“Balle spaziali” di Mel Brooks

(USA, 1987)

La saga di “Star Wars”, nel corso dei decenni, ha ispirato centinaia di parodie, nonché di fan movie. Lo stesso George Lucas, almeno fino a quando è stato in possesso dei diritti commerciali della sua opera più famosa, ha sempre dichiarato di guardare piacevolmente ogni fan movie e ogni parodia, senza poi mai chiedere alcuna royalty.

Il maestro delle parodie e del cinema comico americano Mel Brooks decide così di contribuire al filone e firmare un’intera pellicola dedicata al mondo creato da Lucas e al cinema di fantascienza in generale più famoso, come quello di “Star Trek” e “Alien”.

Scritto dallo stesso Brooks assieme a Ronny Graham – che nel film interpreta l’alto prelato preposto a celebrare il matrimonio fra la principessa Vespa e il principe Valium – e Thomas Meehan questo “Balle spaziali” ci porta in una galassia “…molto, molto, molto, molto” lontana dove viveva la spietata razza nota come Spaceballs.

Sul pianeta Druida si sta per celebrare il matrimonio fra la principessa Vespa (Daphne Zuniga) e il principe Valium, ma la ragazza alla fine preferisce fuggire assieme alla sua droide nonché damigella Dorothy.

La principessa viene però catturata dalle truppe di Lord Casco Nero (Rick Moranis) che, assecondando l’ordine del presidente degli Spaceballs Scrocco (lo stesso Mel Brooks) intende ricattare re Rolando (Dick Van Patten) per rubargli 10.000 anni di aria pura e fresca, visto che il pianeta Spaceball è ormai al collasso a causa dell’inquinamento.

Ma re Rolando chiama in suo aiuto il mercenario Stella Solitaria (Bill Pullman) e il suo fedele amico mezzo umano e mezzo cane Rutto (John Candy). Così i due sfidano i potenti e implacabili Spaceballs per liberare Vespa e l’intera galassia…

Forse non fra i migliori film di Mel Brooks, probabilmente anche a causa di un doppiaggio in italiano dove molte battute e gag verbali si sono inesorabilmente perse a favore di facili allusioni sessuali e banali parolacce. Ma rimane comunque una pellicola da vedere per tutti gli amanti della saga creata da Lucas e dei famigerati e intramontabili – …ahimé – anni Ottanta.

Per la chicca: nella versione originale a doppiare il robot Dorothy – che nella nostra ha la voce di Emanuela Rossi che imita quella della grande Tina Pica – è Joan Rivers: la prima grande stand up comedian americana, ancora oggi citata e omaggiata. Nella parte del perfido Pizza Margherita, il boss caricatura di Jabba The Hutt, c’è Dom DeLuise.    

“Matrix” di Larry e Andy Wachowski

(USA/Australia, 1999)

Non c’è dubbio che il film degli allora fratelli Larry and Andy Wachowski – oggi Lana e Lilly Wachowski – uscito alla fine del millennio, abbia segnato in modo profondo la cinematografia e la cultura mondiale dei primi anni di quello successivo.

E’ indiscutibile anche che gli effetti speciali innovativi (il “bullet time” per esempio) hanno avuto un ruolo determinante nel suo successo. Ma non deve essere sottovalutata neanche la trama.

Gli autori hanno dichiarato di essersi ispirati a numerose opere letterarie o cinematografiche (rimane in sospeso per esempio “Razzi amari” di Disegni & Caviglia, fumetto uscito nel 1992, che a detta dei suoi autori ha davvero molti punti in comune col film), ma soprattutto ci lascia respirare arie e filosofie orientali volte alla scoperta di noi stessi.

E questo, probabilmente, è l’elemento che rende “Matrix” sempre attuale e avvincente, nonostante siano passati quasi vent’anni di storie ed effetti speciali.

Così come non deve essere dimenticato il cast su cui svettano Keanu Reeves nei panni di Neo (anagramma di One), Laurence Fishburne in quelli di Morpheus e Hugo Weaving in quelli dell’implacabile agente Smith.

Nell’edizione italiana è giusto ricordare anche il grande lavoro dei nostri doppiatori quali Luca Ward (Neo), Ennio Coltorti (agente Smith), Massimo Corvo (Morpheus) ed Emanuela Rossi (che doppia Trinity) che con il suo: “….Schiva questa!” rimane nella storia del cinema.

Il film ha vinto, tra i numerosi premi, quattro Oscar. Dei due sequel però, non ne parliamo proprio…

“Blue Jasmine” di Woody Allen

(USA, 2013)

Non tutti i film di Woody Allen hanno la stessa potenza narrativa, anche se tutti, in maniera differente, toccano corde profonde della nostra anima.

Ma questo “Blue Jasmine” fa parte, a pieno titolo, dei capolavori creati dal genio newyorkese.

Con una stratosferica Cate Blanchett – che giustamente ha vinto uno degli Oscar più meritati nella storia del premio – “Blue Jasmine” ci racconta la caduta agli inferi di una donna emblema di quella parte della società egoista e superficiale, che pone sempre prima la forma alla sostanza.

E’ una figura, purtroppo, davvero rappresentativa dei nostri tempi di crisi. Tempi che sono comunque opulenti per un gruppo ogni giorno più ristretto di persone intorno alle quali ruotano individui disposti a tutto pur di entrare a farvi parte, e che considerano il mondo e gli altri solo in funzione di questo obiettivo e delle loro proprie esigenze.

Immagino vi sia venuta già in mente qualche persona che conoscete…

Se è sublime ascoltare in lingua originale la Blanchett, un plauso merita anche Emanuela Rossi che magistralmente le dona la voce nell’edizione italiana.

Da vedere e far vedere a scuola.