“La banda degli onesti” di Camillo Mastrocinque

(Italia, 1956)

Scritto dai maestri Age e Furio Scarpelli, “La banda degli onesti” è uno dei film interpretati dal principe della risata più ricordato e citato.

Non c’è scena o personaggio – anche secondario – che non sia un capolavoro comico o un ritratto efficace del nostro costume di allora. A partire dall’anziano e moribondo Andrea (Lauro Gazzolo) ex dipendente della Zecca di Stato, passando per l’arrogante e truffaldino Ragionier Casoria (un bravissimo Luigi Pavese, che lo stesso Totò voleva sempre come suo “carnefice”), per arrivare alla moglie di Antonio Bonocore la profuga tedesca Marlene.

Molte scene e numerosi dialoghi appartengono ormai al nostro immaginario collettivo, tanto da essere citati e ricordati nel nostro quotidiano ancora oggi. Dalla stampa della prima banconota (con Totò che gioca sui termini “rullo” o “filigrana), agli infiniti cognomi che si inventa Bonocore al posto di “Lo Turco” (un Peppino De Filippo stellare).

E pensare che l’immenso Antonio De Curtis, durante tutta la sua vita, venne ignorato o peggio bistrattato da tutta la critica italiana. E sottolineo tutta! Generalizzare è sempre sbagliato ma comunque questo la dice lunga sulla preparazione e sull’acume di alcuna della nostra simpatica carta stampata…

Non è un caso, quindi, che solo un genio come Pier Paolo Pasolini ne colse la straordinaria arte e lo volle nelle sue opere. Cosa che fece storcere il naso a non pochi critici di partito, che magari oggi – …tomi tomi, cacchi cacchi… – con il ruolo di “grandi vecchi” della nostra cultura, lo citano pure…

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