“Un cantico per Leibowitz” di Walter M. Miller Jr.

(2009, Mondandori)

Di romanzi di fantascienza ambientati in un futuro post apocalittico ce ne sono molti, ma questo di Miller è davvero particolare.

Scritto nel 1959, il romanzo inizia 600 anni dopo il “Diluvio di Fiamma” che ha spazzato via la civiltà umana così come la si conosceva. I sopravvissuti, terrorizzati e sconvolti, per vendicarsi degli “autori” del massacro hanno dato la caccia a ogni individuo “possessore” di conoscenza e per questo ogni libro o documento è stato distrutto, o quasi.

Solo in una piccola abbazia, dispersa nel deserto, si conservano gelosamente gli ultimi documenti scritti rimasti che, nel corso dei secoli, vengono copiati e tramandati.

600 anni dopo nel mondo, che è tornato ad essere suddiviso in nazioni, la conoscenza non è più considerata un male; anzi, alcuni sovrani illuminati comprendono che possa essere una potente “arma” di dominazione.

600 anni dopo la Terra è nuovamente sull’orlo dell’abisso: la tecnologia è arrivata a costruire armi di distruzione di massa e fra i grandi blocchi scoppia una crisi senza ritorno, ma nell’abbazia si continua a tentare di salvare la conoscenza…

Con frequenti richiami alla filosofia e alla religione, “Un cantico per Leibowitz” è una dura lettura del genere umano destinato all’autodistruzione, che ha come unica grande salvezza la fede.

Anche solo per l’intricato paradosso Fantascienza-Fede merita di essere letto!