“Big Fish – Le storie di una vita incredibile” di Tim Burton

(USA, 2003)

Nel 1998 lo scrittore statunitense Daniel Wallace (classe 1959) pubblica il romanzo “Big Fish: A Novel of Mythic Proportions” dedicato alla scomparsa del padre. Il libro colpisce profondamente lo sceneggiatore John August proprio per la recente perdita del proprio genitore.

August scrive la sceneggiatura rendendola adatta al racconto cinematografico. Lo script viene offerto a Spielberg con l’idea di affidare la parte del protagonista a Jack Nicholson. Ma il progetto sfuma e così la sceneggiatura arriva sulla scrivania di Tim Burton che decide di realizzarla (lo stesso August collaborerà due anni dopo allo script del bellissimo “La sposa cadavere”).

Così approdiamo in Alabama dove vivono Ed Bloom (Albert Finney) e sua moglie Sandra (Jessica Lange). Il loro unico figlio William (Billy Crudup) vive e lavora come giornalista a Parigi. Il rapporto fra Will e suo padre è naufragato già a partire dall’adolescenza del figlio che non sopportava più i racconti inventati e surreali del padre, che nella vita faceva “semplicemente” il rappresentante di commercio girando quasi ogni settimana per l’intero Paese.

Quando però William riceve la telefonata di Sandra che gli rivela che il padre ha un tumore incurabile, l’uomo torna immediatamente a casa assieme a sua moglie Josephine (Marion Cotillard) che al è settimo mese della loro prima gravidanza.

Will, preoccupato anche per la sua imminente paternità, tenta per l’ultima volta di avere un dialogo col padre, ma non riesce ad abbandonare l’ostilità e i pregiudizi che da anni prova per lui. Ma, proprio prima che sia troppo tardi, Will riesce ad entrare nel mondo fantastico e incredibile di Ed…

Struggente pellicola intimista fra le più emotive del grande e visionario Tim Burton che ci regala quasi due ore di sogni incredibili che ci aiutano ad affrontare la fin troppo spesso dura realtà. Ma d’altronde i poeti, quelli veri, non sono coloro che con le loro parole rendono le cose più dolorose o banali degne di essere vissute?

Da vedere.

Per la chicca: parte secondaria ma irresistibile del grande Danny DeVito e ottima interpretazione di Ewan McGregor nei panni di Ed Bloom giovane.

“Il pianeta verde” di Coline Serreau

(Francia, 1996)

Questo gioiellino satirico e – purtroppo – anche molto attuale, dopo essere stato brevemente distribuito nelle nostre sale solo grazie ad un circuito indipendente, è letteralmente sparito dalla circolazione, almeno nella nostra versione per molto tempo.

Eppure la sua regista e sceneggiatrice Coline Serreau è l’autrice di uno dei film francesi più famosi degli anni Ottanta: “Tre uomini e una culla”. E allora perché Hollywood, che non ha perso tempo a realizzarne una remake americano di enorme successo ha completamente ignorato questa pellicola divertente e ironica che, alla sua uscita, ha riscosso anche un discreto successo in Francia?

Anche se non posso entrare nella capoccia degli amministratori delegati delle grandi major americane, la risposta è abbastanza semplice: perché è una critica all’acido muriatico della luminosamente ottusa società occidentale. “Il piante verde” è un ritratto impietosamente lucido e intelligente dei numerosi vizi, dei numerosi limiti e delle numerose ipocrisie del nostro tempo. E, soprattutto, punta il dito contro tutti quei comportamenti superficiali e/o arroganti che stavano nel 1996 (e continuano ancora oggi…) uccidendo il nostro pianeta.

Mila (la stessa Serreau) abita serenamente sul Pianeta Verde, un piccolo e felice corpo celeste dove ognuno vive in perfetta simbiosi con gli altri e con l’ambiente. Gli abitanti, la cui vita supera in media ben oltre i duecento anni, sono del tutto identici agli essere umani, solo che la loro storia è avanti di circa tremila anni. Sul Pianeta Verde, infatti, l’era industriale è passata da tre millenni, e il popolo è sopravvissuto alle sue tirannie e al suo inquinamento smettendo di comprare cose inutili e tornando a rispettare animali e piante.

Si è sviluppata in maniera incredibile anche la telepatia, che permette agli abitanti del piccolo pianeta di viaggiare attraverso il cosmo sugli altri corpi celesti dove scambiano nozioni, esperienze e pensieri. Ma da oltre duecento anni nessuno vuole tornare sulla Terra, visto che è considerato un posto selvaggio e tanto arretrato, socialmente e culturalmente.

Prima di morire il padre di Mila le ha confessato però che sua madre era una terrestre, conosciuta durante l’ultimo viaggio fatto sulla Terra, e che è morta dandola alla luce. Spinta da una incontenibile curiosità, Mila si offre volontaria per compiere una spedizione informativa sul nostro pianeta, cosa che provocherà un impatto indimenticabile per lei, ma soprattutto per gli umani che avranno la “fortuna” di incrociarla…

Nel cast appaiono, oltre alla regista (autrice anche della colonna sonora), Vincent Lindon e una giovanissima Marion Cotiliard. Negli anni Novanta nel nostro Paese non era ancora così universalmente riconosciuto il problema ambientale. O meglio, chi già se ne preoccupava non spostava troppi elettori o spettatori. E allora perché anche da noi questo film è scomparso?

Perché osa toccare due argomenti tabù per la nostra cultura “nazional-popolare”. Il primo infatti è il Cattolicesimo: Mila entrando a Nostre-Dame de Paris riconosce nell’uomo inchiodato alla croce che domina una cappella Gesù, un antico abitante del Pianeta Verde sceso sulla Terra duemila anni prima per emancipare i suoi abitanti e mai più tornato…

Ma non basta!

La Serreau, oltre a scherzare sulla nostra religione ufficiale, si permette di toccare la cosa che arde in ogni focolare domestico da Trieste in giù, forse anche di più dell’amor patrio. Coline Serreau osa burlarsi …del calcio.

Mila viene invitata ad assistere ad una partita di calcio al Parco dei Principi, e mentre si consuma il match lei scombussola le menti di giocatori, arbitro (cha corre per il campo cantando “‘O sole mio”) e guardialinee… bagarre che si conclude con un bacio finale e alquanto appassionato fra i due portieri.

Come diceva mia nonna: “Scherza coi Fanti, ma non toccare gli Attaccanti!” …o forse non era così.