“Mezzogiorno e mezzo di fuoco” di Mel Brooks

(USA, 1974)

Agli inizi degli anni Settanta Andrew Bergman (newyorkese classe 1945) scrive la sua prima sceneggiatura “Blazing Saddles” (“Selle fiammeggianti”) che inaspettatamente la Warner Bros acquista. Lo stesso Bergman (che qualche anno dopo scriverà lo script dell’esilarante “Una strana coppia di suoceri” diretto da Arthur Hiller nel 1979) ne rimane stupito visto che la sua storia parla in maniera assai ironica e tagliente del “mitico” Far West e ha come protagonista uno sceriffo nientepopodimeno che …afroamericano.

La casa di produzione vorrebbe affidare la regia a Orson Welles e il ruolo da protagonista a James Earl Jones (che poi, fra le altre cose, presterà la voce a Dart Fener nei primi mitici episodi della saga di Guerre Stellari, nonché a Mufasa nel lungometraggio animato “Il re leone” della Disney) ma il progetto non riesce a decollare.

La Warner propone così la sceneggiatura al regista e autore di due commedie cinematografiche non convenzionali che hanno riscosso un certo successo: Mel Brooks, che chiama ad ampliare lo script, oltre che lo stesso Bergman, anche Norman Steinberg e Alan Uger. Inoltre, chiede alla produzione di inserire nel team un giovane e irriverente comico che sta riscuotendo un discreto successo in molti locali off: Richard Pryor.

La miscela è davvero esplosiva e il risultato è tanto divertente quanto fuori gli schemi. Brooks inizia così a selezionare il cast e visto che la Warner reputa Pryor inaffidabile assegna il ruolo del protagonista Bart a Cleavon Little, noto interprete di Broadway e vincitore del Tony Award come miglior attore protagonista di un musical nel 1970, primo attore afroamericano a vincerlo nella storia.

I problemi più seri arrivano per il ruolo di Waco Kid per il quale nessun attore interpellato è disponibile visti soprattutto i toni, gli argomenti affrontati e le battute volutamente razziste. Così Brooks si rivolge all’autore e interprete – col quale ha iniziato a scrivere quello che sarà il suo film successivo ovvero “Frankenstein Junior” – Gene Wilder, nonostante la sua giovane età rispetto al personaggio descritto originariamente nella sceneggiatura.

Per il ruolo del perfido e cattivo Hedley Lamarr, Brooks vorrebbe il regista e attore Carl Reiner (padre di Rob Reiner) che però è indisponibile, così “ripiega” su Harvey Korman, allora noto caratterista soprattutto della televisione. Per il personaggio di Lili von Shtupp, dichiaratamente ispirato a Marlene Dietrich, il regista deve trovare un’attrice avvenente, che sappia imitare la diva tedesca e al tempo stesso sappia far ridere. Così fa un provino a una giovane artista di Broadway reduce da una candidatura all’Oscar come migliore attrice non protagonista per il film “Paper Moon – Luna di carta”: Madeline Kahn, che riceverà una seconda candidatura all’Oscar proprio per questa nuova interpretazione.

Il resto del cast verrà composto da grandi caratteristi che poi lavoreranno molto spesso con Brooks come Dom DeLuise e Liam Dunn, nonché da Slim Pickens – nel ruolo di Taggart – unico vero, navigato e storico attore di film Western con un passato di clown da rodeo. Da ricordare anche due altri ottimi caratteristi: John Hillerman che poi diverrà famoso nel ruolo di Higgins nella serie “Magnum P.I.” e David Huddleston che, fra le numerose piccole parti, impersonerà anche il capitano McBride nell’inarrivabile “I 2 superpiedi quasi piatti” di Enzo Barboni.

Il resto è …storia del cinema. La pellicola sbanca al botteghino è diventa una pietra miliare non solo della comicità. Le numerose e strepitose gag segnano l’immaginario collettivo a partire da quella della cena nel vecchio e leggendario West a base di caffè, fagioli e …peti, passando per il discorso di insediamento di Bart o per il caotico e sui generis finale. Ma soprattutto “Mezzogiorno e mezzo di fuoco” punta il dito senza false ipocrisie e senza pietà sulla tragica piaga del razzismo negli Stati Uniti, prendendo ferocemente in giro uno dei “sacri” – e troppo spesso reazionari – elementi fondanti il Paese: il leggendario Western.

Intramontabile, da rivedere a intervalli regolari.

Per la chicca: Hedy Lamarr, nata in Austria e naturalizzata negli Stati Uniti nonché prima attrice nella storia del cinema ad apparire completamente nuda davanti alla macchina da presa nel film “Estasi” del 1933 (ma anche studentessa di Ingegneria a Vienna e inventrice assieme al compositore George Antheil di un sistema di guida a distanza per siluri, realizzato per contrastare l’espansione di Hitler e dell’Asse di Ferro, che è oggi alla base della tecnologia delle reti wireless) fece causa alla Warner per la gag surreale di cui era protagonista il cattivo Hedley Lamarr che tutti chiamavano erroneamente “Hedy” scambiandolo con l’attrice. Su richiesta dello stesso Brooks la casa di produzione pagò quanto richiesto senza ricorrere all’ufficio legale.

“Alta tensione” di Mel Brooks

(USA, 1977)

Già nei titoli di testa Mel Brooks dedica questo film a: “The Master of Suspense” Alfred Hitchcock che ha spaventato e continua a spaventare intere generazioni di spettatori.

Così Brooks realizza una parodia omaggio al maestro del brivido impersonando lui stesso il dottor Richard H. Thorndyke (dove la H sta per Harpo, citazione dei mitici fratelli Marx, a loro volta maestri di intere generazioni di comici) che viene nominato direttore sanitario dell'”Istituto Psico-Neurotico per Individui Molto Molto Nervosi”.

Il precedente reggente è morto in circostanze misteriose e Throndyke trova un’atmosfera inquieta e tesa. A dirigere la clinica sono Fratella Diesel (Cloris Leachman in ruolo molto simile a quello interpretato nel mitico “Frankenstein Junior“) e il dottor Montague (un sempre bravo Harvey Korman, fra i migliori caratteristi del periodo) legati da una “torbida” relazione amorosa.

Thorndyke vorrebbe prendere in mano la clinica, ma un importante convegno di neuropsichiatria lo chiama a San Francisco, dove incontra casualmente l’avvenente Victoria Brisbane (una irresistibile Madeline Kahn) figlia di un noto industriale che per un esaurimento nervoso è ospite dell'”Istituto “Psico-Neurotico per Individui Molto Molto Nervosi”. Thorndyke capisce così che Fratella Diesel e Montague gli hanno mentito e molto probabilmente sono loro i responsabili della morte del suo precedessore così come di altre considerate strani incidenti. Ma i due (…malvagi!) hanno inviato uno spietato killer per ucciderlo…

Deliziosa commedia diretta e interpretata del Re della parodie nella sua epoca d’oro, che segue pellicole immortali come “Mezzogiorno e mezzo di fuoco”, “Frankenstein Junior” e “L’ultima follia di Mel Brooks”, pellicole che hanno segnato la comicità in maniera profonda e che ancora oggi fanno scuola alle nuove generazioni di comici.

Il successo di questi film è dovuto, oltre alla grande verve comica dello steso Brooks, anche a un’ottima sceneggiatura e a un cast di prim’ordine. Lo script di questo film, infatti, è firmato dallo stesso regista assieme a Ron Clark, Rudy De Luca e Barry Levinson. Clark e De Luca sono due ottimi comici come Brooks, tanto che nel film rivestono ruoli secondari ma irresistibili, come quello del paziente timoroso/Clark che viene spaventato apposta da Montague, o quello dello spietato serial killer che impersona De Luca. Barry Levinson, tanto per la cronaca, che nel film interpreta il cameriere bizzoso che porta il giornale in camera a Thorndyke creando la strepitosa scena della parodia della doccia di “Psyco”, diventerà poco dopo un apprezzato regista dirigendo pellicole come “Piramide di paura“, “Good Morning, Vietnam”, “Rain Man – L’uomo della pioggia” per la quale vince l’Oscar come migliore regia e lo strepitoso “Sesso & potere” con la coppia De Niro/Hoffman.

Per quanto riguarda il cast, oltre ai numerosi artisti citati, deve essere ricordata senza dubbio Madeline Kahn grande interprete brillante non solo al cinema ma anche in teatro, visto che nella sua purtroppo non troppa lunga carriera (venne stroncata da un tumore nel 1999 a soli 57 anni) vinse un Tony Award e un Emmy Award come migliore attrice, collezionando numerose candidature fra Oscar e Golden Globe.

Le cronache del tempo riportano che lo stesso Hitchcock lesse la sceneggiatura prima delle riprese, ma è ufficiale che dopo aver visto il film completato inviò una cassa di champagne a Mel Brooks come ringraziamento.

Immortale, come i film del grande Hitch.

“Ma papà ti manda sola?” di Peter Bogdanovich

(USA, 1972)

Hollywood è in piena crisi: i grandi e “vecchi” divi così come i grandi e “vecchi” autori sembrano essere ormai molto lontano dal gusto del pubblico che è cambiato senza che le grandi major siano riuscite ad afferrarlo. E così la nuova linfa vitale della mecca del cinema arriva da quella zona chiamata Off-Hollywood (in chiaro riferimento alla Off-Broadway) dove lavorano attori e autori “fuori” dal sistema che sta inesorabilmente scricchiolando.

Poco prima dell’avvento epocale del Dreamteam formato dalla coppia “stellare” George Lucas-Steven Spielberg, archetipo della Off-Hollywood che diventerà colonna portante della futura Hollywood (circa il 13 percento dei maggiori incassi americani è imputabile proprio a loro due), rinasce la sophisticated comedy con questo “What’s Up Doc?”, nel suo titolo originale.

Peter Bogdanovich scrive il soggetto di una classica commedia degli equivoci e affida a Buck Henry (già sceneggiatore de “Il laureato” di Mike Nichols), David Newman e Robert Benton la sceneggiatura che ammicca palesemente al mitico “Susanna” con Katherine Hepburn e Cary Grant.

Howard Bannister (Ryan O’Neal) è un pacifico e formale musicologo che giunge a San Francisco assieme alla sua austera e volitiva fidanzata Eunice (Madeline Kahn) per conquistare il premio annuale di ventimila dollari creato dal milionario Frederick Larrabee (Austin Pendleton). Bannister è in lizza assieme all’antipatico e saccente Hugh Simon (Kenneth Mars) che è pronto a tutto pur di portarsi a casa i soldi del premio.

Ma sulla sua strada di Bannister incappa in Judy Maxwell (Barbra Streisand) giovane, brillante e indomabile studentessa che decide di aiutarlo a modo suo…

A quasi ormai cinquant’anni questa pellicola è sempre divertente e godibile fino all’ultima scena, grazie sopratutto alla deliziosa interpretazione di tutto il cast al completo. Non è un caso, quindi, che siano presenti alcuni degli attori che parteciperanno poi a storiche produzioni di Mel Brooks come “Mezzogiorno e mezzo di fuoco” e “Frankenstein Junior“. Kenneth Mars, Liam Dunn e, soprattutto, Madeline Kahn entreranno a far parte della squadra di Brooks e contribuiranno al successo dei suoi film.

Sempre in ruoli comprimari vanno ricordati anche Michael Murphy, Randy Quaid, John Hillerman e Sorrell Booke che qualche anno dopo impersonerà il perfido ma goffo Jefferson Davis Hogg, detto “Boss Hogg” nel telefilm “Hazzard”.

“Frankenstein Junior” di Mel Brooks

(USA, 1974)

Ogni battuta di questa straordinaria pellicola di Mel Brooks è impressa nella memoria di tutti, e non solo per una sceneggiatura irresistibile (firmata dallo stesso Brooks insieme a Gene Wilder), ma perché – anche a distanza di tanti anni – si intuisce che sul quel set, come in pochi altri nella storia del cinema, si creò un’atmosfera e un feeling così speciale che permisero di dare vita a uno dei capolavori comici di tutti i tempi.

Un esempio è la gobba “mobile” di Ygor (un grande e indimenticabile Marty Feldman), che non era nella sceneggiatura originale, ma una trovata dello stesso Feldman per prendere in giro i colleghi sul set.

Altro esempio – e purtroppo parliamo ancora di un’altra grande artista scomparsa prematuramente – è quello di Madeline Kahn che era stata scelta per il ruolo di Inga, ma che chiese espressamente a Brooks di fare Elizabeth nei panni della quale si sarebbe divertita di più (e dalle torto!).

Anche se Mel Brooks ha firmato altre divertenti commedie e parodie, questa rimane indiscutibilmente la migliore. Indimenticabili, infatti, sono le interpretazioni di tutti, anche in ruoli secondari come Cloris Leachman, Kenneth Mars e Liam Dunn.

Adesso leggi ad alta voce: “FRAU BLÜCHER” …e dimmi se non senti il nitrito dei cavalli?!