“Lo straniero” di Orson Welles

(USA, 1946)

Quando questo film uscì nelle sale cinematografiche americane, la Seconda Guerra Mondiale era finita solo da pochi mesi. Una parte del mondo era ancora sconvolta e sanguinante, e l’altra si iniziava a domandare come fosse stato possibile permettere una tragedia di tali dimensioni, e soprattutto quali fossero le responsabilità dirette e indirette di ognuno.

E’ in questo periodo storico che il geniale e irriverente Orson Welles decide di raccontare una storia che, rispetto al conflitto, sembra del tutto secondaria, ma che in realtà ci pone quesiti molto più ampi su una delle nazioni vincitrici.

Uno strano prigioniero viene fatto appositamente evadere dalle prigioni tedesche che sono sotto il controllo della Forze Alleate. Il fuggitivo si reca in Messico dove, grazie ad antiche amicizie e vecchie parole d’ordine, riesce a sapere il nome del luogo dove è nascosto “lui”.

Lui è Franz Kindler (un perfido e implacabile Orson Welles) fra i più efferati carnefici e fautori dello sterminio degli ebrei, un alto ufficiale nazista del quale non esiste più neanche una fotografia, scomparso nel nulla in prossimità della caduta del Terzo Reich. L’unica sua caratteristica conosciuta è la sua passione quasi maniacale per gli orologi.

Il nome del luogo in cui è nascosto è Harper, località del Connecticut negli Stati Uniti, e l’uomo che riparte dal Messico per raggiungerla è Konrad Meinke, l’ultimo stretto collaboratore di Kindler rimasto in vita e per questo l’unico al mondo capace di riconoscerlo. La sua fuga, così come il suo costante pedinamento, sono opera del signor Wilson (un arcigno Edward G. Robinson) membro della Commissione delle Nazioni Unite contro i crimini di guerra, e cacciatore di criminali nazisti, che considera questo l’unico modo per rintracciare Kindler.

Così, nella piccola e ordinatissima cittadina di Harper, un pomeriggio arriva Meinke che cerca con una certa insistenza il professor Charles Rankin. Giunto nella casa in cui abita vi trova però solo Mary Longstreet (Loretta Young), figlia di un Giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti e futura sposa di Rankin. Senza dare spiegazioni Meinke si incammina verso il luogo in cui insegna Rankin e nel grande parco che separa l’abitazione dall’istituto, finalmente lo incontra.

Kindler/Rankin rimane sconvolto: è stato individuato e forse il suo ex sottoposto è stato seguito. Ma Meinke è ormai preda di deliri religiosi e rivela che il motivo della sua visita è la definitiva redenzione per i feroci peccati che insieme hanno commesso. Kindler non ha via d’uscita e lo uccide, nascondendo il corpo sotto le foglie.

Torna a casa e tranquillizza Mary inventando una banale scusa per lo strano visitatore. Così i due possono tornare serenamente a preparare le loro imminenti nozze. Ma, insieme a Meinke, nella piccola cittadina è arrivato discreto e quasi invisibile anche il signor Wilson…  

Grandissimo noir, e vera e propria pietra miliare della cinematografia mondiale, con una scena finale da antologia. Feroce critica del perbenismo e della “morale” americana anni Quaranta, soprattutto quella della ricca provincia, che moralmente non si poteva considerare così innocente rispetto al male assoluto che fu la guerra.

Provincia bella ed elegante che molto dovrà crescere per diventare matura e cosciente, impersonata perfettamente dalla bella Mary che non a caso si chiama “Longstreet” di cognome.  

Scritto da Welles assieme al maestro John Huston (e si vede!), Decla Dunning, Victor Trivas e Anthony Veiller.

Da vedere, assolutamente.