“Shantaram” di Gregory David Roberts

(Neri Pozza, 2007)

Ci sono biografie che aiutano a comprendere un’epoca e un luogo, e questa autobiografia di Roberts ci illumina su una nazione e sul suo popolo: l’India.

Gregory David Roberts è un giovane attivista politico australiano, che viene condannato a 19 anni di carcere per le rapine commesse. Roberts è anche un tossicodipendente, e la vita nel carcere è sempre più insostenibile, per questo decide di evadere e di espatriare.

I suoi mezzi gli permettono una fuga sicura fino a Bombay (allora si chiamava ancora così, parliamo della fine degli anni Settanta) dove Roberts decide di stabilirsi.

Col passare del tempo entrerà sempre più nel tessuto della città e della nazione che lo ospitano. Le esperienze, a volte sublimi e a volte tragiche, lo porteranno finalmente a ritrovare se stesso.

Con gli occhi di Roberts scopriamo la vita negli Slum, il “Leopold Cafè” (che qualche anno fa è stato davvero vittima di un attentato sanguinario), la vita nelle infernali carceri indiane, il combattere per sopravvivere e soprattutto il grande spirito di accoglienza che è insito nel popolo che abita il sub continente indiano.

Chi si spaventa – sbagliando – per le dimensioni dell’edizione cartacea si compri un e-reader!

Nel giugno del 2007 ho avuto la fortuna di incontrare Roberts in una libreria romana mentre presentava il suo libro. Ho avuto il piacere di parlare con lui per molto tempo, non solo del suo splendido testo ma anche di altri autori come ad esempio Stephen King, convenendo entrambi che uno dei pochi adattamenti all’altezza delle sue opere è la prima serie televisiva “L’ombra dello scorpione“. E mentre mi parlava non potevo fare a meno di osservare il suo corpo tonico e teso come quello di un atleta, il suo viso segnato dalla vita e il suo sguardo da pantera pronta a vendere cara la pelle.

Indimenticabile.