“Elvira Madigan” di Bo Widerberg

(Svezia, 1967)

Il primo luglio del 1889, sulle rive dell’isola danese di Tasinge, Hedvig Antoinette Isabella Eleonore Jensen, artista circense nota col nome d’arte di Elvira Madigan, e l’ufficiale del Regio Esercito Svedese il conte Bengt Edvard Sixten Sparre, dopo aver consumato il loro ultimo pasto, si suicidarono.

Il fatto fece un enorme scalpore, e non solo in Svezia. Sparre era sposato con un’altra donna dalla quale aveva avuto due bambini. Innamoratosi e ricambiato dalla Madigan, aveva lasciato la sua famiglia e disertato l’Esercito per scappare con lei.

Bo Widerberg scrive e dirige il migliore dei tre adattamenti cinematografici della vicenda. Elvira (una eterea Pia Degermark) e Sixten (Thommy Berggren) sono fuggiti in Danimarca. Hanno preso una stanza in un albergo di campagna dove vivono a pieno il loro amore. Ma la notizia della scomparsa della famosa funambola e, soprattutto, la diserzione del conte ufficiale sono arrivate anche lì e così un invadente ospite dell’albergo li riconosce e intende denunciarli.

Elvira e Sixten sono costretti a fuggire, ed inizieranno un pellegrinaggio in varie località danesi per sfuggire alla loro fama fino a quando, senza più mezzi di sostentamento, sceglieranno di porre fine alle loro sofferenze piuttosto che separarsi.

Con una splendida fotografia, Widerberg (1930-1997) ci racconta una storia romantica e senza speranza, ambientata in un mondo formale e perbenista che non concede alle persone “…una seconda vita”, metafora di quel movimento che infiammerà l’Europa e il resto del mondo avendo il suo apice nel famigerato ’68.

A rendere ancora più struggente la pellicola è la sublime colonna sonora incentrata sul Concerto per pianoforte e orchestra n.21 K467 di Wolfgang Amadeus Mozart che contribuirà a rendere la pellicola immortale. La Degermark vince il premio come miglior attrice al Festival di Cannes.