“Adèle e l’enigma del faraone” di Luc Besson

(Francia, 2010)

Luc Besson torna a parlarci di una donna fuori dal comune. Così come Nikita, Algel-A o Lucy, anche Adèle Blanc-Sec è una donna che non si ferma davanti all’ottusità degli uomini che spesso incontra.

Tratto dai fumetti di Jacques Tardi “Adèle e l’enigma del faraone” è una versione al femminile, come ha detto lo stesso Besson, di Indiana Jones. L’amore per il cinema spettacolare americano Besson non lo ha mai nascosto, anzi, spesso come ne “Il quinto elemento” ha dimostrato di poterci tranquillamente competere.

4 novembre 1911, la scrittrice e giornalista Adèle Blanc-Sec (Louise Bourgoin) è nell’antico Egitto alla ricerca della mummia del medico personale del potente faraone Ramsete II. Fra ladri di tombe, trappole mortali e il perfido Dieleveult (Mathieu Amalric) Adèle riesce e tornare a Parigi con la salma tanto desiderata.

Intanto, la capitale francese è scolvolta da uno strano e grande uccello, che molti identificano come uno pterodattilo, e causa della morte di tre persone…

Con scene spettacolari e tanta ironia, Besson firma un’altra pellicola d’azione al femminile, godibile e divertente per tutte le età.

“Il quinto elemento” di Luc Besson

(Francia/USA, 1997)

Alla fine dello scorso millennio il regista francese Luc Besson dirige il film più costoso mai girato in Europa – fino a quel momento – riscuotendo al botteghino un successo clamoroso.

Con una storia classica e universale che Besson ha anche il merito di raccontare con estro, maestria e originalità, “Il quinto elemento” è uno dei film di fantascienza più riusciti degli ultimi anni.

Alla soglia, dopo cinquemila anni, del ritorno nell’universo del male assoluto, l’ex soldato delle truppe speciali della Galassia e ora tassista Korben Dallas (Bruce Willis) incappa casualmente in Leeloo (Milla Jovovich).

La ragazza, frastornata, è il Quinto Elemento, l’unica cosa in grado di fermare il male assoluto che già ai confini della galassia ha iniziato a minacciare la vita. Ed è tornata sulla Terra, dopo tanto tempo, per salvarla…

Godibilissima pellicola ricca di effetti speciali, gag e camei con la quale Besson dimostra che anche da questa parte dell’oceano siamo in grado di fra film spettacolari. Come sempre il cineasta francese racconta una donna molto speciale.

Memorabile Gary Oldman nei panni del cattivo…

“Gloria – Una notte d’estate” di John Cassavetes

(USA, 1980)

A partire dai fantastici titoli di testa, questa è una delle più belle pellicole del cinema americano indipendente, firmata e diretta dal suo maestro indiscusso John Cassavetes.

In una fatiscente palazzina del Bronx, la famiglia di un piccolo contabile della criminalità organizzata è sotto assedio. L’uomo, in un momento di follia e pensando davvero di cavarsela, ha sottratto un libro mastro.

Prima che i sicari del suo capo vengano a sterminare tutta la famiglia del contabile, la giovane moglie del ragioniere fa appena in tempo a portare dalla loro vicina Gloria (una bellissima e bravissima Gena Rowlands) il loro figlio minore Phil (John Adames).

Gloria, un’avvenente donna di mezz’età, è un ex ballerina che ha avuto una storia con uno dei boss della città, e forse per questo è riuscita a mettersi un piccolo gruzzolo da parte. Il piccolo Phil arriva proprio mentre lei si sta preparando a ritirarsi per godersi i soldi risparmiati.

Le basterebbe una telefonata per consegnare il bambino e andarsene via più ricca, visto che il contabile lavorava proprio per il suo ex. Ma l’animo umano è pieno di contraddizioni, e la sua natura è spesso indomabile, così per salvare la vita al piccolo Phil, a cui lei non sta neanche simpatica, Gloria sfida la criminalità di un’intera città…

Leone d’Oro come miglior film alla Mostra del Cinema di Venezia, mentre Gena Rowlands (compagna di vita di Cassavetes), giustamente colleziona la candidatura all’Oscar e al Golden Globe come migliore attrice protagonista.

Le similitudini con il “Leon” di Luc Besson non sono casuali, soprattutto perché il cineasta francese è un dichiarato amante del cinema americano. Nel 1997 Sidney Lumet gira il remake con Sharon Stone nel ruolo della protagonista.

“Nikita” di Luc Besson

(Italia/Francia, 1990)

Non ho resisto! Dopo aver visto al cinema “Lucy”, ieri sera mi sono rivisto in “Nikita”.

La prima volta lo ammirai al cinema nel lontano 1990, e mi rimase talmente impresso che ancora oggi ricordo la sala in cui lo vidi.

Besson si era già fatto conoscere con “Subway”, ma con “Nikita” ruppe gli schemi e divenne un regista ambito anche da Hollywood.

Con delle scene d’azione mozzafiato e una sublime colonna sonora, Besson ci racconta la storia di una ragazza, neanche vent’enne, “fuori” e ormai senza speranza che lo Stato – sapientemente cinico – decide di “educare” ai proprio loschi e indicibili scopi. Ma Nikita alla fine riscoprirà la sua anima…

Una splendida e indimenticabile interpretazione della bellissima Anne Parillaud (che rimarrà fatalmente legata a questo personaggio) e un’altrettanta strepitosa regia fanno di “Nikita” un cult degli anni Novanta, che ancora oggi si continua a copiare (la lunga lista dei remake e degli spin-off televisivi la dice lunga), dal quale nascerà un nuovo tipo di donna-eroina cinematografica che troverà uno dei suoi culmini in “Kill Bill”, realizzato oltre 12 anni dopo.

Per la chicca: non ci scordiamo la piccola ma indimenticabile interpretazione di Jean Reno nei panni inquietanti dell’implacabile “eliminatore”.

“Lucy” di Luc Besson

(Francia, 2014)

Se Simone de Beauvoir sosteneva che “Tutti gli uomini sono mortali”, Luc Besson ci dice – e come dargli torto?! – che invece sono le donne a essere immortali.

Loro che possono direttamente riprodursi e tramandare tutto il loro bagaglio genetico e la loro conoscenza.

Non è un caso perciò che il primo esemplare ritrovato di ominide con caratteristiche di bipede, risalente a circa 3,2 milioni di anni fa, sia proprio una femmina, che venne poi chiamata Lucy in omaggio alla canzone “Lucy in the Sky with Diamonds” dei Beatles.

E non è un caso neanche che la protagonista di questa affascinante pellicola si chiami appunto Lucy, incarnata da una seducente e bravissima Scarlett Johansson.

Con alcune splendide sequenze, che richiamano “Tree of Life” di Terrence Malick, Besson – come accade molto spesso – firma un ritratto-inno di una donna speciale che rompe le regole (come in “Nikita”, “Giovanna d’Arco” e “Adelè e l’enigma del faraone” tanto per citarne alcuni) e da cui gli uomini non possono fare altro che imparare.