“Un uomo felice” di Tristan Séguéla

(Francia, 2023)

Jean Leroy (Fabrice Luchini) è un uomo felice: a sessant’anni è serenamente sposato da quaranta con Edith (Catherine Frot) ha tre splendidi figli, una femmina e due maschi, ed è anche al suo secondo mandato come sindaco di una deliziosa cittadina della provincia francese.

Il partito a cui Leroy è iscritto è quello più tradizionale e conservatore del panorama politico d’oltralpe. I suoi elettori sono quelli che lo scelgono perché Jean è refrattario ai rinnovamenti e ai cambiamenti, soprattutto quelli della società civile.

Ma Jean Leroy ha un problema: nonostante abbia promesso a Edith di chiudere la sua carriera politica al termine del mandato e girare la Francia con lei su un camper, vuole candidarsi come primo cittadino per la terza volta. Anche perché il candidato dell’opposizione è un giovane con idee alquanto tolleranti e innovative.

Prima che la campagna elettorale prenda il via, Jean organizza un pranzo strategico con Edith durante il quale le dirà della sua scelta di ricandidarsi. Ma Edith lo anticipa, è tanto tempo che non più trattenersi e finalmente ha trovato il coraggio di parlare: da sempre lei si è sentita un uomo, anche se la natura l’ha fatta nascere nel corpo di una donna. E visto che lui ormai sta chiudendo definitivamente la sua carriera politica, lei vuole finalmente e pubblicamente assecondare il proprio essere.

L’amore che Edith ha per Jean non è in discussione ma da oggi lui, come tutti, dovrà chiamarlo Edi…

Scritta da Guy Laurent e Isabelle Lazard, questa divertente commedia indipendente pizzica la società contemporanea più conservatrice quando deve fare i conti con se stessa nell’ambito dei diritti civili. Un conto è giudicare superficialmente gli altri, un altro è giudicare se stessi…

La discriminazione di genere è una delle piaghe più gravi del nostro tempo, che ha provocato e provoca ingiustificabili e gravi danni morali, emotivi e fisici in tutto il mondo. Questa pellicola, con la sua leggerezza, prende in giro chi, per il proprio tornaconto, dell’intolleranza ne fa un cavallo di battaglia politico e al tempo stesso ci ricorda quanto siano importanti nella vita l’amore e la libertà di essere se stessi.

“Alice e il sindaco” di Nicolas Pariser

(Francia/Belgio, 2020)

Paul Théraneau (un bravissimo, come sempre, Fabrice Luchini) è il sindaco di Lione, una delle città più importanti della Francia, ovviamente dopo la capitale. Théraneau ha una lunga carriera politica nello storico Partito Socialista francese, dove grazie alla sua esperienza e alle sue proposte politiche e sociali ha un ruolo nazionale sempre più rilevante.

Ha solo un grande problema: da circa vent’anni non riesce più a pensare, o meglio ad avere nuove idee. Così, dopo aver provato vanamente con la terapia psicoanalitica, il sindaco chiede aiuto alla Filosofia. Viene chiamata a Lione la giovane studiosa e ricercatrice di Filosofia presso l’ateneo di Oxford Alice Heimann (Anaïs Demoustier).

La Heimann è completamente avulsa al mondo politico e l’adattamento alla realtà del Gabinetto del Sindaco non è facile. Ma i suoi spunti filosofici iniziano a far ripartire le meningi – e soprattuto l’anima – di Théraneau, che trova nuova linfa vitale. Così, quando le inaspettate contingenze politiche del suo partito lo portano ad essere uno dei principali candidati socialisti alle elezioni presidenziali, vuole Alice al suo fianco…

Amarissima commedia sociale e politica, che ci parla in maniera limpida e cruda della grave crisi politica che negli ultimi vent’anni ha investito la sinistra europea, e non solo (l’incapacità di Théraneau di avere idee, nonostante la sua totale dedizione alla politica nel senso più alto del termine è fin troppo un’efficace e lampante metafora) compresa anche quella del nostro Paese.

Scritto dallo stesso Pariser, il film è stato premiato Cannes e ai Cesar, dove la Demoustier è stata giudicata come migliore attrice dell’anno.