“La Dea” di Lorenzo Mediano

(Cairo Editore, 2010)

La tradizione matriarcale nella nostra cultura ormai sembra un ricordo ancestrale, anche se in alcune zone del nostro Paese la volontà e la saggezza della donne sono ancora, fortunatamente, riconosciute e rispettate.

Ma di fatto il potere è in mano, da millenni, agli uomini. Sia quello politico che quello religioso. Alle donne è relegato il ruolo, al massimo, di “consigliere” in secondo piano. L’esiguo numero di donne, ad oggi, in ruoli chiave del nostro Belpaese lo conferma abbondantamente.

Ma non è sempre stato così.

Lo scrittore spagnolo Lorenzo Mediano ne è certo e così ha ricostruito quello che, alle soglie del Neolitico circa 10.000 anni fa nella culla della civiltà che è stata la Mesopotamia, potrebbe essere accaduto.

Il mondo allora conosciuto era composto da villaggi che riuscivano a sopravvivere soprattutto grazie alle coltivazioni che erano gestite esclusivamente dalle donne. Le stesse avevano di fatto in mano la società e il culto della Dea dominava inconstrastato. Era infatti la Madre, in ogni villaggio, a gestire e occuparsi di tutti i suoi membri. Agli uomini era relegato il ruolo di caprai, visto che ormai la caccia era sempre meno redditizia.

Gli essere umani di sesso maschile erano considerati quindi inferiori e non avevano scelta: dovevano obbedire alla volontà della Dea che tramandava la sua preziosa conoscenza solo alle donne. Ma…

Affascinante romanzo cruento duro e crudo, come doveva essere la vita dei nostri antenati, e che non lascia un attimo di respiro. Impossibile non ripensare a quello che diceva, a proposito di differenze fra i sessi, il grande maestro François Truffaut: “Le donne sono delle professioniste, mentre gli uomini sono dei dilettanti”.