“Mr. Ove” di Hannes Holm

(Svezia, 2015)

Nel 2014 lo svedese Fredrik Backman (classe 1981) pubblica il romanzo “L’uomo che metteva in ordine il mondo” che riscuote un ottimo successo, non solo in patria. L’anno successivo Hannes Holm realizza l’adattamento cinematografico del romanzo, di cui scrive anche la sceneggiatura.

Ove Lindahl (Rolf Lassgård, che è stato il primo attore, a partire dalla metà degli anni Novanta, ad impersonare davanti alla macchina da presa il commissario Kurt Wallander, creato dallo scrittore Henning Mankell) è un uomo solitario e scontroso con tutti. Vive da solo nella sua villetta in un comprensorio di cui è stato presidente finché tutti gli inquilini, compreso il suo ex amico e vicino Rune, non lo hanno sfiduciato per la sua insopportabile precisione e burbera arroganza nel far rispettare a tutti le regole, senza eccezioni.

Come suo padre, anche Ove ha sempre lavorato presso l’officina locale delle ferrovie svedesi, ma superati i sessant’anni, appena raggiunta l’anzianità, viene rapidamente pensionato. All’uomo, oltre alla lapide della sua amata moglie Sonya (Ida Engvoll), non rimane nient’altro e così decide di tornare a casa e suicidarsi per poterla finalmente raggiungere.

Ma proprio mentre sta per compiere l’insano gesto, viene interrotto dai suoi nuovi vicini: Parvaneh (Bahar Pars) e Patrick (Tobia Almborg), lei persiana e lui svedese, da poco diventati i suoi nuovi e “molesti” – secondo Ove, visto che hanno due bambine piccole e sono in attesa della terza – vicini.

Ma la tenacia e la volontà di Ove sono granitiche, e così tenterà più di una volta di togliersi la vita, ed ogni volta rivivrà i momenti più determinanti e segnanti della sua esistenza, dalla morte della madre quando era ancora un bambino, all’incontro casuale con la sua amata Sonja. Anche a Parvaneh, Ove racconterà le sue fortune e le sue sfortune, tanto che alla fine la donna comprenderà l’essenza di un uomo complicato che ha avuto un’esistenza ancora più complicata di lui…

Deliziosa e malinconica riflessione sull’esistenza e, soprattutto, sul senso di questa, che indipendentemente dalla latitudine in cui si vive non è mai semplice e lineare. Ma anche un atto d’amore per tutte quelle persone che non sono comprese e quindi spesso ignorate ed escluse dalla società che sempre più spesso idolatra solo i vincenti.

Le pellicola viene candidata a due Oscar, quello per il miglior film straniero e quello per il miglior trucco, proprio per l’incredibile trasformazione di Rolf Lassgård. Nel 2022 Marc Forster dirige l’adattamento hollywoodiano del romanzo di Backman dal titolo “Non così vicino” con Tom Hanks nel ruolo del protagonista.

“Il giovane Wallander” di Ben Harris

(UK, 2020)

Nel 1991 viene pubblicato in Svezia “Assassinio senza volto” di Henning Mankell, in cui appare per la pima volta fra le righe di un libro il commissario Kurt Wallander. Dopo Martin Beck, nato dalla penna geniale della coppia Maj Sjöwall e Per Wahlöö, Kurt Wallander è senza dubbio il commissario più famoso della Scandinavia, protagonista di una dozzina di libri che nel corso degli anni sono stati tradotti in quasi tutte le lingue.

Purtroppo Mankell è scomparso nel 2015 dopo aver combattuto strenuamente contro un cancro, facendo fede al credo del suo personaggio più famoso: “…non arrendersi mai”. Così, noi tristi lettori, ci eravamo già rassegnati a non vivere più una nuova indagine del suo commissario, ma dallo scorso 3 settembre è disponibile su Netflix la serie, di produzione inglese e in sei puntate, “Il giovane Wallander” ideata da Ben Harris.

Sulla scia del maestro Andrea Camilleri che in maniera geniale ha donato nuovo spunto e fascino al suo già intramontabile commissario televisivo ideando “Il giovane Montalbano”, Harris torna alle origini. La serie inizia infatti quando il “giovane” Kurt è ancora un semplice agente della Polizia svedese che ha scelto di vivere in una delle periferie più disagiate di Malmö, nella Scania meridionale.

Una sera, proprio sotto il piccolo e solitario appartamento in cui vive Wallander (Adam Pålsson), davanti ai suoi occhi, viene fatta esplodere una granata nella bocca di un ragazzo. La tragedia non fa altro che alimentare la feroce e reazionaria protesta di alcuni svedesi, che vedono negli immigrati che la città sta accogliendo la ragione di ogni male e violenza nel loro Paese.

Proprio perché sul posto al momento del delitto e residente nel quartiere, Wallander viene trasferito quasi di peso nella sezione Grandi Crimini della Polizia di Malmö. A volerlo è il responsabile, il sovrintendete Hemberg (Richard Dillane) che per primo intravede nel giovane le sue grandi doti investigative. Ma…

Gradevole e intrigante serie giallo/noir che centra l’animo del Wallander di Mankell, che in “Assassino senza volto” esterna il suo credo: “Il concetto di giustizia non significa solo che le persone che commettono reati vengano condannate. Significa anche non arrendersi mai”. Così come all’attenzione che Mankell poneva in favore dei più deboli della società come gli immigrati o il sub proletariato urbano.

Ottimo connubio artistico fra la Gran Bretagna e la Svezia che di fatto sono i genitori storici del grande giallo europeo.

“Assassino senza volto” di Henning Mankell

(Marsilio, 2015)

Lo scrittore svedese Henning Mankell (1948-2015) è considerato, giustamente, uno degli eredi dei maestri Maj Sjöwall e Per Wahlöö, i fondatori dei giallo scandinavo.

Mankell ha iniziato a pubblicare passati i quarant’anni e si è affermato nel panorama editoriale svedese nel 1991, quando ha pubblicato questo romanzo con la prima inchiesta del suo protagonista: il commissario Kurt Wallander.

I punti in comune fra Wallander e il commissario Martin Beck – figlio delle penne di Sjöwall e Wahlöö – non sono pochi. Ma più che somiglianze fisiche o caratteriali fra i due, è lo sguardo disilluso e preoccupato per la società che inesorabilmente sta cambiando, e certo non in meglio, che li unisce e li accomuna.

Così come Beck, Kurt Wallander è un ottimo poliziotto ma ha una vita personale problematica. E’ stato lasciato dalla moglie e con la figlia, poco più che adolescente, non riesce ad avere un rapporto sereno. A differenza di Beck che è a Stoccolma, Wallander vive e lavora a Ystad nella Scania, la parte meridionale della Svezia.

Ed è in una remota località della campagna della Scania, in una fredda alba invernale, che una coppia di anziani contadini viene ritrovata massacrata nella propria casa.

La violenza e la brutalità dei due efferati omicidi sconvolgono tutti, anche il commissario Wallander a cui viene affidato il caso.

Così come i suoi maestri Sjöwall e Wahlöö, Henning attraverso un enigma giallo ci racconta l’evolversi di una società perbenista che vuole fare finta di non accorgersi dei propri angoli più oscuri e fuori controllo.