“Le avventure di Laura Storm” di Leo Chiosso e Camillo Mastrocinque

(Italia, 1965/66)

Questa serie poliziesca, con un forte accento di commedia, nasce come risposta a quella molto bogartiana de “Il tentente Sheridan” con Ubaldo Lay. Ma, nonostante ciò, a distanza di cinquant’anni possiede ancora elementi particolari e innovativi che quella con Lay non ha.

Ideata da Leo Chiosso – uno dei più famosi parolieri del nostro Novecento – e Camillo Mastrocinque – uno dei maestri della grande commedia all’italiana – questa serie è andata in onda in otto puntate dal 1965 al 1966.

Laura Perrucchetti (una affascinante quanto brava Lauretta Masiero) lavora come giornalista presso il giornale “L’Eco della Notte” usando lo pseudonimo di Laura Storm per firmare i suoi articoli, incentrati sempre sulla moda e la mondanità. Ma Laura è una donna molto particolare: ama le arti marziali, è indipendente, fuma e ha una relazione fatta di alti e bassi col suo direttore Carlo Steni (Aldo Giuffrè). Lei vorrebbe dedicarsi alla cronaca nera, ma Steni si oppone fino a quando la stessa Storm non è implicata direttamente in un misterioso delitto.

Nel cast fisso appaiono anche Oreste Lionello e Stefano Sibaldi. E Andrea Camilleri, così come nelle “Inchieste del Commissario Maigret” con Cervi, è il delegato della produzione. Ma al di là dei casi gialli specifici, che spesso sono molto semplici, ciò che ancora colpisce è la modernità della figura della protagonista, che spesso le dà di santa ragione a maschi bruti e prepotenti.

Si può solo immaginare la reazione indignata di molti ben pensanti che vedendola in tv sbuffarono furenti. La RAI la trasmise in seconda serata. Non ci scordiamo che noi, fino a non troppi anni fa, eravamo il Paese del delitto d’onore, dove la Legge cancellava le condanne per stupro se l’aguzzino accettava di sposare la sua vittima. E’ importante ricordare pure che nel 1965 non c’era ancora il divorzio, e l’aborto era vergognosamente ancora illegale.

Nei dialoghi si respira l’aria di quella rivoluzione sociale che sta per arrivare (ma che poi cambierà molto poco rispetto a quello che aveva promesso) grazie alla quale le donne finalmente pretenderanno i loro diritti. Davvero un documento sulla nostra società che stava cambiando. Da vedere, ovviamente solo in rete, visto che è introvabile altrove.

Per la chicca: la sigla finale, scritta da Chiosso e Dorelli, allora compagno della Masiero, è cantata da un giovane Fausto Leali.