“Lost Ollie” di Shannon Tindle

(USA, 2022)

Non è semplice parlare di dolore e lutto durante l’infanzia.

Ci sono però alcune opere davvero belle e struggenti, che possono aiutare nell’affrontare la tragedia di una grave perdita, come il romanzo tratto dall’opera dell’indimenticabile Siobhan Dowd – ed elaborato da Patrick Ness – portato ottimamente sul grande schermo da Juan Antonio Bayona nel 2016 con l’omonimo titolo “Sette minuti dopo la mezzanotte“, o “Un ponte per Terabithia” pubblicato da Katherine Paterson nel 1976 e adattato per il cinema nel 2007 da Gabor Csupò.

All’elenco si può aggiungere pure questa serie televisiva, in quattro puntate, anch’essa tratta da un libro: “Ollie e i giocattoli dimenticati” pubblicato da William Joyce, prolifico scrittore di libri illustrati per bambini, vincitore del premio Oscar nel 2012 col cortometraggio animato “The Fantastic Flying Books of Mr. Morris Lessmore” e uno dei più noti autori delle copertine del “The New Yorker”. Ideata da Shannon Tindle (già autore dello script del bellissimo “Kubo e la spada magica” diretto da Travis Knight nel 2016) e scritta assieme a Kate Gersten e Marc Haimes (anche lui coautore di “Kubo e la spada magica”) la serie è diretta da Peter Ramsey.

Il coniglio di pezza Ollie si risveglia in uno scatolone dentro un vecchio negozio di cose usate. La sua memoria sembra essere scomparsa e l’unica cosa che ricorda è di appartenere al bambino Billy. Così, una volta sistemato su uno scaffale, rifiuta cortesemente l’invito di Suzy, una bambina che si offre di adottarlo.

Ma senza memorie, e quindi senza sapere dove andare, tutto è molto complicato. Fortunatamente in suo soccorso arriva Zozo, un vecchio pupazzo da baraccone che, incantato dal particolare campanellino che Ollie possiede al posto del cuore, decide di aiutarlo.

La prima cosa che Zozo fa fare a Ollie sono dei disegni per risvegliare i suoi ricordi, disegni che poi il vecchio pupazzo incolla l’uno all’altro ottenendo una sorta di mappa per trovare Billy. Ai due si unisce Rosy, un orso di peluche che Zozo molto tempo prima è riuscito a ricucire.

Intanto nella mente del coniglio di pezza iniziano a tornare frammenti di memoria con immagini e sensazioni di profondo affetto che circondano il piccolo Billy, che però inesorabilmente dovrà affrontare una prova dura e molto dolorosa…

Commovente ed emozionante, questa serie ci sottolinea, visto che ce ne è sempre bisogno, come nella vita sia importante l’amore, l’affetto e la serenità di saper lasciare andare le cose, anche quelle più dolorose.

Nella versione originale la voce di Rosy è quella straordinaria della cantate Mary J. Blige.

“Kubo e la spada magica” di Trevis Knight

(USA, 2016)

Scritto da Chris Butler, Shannon Tindle e Marc Haimes (autore anche del soggetto) questo “Kubo e la spada magica” è uno dei film d’animazione in stop-motion più belli degli ultimi anni.

Nel Giappone antico, la giovane Sariatu fugge su una piccola barca nonostante onde alte come montagne cerchino di fermarla. Quando sembra finalmente arrivare nei pressi di una spiaggia, un maroso spazza via la barca e la donna sbatte violentemente contro uno scoglio. Ripresasi, nonostante la profonda ferita che le lacera il volto, si ritrova su una piccola spiaggia con accanto il fagotto che teneva stretto. Dentro, incolume, c’è un bambino con una benda sull’occhio destro.

Passano gli anni e il piccolo ormai è un giovane adolescente che si guadagna da vivere, per se stesso e per la madre che ogni giorno è sempre più debole, raccontando agli abitanti del villaggio limitrofo al rifugo in cui vive storie leggendarie, aiutandosi con gli origami che grazie al suo shamisen prendono vita. Sariatu, che è sempre più preda di amnesie, gli impedisce di rimanere fuori la notte. E proprio quando il sole tramonta che suo nonno, secondo la madre, può trovarlo e rubargli anche l’altro occhio. Kubo è ovviamente scettico, ma quando una sera tarda a rientrare dovrà ricredersi…

Splendida favola che unisce le tradizioni più antiche a quelle più moderne. Con immagini davvero emozionanti, così come gli snodi che prende la trama. Si tratta dell’opera prima di Trevis Knight che in precedenza ha prodotto i film sempre in slow-motion “ParaNorman” e ”Boxtrolls – Le scatole magiche”. Da ricordare anche i bellissimi titoli di coda che scorrono sulla cover di “While my guitar gently wheeps” eseguita da Regina Spektor.

E’ stato candidato all’Oscar sia come miglior film d’animazione, che per i migliori effetti visivi. Come sempre, o quasi, il titolo originale “Kubo and the Two Strings” ha ben altro significato e attinenza col film rispetto a quello con cui è stato distribuito da noi (sob!).