“MicroCosmos – Il popolo dell’erba” di Claude Nuridsany e Marie Pérennou

(Francia/Svizzera/Italia, 1996)

Questi 73 minuti di documentario sono fra i più emozionanti e spettacolari del cinema degli ultimi trent’anni. La cosa stupisce ancora di più se si pensa che i suoi protagonisti sono dei “comuni” insetti che fanno parte del nostro habitat di europei.

Da sopra le nuvole caliamo direttamente in un prato della campagna francese – che potrebbe essere tranquillamente quella italiana – ed entriamo in un mondo microscopico che abbiamo tutti i giorni sotto agli occhi, ma che siamo troppo grandi – o troppo distratti… – per vedere.

Così assistiamo a 24 ore nella vita degli insetti che popolano piante, alberi e specchi d’acqua. La lotta per la sopravvivenza è epica e assistiamo a come la Natura, nel corso dei millenni, si è ingegnata per sopravvivere. Uno dei miei professori di Scienze asseriva che se solo gli insetti avessero avuto mediamente le dimensioni di un passerotto, per quanti sono e per come si sono evoluti, non avrebbero lasciato spazio all’essere umano.

Ignoro se questa affermazione sia davvero scientificamente provata, ma sta di fatto che solo la biodiversità oggi può salvare il nostro pianeta, gravemente malato.

Cinque anni di lavorazione: due di pre-produzione e tre di riprese, in uno studio appositamente realizzato in campagna dove venivano girati anche gli esterni. La voce narrante, nella versione originale, è quella dell’attore Jacques Perrin (che ha dato il volto al Salvatore adulto in “Nuovo Cinema Paradiso” di Giuseppe Tornatore ed interprete, fra gli altri, de “Il patto dei lupi” di Christophe Gans) che ha anche prodotto la pellicola.

Indimenticabile, fra le molte scene davvero emozionanti, è la nascita di una zanzara che, sulle acque di uno stagno, da larva diventa maestosamente quell’insopportabile insetto che ci tortura tutta l’estate.

Da vedere.

“Il patto dei lupi” di Christophe Gans

(Francia, 2001)

Tra il 1764 e il 1767 un grande animale antropofago – la storia ufficiale parla di un grosso lupo – terrorizzò le contrade del Gévaudan (oggi Lozère) uccidendo centinaia di persone, fra cui giovani donne e bambini. Ispirandosi a questi tragici fatti e, soprattutto, al clima prerivoluzionario che vedeva una nobiltà opulenta e corrotta, Stéphane Cabel e lo stesso Christophe Gans scrivono “Il patto dei lupi”, un fantasy horror davvero ben riuscito.

A poche ore dall’alba in cui verrà portato sul patibolo e giustiziato sull’onda della Rivoluzione appena scoppiata, l’anziano Marchese d’Apcher (Jacques Perrin) scrive il suo resoconto sulla storia della Bestia del Gévaudan, che flagellò le sue terre molti anni prima e del cui epilogo lui fu fra i pochi testimoni oculari.

Nel 1764 il Re Luigi XV, preoccupato per le numerosi morti fra i contadini del Gévaudan, invia il suo esperto di animali e piante selvatiche, il cavaliere Grégoire De Fronsac (Samuel Le Bihan) accompagnato dal suo fido assistente l’irochese Mani (Mark Dacascos).

Il clima a Gévaudan è cupo e inospitale per i due forestieri, uniche eccezioni sono il giovane Marchese d’Apcher, che lo ospita e lo sostiene in tutte le sue ricerche, e la giovane nobildonna Marianne de Morangias (Émilie Dequenne), il cui fratello Jean-Francois (Vincent Cassel) invece è fra i più ostili e arroganti nobili della regione. Preso dalla sconforto, una sera De Fronsac si rifugia in un bordello dove incontra la bellissima fiorentina Sylvia (Monica Bellucci) anche lei stranamente interessata alla Bestia.

Le numerose battute di caccia non danno l’esito sperato: il mostruoso animale riesce sempre a sfuggire anticipando puntualmente ogni trappola, come se fosse guidato da un essere umano…

Con un finale ovviamente a sorpresa, questo horror gotico ci tiene seduti sulla poltrona per quasi due ore senza pause, e ci ricorda che la bestia più feroce …è sempre l’essere umano.

Adatto per passare una serata da brivido, con la luna piena che troneggia su boschi oscuri. …Occhio!