“Oltre il giardino” di Jerzy Kosinski

(Minimum Fax, 2014)

Per chi, come me, ama il film “Oltre il giardino” di Hal Ashby col grande Peter Sellers leggere il romanzo originale poteva essere molto deludente.

Ma l’opera di Jerzy Kosinski pubblicata per la prima volta nel 1970 – che nella prima edizione italiana del 1974 venne intitolata “Presenze” – anche a distanza di oltre 40 anni conserva tutto il suo grande e graffiante potere narrativo.

Kosinski, nato in Polonia nel 1933 e naturalizzato negli USA nel 1957, oltre a ritrarre un impietoso, ironico quanto imbarazzante affresco del jet-set finanziario a stelle e strisce – che in quel momento storico era messo sotto scacco da quello sovietico – nel 1970 ha già l’intuizione profetica di come la televisione influenzi e influenzerà la società.

Chance Giardiniere, nell’arco di poche ore, diventa il più importante opinion leader del Paese affermando di non leggere i giornali ma di guardare le televisione perché si fa prima! (ovviamente nessuno sospetta che il motivo di tale scelta è legato al suo analfabetismo).

Quando poi viene invitato in TV ci si trova a suo completo agio, visto che davanti quella piccola scatola magica ci ha passato quasi tutta la vita. E proprio grazie al suo grande ascendente televisivo le menti del jet-set lo individueranno come un prossimo e vincente candidato alla Casa Bianca…

La storia ci racconta che nel 1981 alla Casa Bianca salì l’ex attore Ronald Reagan, grande e carismatico comunicatore ma sul quale, anche l’avvocato Gianni Agnelli, espresse pubblicamente forti dubbi sulle sue capacità presidenziali. E se poi pensiamo che qualche tempo dopo in Europa… ovviamente dico questo nel pieno rispetto di tutti, soprattutto di Chance Giardiniere.

“Oltre il giardino” di Hal Ashby

(USA, 1979)

La biografia di Peter Sellers racconta di come l’attore abbia dovuto penare per molti anni prima di poter portare sullo schermo il romanzo “Oltre il giardino” scritto nel 1970 da Jerzy Kosinski, visto che si sentiva nel profondo portato a dare vita al suo protagonista Chance, ma nessun produttore era disposto a realizzare un film così tagliente con lui, icona della commedia leggera e per famiglie.

Ma se abbiamo dovuto aspettare tanto, comunque ne è valsa la pena! Hal Ashby, uno dei migliori registi “off Hollywood” di quegli anni, oltre a Sellers, dirige un cast strepitoso fra cui spiccano la bellissima e bravissima Shirley MacLaine e il grande “vecchio” Melvyn Douglas, che vince l’Oscar come miglior attore non protagonista.

Con tutto il rispetto per Douglas, grida ancora vendetta la mancata statuetta a Sellers – che era candidato come miglior attore protagonista – che in questo film sfodera la sua più grande interpretazione regalandoci un personaggio indimenticabile e simbolo dei suoi tempi più di tanti saggi o articoli.

L’attore inglese pagò l’essere sempre visto come un semplice comico/clown (nel pieno rispetto delle due arti) e per questo molti considerarono la sua strepitosa interpretazione come qualcosa di casuale.

Ovviamente non era così: Sellers era un animale da palcoscenico e da macchina da presa come ce ne sono stati pochi altri.

Per comprenderlo meglio consiglio di vedere il film biografico “Tu chiamami Peter” di Stephen Hopkins con un grande Geoffrey Rush nei panni di Perter Sellers.

Tornando al film, ci sarebbe da commentare le mille battute e situazioni irresistibili che formano un fantastico crescendo, ma io rimango ogni volta estasiato anche dai ciak scartati e senza sonoro che Ashby usa come sfondo ai titoli di coda: memorabili.

Alcuni trovarono, all’uscita del film, la scena finale troppo surreale, ma quando un paio d’anni dopo salì alla Casa Bianca Ronald Reagan in molti – dicono le malelingue – …furono costretti a ricredersi.