“Un giorno di pioggia a New York” di Woody Allen

(USA, 2019)

Il genio di Woody Allen ci racconta una nuova e deliziosa storia ambientata nella sua lucente e romantica New York.

Conoscendo l’autore newyorkese non si può fare a meno di ritrovare alcune sue caratteristiche in Gatsby Welles (Timothée Chalamet), studente presso l’Università di Yeardley e secondo genito di una ricca famiglia repubblicana di Manhattan.

Con la sua fidanzata Ashleigh (una bravissima Elle Fanning), figlia di un ricco proprietario di banche di Tucson, Gatsby (il cui nome rimanda ovviamente al mondo e all’immaginario del grande Francis Scott Fitzgerlad) decide di passare un weekend a New York all’insaputa dei suoi genitori.

L’occasione gliela fornisce il giornale del college che ha ottenuto per Ashleigh un’intervista con il regista Roland Pollard (Liev Schreiber) sul suo ultimo film che è in uscita. Gatsby, che possiede un animo nostalgico, ama le canzoni di Irwing Berlin e New York soprattutto quando piove, è desideroso di far conoscere i suoi posti “cari” alla fidanzata, ma…

Raffinata e piacevole “sofisticated comedy” alla Woody Allen, che ci ricorda, come dice Shannon (Selena Gomez) a Gatsby, che: “…La vita vera è per quelli che non hanno niente di meglio”.

La produzione di questo film è stata investita dalla scandalo relativo al caso Weinstein, e al successivo movimento “Me Too”, a causa di un’accusa relativa a una presunta aggressione sessuale dello stesso Woody Allen ai danni di una delle figlie adottive di Mia Farrow, accusa risalente al 1992, periodo della loro burrascosa separazione.

Alcuni attori del cast si sono “pentiti” pubblicamente di aver lavorato con Allen, altri hanno donato il loro cachet a organizzazioni contro le violenze su donne e minori. Gli stessi Amazon Studios, che si erano impegnati a distribuire il film, hanno sospeso la programmazione. La cosa ha acceso una causa con il regista che chiedeva danni per 68 milioni di dollari. Si è giunti ad un accordo e gli Amazon Studios hanno restituito i diritti di distribuzione al cineasta.

Allen, a proposito le accuse, ha affermato di essere completamente estraneo alla cosa tanto da poter essere rappresentato nel manifesto del movimento “Me Too”.

“Animali fantastici: i crimini di Grindewald” di David Yates

(USA/UK, 2018)

Siamo nel 1927 e il famigerato Gellert Grindewald (un cattivissimo Johnny Depp) deve essere trasferito dalle oscure prigioni del Ministero della Magia Americano in quelle del Ministero della Magia Britannico.

Oltre ad essere uno fra i più potenti maghi viventi (come lui c’è forse solo Albus Silente), Grindelwald è un grande persuasore e affabulatore, tanto che al Ministero Americano gli hanno asportato la lingua. Feroce e terribile punizione, che però non basterà ad impedirgli di fuggire, attraversando la strada, e la vita, di Newt Scalamander (un sempre bravo Eddie Redmaune).

Inizia così il secondo episodio – scritto per il cinema appositamente dalla stessa J.K. Rowling – di “Animali fanstatici”, prequel della seria di Harry Potter.

Siamo a metà del Primo Dopoguerra e il mondo sembra non rendersi conto di avvicinarsi sempre più al baratro di un nuovo conflitto mondiale.

E Gridelwald assomiglia tanto – se non fisicamente, di certo per le cose che dice e che realizza – a quell’Adolph Hitler che per molto tempo – troppo – si è accattivato le simpatie di buona parte del mondo; fiino a quando i suoi piani allucinanti e i suoi feroci e criminali progetti non hanno incendiato il nostro pianeta.

La penna magica – e ditemi che la definizione non calza a pennello – della grande scrittrice scozzese, come sempre, ci racconta magistralmente di mostri, che molto spesso hanno un bellissimo aspetto, e di creature mostruose con un cuore più grande di una città.

Per la chicca: strepitoso Jude Law che veste i panni di un giovane e sornione Silente.

“Gattaca – La porta dell’universo” di Andrew Niccol

(USA, 1997)

Ma il destino di un essere umano è davvero scritto nel suo DNA?

A questa domanda risponde splendidamente il film diretto da Andrew Niccol già sceneggiatore, fra le altre cose, di “The Truman Show”.

G A C T sono le lettere iniziali delle quattro basi azotate che compongono il DNA: l’Adenina, la Citosina, la Timina e la Guanina: da cui il titolo GATTACA.

Per la seconda parte de titolo – che esiste solo in Italia – “La porta dell’universo”, forse si tratta di uno “astuto” quanto inspiegabile richiamo al film “Stargate”, uscito qualche anno prima (che molti hanno ribattezzato “Starcagate”) e che con questa bellissima pellicola – fortunatamente – non c’entra niente.

Vincent Freeman (Ethan Hawke) – e il nome dice tutto – è uno degli ultimi nati senza l’intervento di un laboratorio specializzato nel creare esseri umani geneticamente perfetti e senza tare.

E’ indiscusso quindi che il suo sogno di diventare navigatore stellare sia impossibile, la concorrenza degli individui perfetti, nuova aristocrazia umana, è imbattibile. Ma la vita, nel corso dei millenni, ha sempre trovato una strada tutta sua…

Nel cast, oltre a Hawke, una bellissima Uma Thurman, un inquietante Jude Law e un grande Gore Vidal. Produce, fra gli altri, anche il grande Danny DeVito.

Da vedere a intervalli regolari.