“Vatican Girl: la scomparsa di Emanuela Orlandi” di Mark Lewis

(UK/Italia, 2022)

Il 22 giugno del 1983 scompare Emanuela Orlandi, una quindicenne romana “come tante”, che inspiegabilmente non rientra a casa. Ma Emanuela è una giovane abitudinaria e così i suoi familiari si allertano subito. Nello stesso giorno Giovanni Paolo II torna per la prima volta da Pontefice in Polonia.

E’ una vista epocale: la Polonia fa parte del blocco sovietico e l’ingombrante viaggio del Santo Padre è un chiaro attacco al regime di Mosca, visto poi che Karol Wojtyła ha chiaramente affermato di voler riportare il cattolicesimo oltre cortina e, soprattutto, appoggia pubblicamente e materialmente “Solidarność”, il sindacato fondato nel 1980 nei cantieri navali di Danzica e guidato da Lech Wałęsa che è diventato una delle più imponenti spine nel fianco del blocco sovietico.

A Roma, intanto, solo il giorno dopo viene fatta redigere la denuncia di scomparsa della giovane Orlandi, che gli inquirenti considerano uno dei numerosi – in quell’epoca – allontanamenti volontari di giovani adolescenti.

La famiglia Orlandi precipita naturalmente nella disperazione perché Emanuela sembra essersi volatilizzata nel nulla, senza lasciare traccia. Pochi giorni dopo, inaspettatamente, anche Giovanni Paolo II rientrato in Vaticano, all’Angelus lancia un appello ai “responsabili” della scomparsa di Emanuela. Ercole Orlandi, disperato, decide di pubblicare un’inserzione su un noto quotidiano romano chiedendo informazioni sulla figlia, mettendoci anche il numero di telefono di casa.

Cosa che fanno anche sui manifesti che stampano a loro spese a che vengono attaccati su quasi tutti i muri di Roma. Manifesti che io personalmente ricordo benissimo, visto che era quasi impossibile non incontrali camminando per la capitale, e che nel bene e nel male hanno segnato l’iconografia sociale di quegli anni. Inizia così un nuovo tormento per gli Orlandi: le continue vessazioni da parte di mitomani e sciacalli.

Ma fra le centinaia di telefonate arriva anche quella anonima di un uomo che possiede notizie attendibili su Emanuela. E in una di queste afferma che la ragazza è stata rapita e sarà rilasciata solo dopo la scarcerazione di Mehmet Ali Ağca, l’autore dell’attentato a Giovanni Paolo II avvenuto in piazza San Pietro il 13 maggio del 1981. La cosa cambia immediatamente la prospettiva della scomparsa di Emanuela che viene prepotentemente messa al centro dell’attenzione di tutti i media, e non solo italiani.

La Orlandi così non è più una ragazza “come tante”, ma è la vittima di un complotto internazionale al centro della guerra fredda fra Occidente e Oriente. A casa sua arrivano gli uomini dei Servizi Segreti italiani che prendono in mano la situazione. Al “Corriere della Sera” è un giovane reporter romano che si occupa del caso: Andrea Purgatori. E’ lui stesso a raccontarci, in questa ottima serie in 4 puntate, il corso delle sue indagini, parallele a quelle degli inquirenti.

Dopo le prime telefonate e l’associazione di Emanuela ad Ağca, l'”americano” – così viene chiamata la persona che le effettua, grazie al suo marcato accento inglese – inizia a contraddirsi e a non seguire una linea precisa. Per questo Purgatori si rivolge a una delle sue fonti, che in quel momento ha un ruolo di rilievo nei nostri Servizi Segreti, la quale gli esprime la massima perplessità sulla tesi che in quel momento va per la maggiore, e cioè che dietro il rapimento di Emanuela ci sia il KGB, l’intelligence sovietica, che non sarebbe assolutamente così vago e contraddittorio.

Allora Purgatori concentra l’attenzione su un’altra pista, una pista legata alla finanza vaticana che attraverso l’Arcivescovo Paul Marcinkus, presidente dello IOR – l’Istituto per le Opere Religiose, la banca del Vaticano – si era legata al Banco Ambrosiano e al suo presidente Roberto Calvi, trovato impiccato a Londra esattamente un anno prima. E Purgatori ipotizza proprio nelle centinaia di miliardi di lire che lo IOR versa a “Solidarność”, soldi che escono dai vari giri finanziari a cui partecipa anche la criminalità organizzata – che allora a Roma era la famigerata Banda della Magliana – il motivo di scontro che ha portato al rapimento di Emanuela Orlandi, prima cittadina vaticana a scomparire nella storia.

L’articolo non riscuote apparentemente un particolare successo, ma l’allora direttore del Corriere Alberto Cavallari chiede al giornalista di “fare un passo indietro” e occuparsi di altro. Andrea Purgatori così comprende di avere toccato un nervo scoperto e molto delicato, probabilmente assai vicino alla verità.

Passano gli anni ma di Emanuela non si hanno più tracce, e la famiglia Orlandi deve accettare di vivere con l’atroce consapevolezza di non poter portare neanche un fiore sulla sua tomba. La situazione cambia quando nel 2005, pochi mesi dopo la morte di Wojtyła un anonimo, attraverso la trasmissione “Chi l’ha visto?”, pone i riflettori sulla tomba di Enrico De Pedis, detto “Renatino”, boss indiscusso della Banda della Magliana, freddato in strada nei pressi di Campo de’ Fiori nel 1990, e che risulta tumulato incredibilmente e “inspiegabilmente” presso la Basilica di Sant’Apollinare nel cuore di Roma, edificio adiacente a quello della scuola di musica, ultimo luogo noto dove venne vista Emanuela Orlandi.

Sulla scia di queste nuove rivelazioni venne rintracciata una delle amanti del De Pedis all’epoca del rapimento, che dichiara di avere tenuto lei prigioniera, nella sua casa al mare sul litorale romano, Emanuela Orlandi per qualche giorno su richiesta proprio del suo amante. Secondo la donna, la ragazza era continuamente drogata per non dare problemi. Dopo alcuni spostamenti, fu lei stessa – sempre secondo la sua testimonianza – su incarico del De Pedis a consegnarla a un prelato proprio nei pressi delle mura vaticane.

Le teorie prendono un’altra piega e gli inquirenti cercano nuove conferme e nuove piste, tutte comunque portano inesorabilmente dentro le mura dello Stato più piccolo del mondo. Un nuovo elemento che pone un ulteriore punto di vista è la recente testimonianza di una allora compagna di scuola della Orlandi secondo la quale la stessa, pochi giorni prima di scomparire, le aveva confessato di essere stata gravemente “molestata” durante il suo solito girovagare nei giardini vaticani da un’importante personalità molto vicina al Papa, come ad esempio avrebbe potuto essere Marcinkus.

Purtroppo i casi di pedofilia e molestie sessuali riconducibili al Vaticano e al suo clero fanno ormai parte della storia recente, ma allora non era concepibile neanche sussurrarli. E così chi avrebbe creduto a una ragazzina? …Si chiede in lacrime oggi la donna. Le ipotesi sono molte, come quella di un ricatto da parte del De Pedis al Vaticano tramite proprio la giovane Emanuela vittima suo malgrado di un abuso da parte di un alto prelato.

A quasi quarant’anni dalla sua scomparsa l’unica cosa certa è che dietro le mura vaticane si nascondono la dinamica e la conclusione – se non tutte almeno una buona parte – del rapimento e della vita di una giovane adolescente romana. Come ci ricorda Purgatori, però, sono duemila anni che la Santa Sede è uno dei più potenti centri di potere mondiali, e quindi allo stesso tempo è anche luogo di complotti e lotte intestine senza esclusioni di colpi. Lotte e scontri che hanno avuto forse come tragico “effetto collaterale” la vita di una giovane e innocente ragazza e di tutta la sua famiglia che ancora oggi vive nello strazio del dubbio e dell’ignoto.

Quello che ancora oggi lascia sconcertati è vedere le immagini di repertorio in cui Giovanni Paolo II, poche settimane dopo la sua scomparsa, si reca a casa Orlandi per consolare i familiari di Emanuela, lui che indiscutibilmente come Papa la verità l’avrebbe dovuta sapere. Ma la Santa Sede non ha mai espresso l’intenzione di collaborare reputando la scomparsa della Orlandi un evento consumatosi sul suolo italiano e non vaticano. Anche con questa serie, per esempio, la Santa Sede non ha voluto collaborare.

Da vedere.