leonardo da Vinci (un grande Paolo Bonacelli) continua a farmi piangere dal ridere. Una delle migliori testimonianze del genio comico italiano.

Non è un caso che nel decennio successivo, con carriere cinematografiche (purtroppo!) separate, tutti e due siano arrivati alla soglia degli Oscar.