“The Artist” di Michel Hazanavicius

(Francia, 2011)

Non è passato neanche un secolo dall’avvento del sonoro, ma ormai per molti il cinema sembra essere esistito solo così. E invece no, chi ama o studia la storia del cinema – e il cinema stesso – non può non conoscere gli albori e i primi decenni dell’arte magica, che è nata e si è sviluppata nel mondo senza il sonoro.

E non per questo non ha saputo regalarci capolavori immortali, sia da piangere che da ridere. Il primo nome è ovviamente quello di Charlie Chaplin, genio universale che ha sempre palesato il suo scetticismo verso il sonoro, o anche quello di Fritz Lang che invece lo seppe conciliare con le sue grandi doti artistiche. Ma il cinema muto non è stato fatto solo da Chaplin o da Lang. C’è stato tanto altro che ancora, magari ignorandolo, indirettamente ritroviamo comunque nei film contemporanei.

Con questo spirito lo sceneggiatore, produttore e regista francese Michel Hazanavicius scrive e dirige “The Artist”, ispirato alla vita di John Gilbert, star indiscussa del muto e partner sul grande schermo – e per un breve periodo anche nella vita – della divina Greta Garbo, e che fu travolto e subito dimenticato con l’avvento del sonoro, tanto da morire solo, povero e alcolizzato a trentotto anni.

Los Angeles, 1927. George Valentin (che ha il volto e il sorriso fascinoso di Jean Dujardin), e il riferimento a Rodolfo Valentino non è casuale, è una delle star di Hollywood. Il suo nome, nei titoli di testa, garantisce a ogni film incassi milionari.

Quando Al Zimmer (John Goodman) il presidente della sua grande casa di produzione cinematografica, gli mostra i primi cortometraggi sonori, Valentin ride divertito. Durante la prima del suo ultimo film, l’attore urta casualmente con una giovane ragazza del pubblico, Peppy Miller (Bérénice Bejo), e il piccolo incidente finisce sulla prima pagina di Variety.

Se il grande attore lo dimentica subito Peppy, invece, ne rimane letteralmente incantata. La ragazza ammira profondamente l’attore visto che il suo sogno è fare cinema, anche se è solo una semplice comparsa. Ma la sorte è benevola e la Miller lentamente diventa una comparsa sempre più prestigiosa, tanto da arrivare a dover girare una breve scena di ballo assieme proprio al suo idolo Valentin.

Intanto, il sonoro arriva nelle sale e, come previsto da alcuni addetti ai lavori, sconvolge per sempre il mondo del cinema. Le grandi star, come Valentin, si rifiutano di “parlare” e così i produttori non si fanno scrupoli nel licenziarli. La Mecca del Cinema ha bisogno di nuovi volti che sappiano soprattutto parlare e Peppy Miller è uno di questi. Così, mentre la stella di Valentin inesorabilmente tramonta, nel cielo inizia a brillare quella di Peppy…

Splendido e geniale omaggio al cinema muto fatto realizzando un film muto, e in bianco e nero, che ci ricorda da dove tutto è cominciato. Numerosi e divertenti i camei di noti attori come: James Cromwell, Malcom McDowell, Penelope Ann Miller, Joel Murray, Ed Lauter, Missie Pyle e Basil Hoffman.

Il film vince, giustamente, 6 premi César, 3 Golden Globe, e ottiene 10 candidature e 5 Oscar: miglior film, miglior regia a Hazanavicius, miglior attore protagonista a Dujardin, migliori costumi e miglior colonna sonora, grazie anche all’utilizzo del tema scritto dal maestro Bernard Herrmann per il film “La donna che visse due volte” di Alfred Hitchcock, maestro che all’epoca del muto – guarda un pò… – era già famoso.

“10 Cloverfield Lane” di Dan Trachtenberg

(USA, 2016)

Scritto da Josh Campbell, Matthew Stuecken e Damien Chazelle (già sceneggiatore e regista di “Whiplash” e “La La Land”) diretto da Dan Trachtenberg e, soprattutto, prodotto dal nuovo genio di Hollywood J.J.Abrams, “10 Cloverfield Lane” ti inchioda alla poltrona fino all’ultimo fotogramma.

Se da una parte possiede caratteri classici e claustrofobici di un thriller psicologico (tratti che ricordano fin troppo chiaramente la serie “Lost”) dall’altra è una chiaro riferimento al “Cloverfield” diretto da Matt Reeves nel 2008 e sempre prodotto da Abrams.

Michelle (una bravissima Mary Elizabeth Winstead) lascia il suo ragazzo Ben (la cui voce nella versione originale è di Bradley Cooper) e parte con la sua auto verso la Luisiana. Con lo scorrere delle ore arriva il buio e proprio poco dopo il tramonto la ragazza, ascoltando l’ennesimo messaggio del suo ex sulla segreteria del cellulare, ha un grave incidente.

Si risveglia con una notevole, ma ben curata, ferita sulla gamba e allo stesso tempo incatenata al materasso dentro una stanza di cemento senza finestre. Dopo un tempo che sembra infinito la porta rumorosamente si apre ed entra Howard (uno stratosferico John Goodman) che le porta il pranzo.

L’uomo le racconta quello che lei non ricorda: l’ha trovata gravemente ferita sul ciglio della strada e l’ha portata con se visto che il loro Paese è sotto un feroce attacco chimico. Adesso sono al sicuro nel suo bunker. Michelle non crede a una solo parola, ma quando scopre che nel bunker c’è anche Emmet (John Gallagher Jr.) un giovane vicino di casa di Howard che, non solo conferma la storia, ma le racconta anche che ha dovuto combattere con l’uomo per entrarci, la ragazza rimane perplessa. 

Michelle è sempre titubante e, con uno stratagemma, riesce a impadronirsi delle chiavi per uscire. Ma giunta alla porta esterna dal vetro vede…

Davvero un film tosto. Sconsigliato ai deboli di cuore e con un John Goodman in stato di grazia. Se davvero volete fare i superbi vedetevelo la notte, da soli, in una remota casa di campagna…  tzé!

“Il grande Lebowsky” di Joel Coen

(USA/UK, 1998)

Questa, per me, è l’opera cinematografica più grande di Joel ed Ethan Coen.

E’ il film più riuscito e geniale. Con un cast strepitoso a partire da Jeff Bridges che ingiustamente non vincerà l’Oscar per la sua magistrale interpretazione, a John Goodman il cui personaggio è ispirato – dicono alcuni rumors – al regista John Milius, a Steve Buscemi, all’algida Julianne Moore e all’allora poco conosciuto Philip Seymour Hoffman nei panni di Brandt, giovane lacchè del ricco e omonimo magnate Lebowski.

Le vicende cui è protagonista il Drugo hanno fatto storia nel cinema e nella cultura contemporanea. Il tutto con lo sfondo di un’America dei primi anni Novanta alle prese con la prima e allora “innocente” invasione del Kuwait da parte delle truppe di Saddam Hussein.

Un’America estrema quindi, molto simile a quella di oggi, che è fin troppo ben rappresentata da Walter (un grandioso Goodman appunto) razzista e reazionario dalla pistola facile, ma che ha nel bowling la sua religione. Il tutto narrato da un affascinante, elegante e pulito Straniero che ha i baffi e la voce calda di Sam Elliot.

Grandioso cameo di John Turturro che lecca una palla da bowling, così come sono fantastici i trip che si fa il Drugo…

Copiato di continuo, è un film indispensabile in ogni cineteca degna di questo nome.