“Raymond & Ray” di Rodrigo García

(USA, 2022)

Raymond (Ewan McGregor) e Ray (Ethan Hawke) sono due fratellastri che hanno superato la cinquantina ma che ormai si sono persi di vista da un pò. Da bambini hanno diviso la stanza in cui sono cresciuti con due madri differenti e lo stesso padre, Harris. La madre di Raymond era la moglie ufficiale mentre quella di Ray l’amante, che alla fine hanno formato un’unica famiglia allargata.

Una sera Raymond si presenta a casa di Ray comunicandogli che il loro padre è morto e che ha lasciato come disposizione testamentaria che siano loro due, materialmente, a scavargli la fossa e seppellirlo. Entrambi portano incisi a fuoco nell’anima i segni esteriori e interiori che ha lasciato loro Harris, un padre non solo assente, ma soprattutto nocivo, egoista e prepotente.

Se Raymond è più conciliante, Ray si rifiuta categoricamente di fare anche solo un’ultima cosa per l’uomo che gli ha: “…rovinato la vita”. Ma siccome al fratello è stata sospesa la patente Ray è costretto ad accompagnarlo nella cittadina dove Harris ha passato circa gli ultimi dieci dei suoi ottant’anni vissuti.

Così i due arrivano nella piccola cittadina dove Harris ha vissuto prima di essere stroncato da un tumore. I due fratellastri si recano nella casa dove è spirato e incontrano la proprietaria Lucia (Maribel Verdù), loro coetanea, che scoprono poi essere stata fra le ultimi amanti di loro padre. Anche da morto Harris pesa come un macigno sulle loro esistenze ma forse, accettando di convivere con tutti i suoi limiti e le sue gravi mancanze, ma soprattutto con il profondo rancore che provano per lui, potranno salvarsi…

Deliziosa e amara commedia dedicata al rapporto conflittuale padre/figlio che da Edipo, passando per Amleto, è uno dei temi più trattati dalla cultura umana e, nonostante i secoli e i millenni passati, è ancora troppo spesso – …dolorosamente – irrisolto.

Scritta dallo stesso Rodrigo García, ha fra i produttori anche Alfonso Cuarón regista di pellicole come “Roma” o “Y tu mamá también – Anche tua madre”, quest’ultima interpretata da Maribel Verdú.

“Regression” di Alejandro Amenábar

(Canada/Spagna, 2015)

La domanda sorge spontanea (cit.!) come mai questa bella pellicola del regista premio Oscar (con “Mare dentro”) Alejandro Amenábar (autore fra gli altri di “Apri gli occhi”, “The Others” e “Agorà”) non ha trovato una bella distribuzione nel nostro Paese?

La risposta non può essere una sola, ma la prima che viene in mente è certamente legata al tema alquanto spinoso che affronta: il senso di colpa che può essere sfruttato per rendere succubi gli altri.

Amenàbar ci racconta i fatti – realmente accaduti nel 1990 in una cittadina agricola degli Stati Uniti – provocati dalla confessione di Angela (una sempre brava Emma Watson) una ragazza devota e assidua frequentatrice della locale chiesa cristiana, che afferma di essere vittima da anni di abusi legati a riti satanici ad opera della sua famiglia.

L’ombra di una setta satanica ramificata in ogni ambito sconvolge la comunità e al deciso e volenteroso detective Bruce Kenner (Ethan Hawke) viene affidato il compito di smantellarla. Ad assistere Kenner c’è il Professor Kenneth Raines, esperto di ipnosi regressiva che attraverso i suoi metodi avalla i racconti della ragazza…

Amenàbar, nato in Cile ma cresciuto in Spagna (patria della Santa Inquisizione), come noi italiani “confinanti” da sempre col Cuppolone, conosce bene i modi con cui una parte distorta e integralista di religiosi possa usare il senso di colpa per ghermire i fedeli.

Da vedere.

“Boyhood” di Richard Linklater

(USA, 2014)

Vincitore di un Oscar, a Patricia Arquette come miglior attrice non protagonista; due Golden Globe, ancora alla Arquette e a Richard Linklater come miglior regista e dell’Orso d’Argento a Berlino, oltre ad altri numerosi quanto prestigiosi premi nei festival di tutto il mondo, questo “Boyhood” percorre 12 anni di vita del giovane Mason (un bravissimo Ellar Coltrane), che conosciamo a 8 anni, e percorriamo con lui i dodici anni che lo porteranno alla soglia dei 20.

Il viaggio lo facciamo letteralmente, perché questo film è stato realizzato proprio in dodici anni.

Il cast si è ritrovato a scadenze fisse, per brevi periodi e quasi annualmente.

Un’esperienza simile, solo per fare l’esempio che amo di più, a quella di Francois Truffaut con il “suo” Jean-Pierre Léaud.

Ma a caratterizzare questa pellicola non è solo questo virtuosismo, è la storia minimalista e quotidiana di un bambino che deve diventare adulto in mezza alle solite, comuni ma non per questo più facili problematiche adolescenziali.

E su questo il regista Richard Linklater ricorda nuovamente Truffaut, che aveva per i bambini e gli adolescenti uno sguardo d’amore vero e sincero, senza falsi paternalismi o fastidiosi sentimentalismi.

Davvero un bel film.

“Gattaca – La porta dell’universo” di Andrew Niccol

(USA, 1997)

Ma il destino di un essere umano è davvero scritto nel suo DNA?

A questa domanda risponde splendidamente il film diretto da Andrew Niccol già sceneggiatore, fra le altre cose, di “The Truman Show”.

G A C T sono le lettere iniziali delle quattro basi azotate che compongono il DNA: l’Adenina, la Citosina, la Timina e la Guanina: da cui il titolo GATTACA.

Per la seconda parte de titolo – che esiste solo in Italia – “La porta dell’universo”, forse si tratta di uno “astuto” quanto inspiegabile richiamo al film “Stargate”, uscito qualche anno prima (che molti hanno ribattezzato “Starcagate”) e che con questa bellissima pellicola – fortunatamente – non c’entra niente.

Vincent Freeman (Ethan Hawke) – e il nome dice tutto – è uno degli ultimi nati senza l’intervento di un laboratorio specializzato nel creare esseri umani geneticamente perfetti e senza tare.

E’ indiscusso quindi che il suo sogno di diventare navigatore stellare sia impossibile, la concorrenza degli individui perfetti, nuova aristocrazia umana, è imbattibile. Ma la vita, nel corso dei millenni, ha sempre trovato una strada tutta sua…

Nel cast, oltre a Hawke, una bellissima Uma Thurman, un inquietante Jude Law e un grande Gore Vidal. Produce, fra gli altri, anche il grande Danny DeVito.

Da vedere a intervalli regolari.