“Sunshine Cleaning” di Christine Jeffs

(USA, 2008)

L’eredità che i genitori lasciano ai proprio figli molto spesso incide in maniera determinante nella loro vita. Questo vale per le cose materiali ma, soprattutto, per quelle immateriali che riguardano la sfera sentimentale ed emotiva.

E l’eredità di un genitore può essere trasmessa ai figli anche prima di morire. Come nel caso di Rose (una bravissima Amy Adams) e sua sorella minore Norah (Emily Blunt) nate e cresciute ad Albuquerque da Joe (un sempre grande Alan Arkin) alla ricerca perenne dell’affare del secolo, e dalla loro madre che però, quando erano ancora due bambine, si è tolta la vita.

Se Rose al liceo era la stella delle cheerleader nonché fidanzata col quoterback della squadra di football, una volta preso il diploma la sua vita ha iniziato inesorabilmente a franare. Madre single di Oscar, sbarca il lunario facendo le pulizie per una ditta locale e non riesce a smettere di essere l’amante di Mac (Steve Zahn), il suo fidanzatino del liceo che ora fa il poliziotto, che però è felicemente sposato con un’altra donna.

Anche sua sorella Norah non riesce a mantenere un lavoro per più di una settimana, come non riesce ad avere una relazione stabile e soddisfacente. Proprio durante uno dei settimanali incontri clandestini con Mac, a Rose viene l’idea di creare una società per la pulizia dei luoghi scene di un crimine o di una morte violenta, nicchia di mercato assai redditizia e poco sfruttata.

Ma Rose, assieme a Norah che suo malgrado l’aiuta, scoprirà che si tratta di un lavoro molto duro e faticoso, che comprende anche il ripulire le case di persone morte suicide o da molto tempo prima che qualcuno le abbia ritrovate.

Grazie anche a Winston (Clifton Collins Jr.), il commesso dell’emporio che vende i prodotti professionali per le pulizie, Rose inizia per la prima volta, dopo tanto tempo, ad avere fiducia in se stessa, ma…

Non si possono scegliere i propri genitori, ma si può scegliere di prendere distacco da loro, soprattutto dalle loro scelte più funeste o egoiste.

Scritto da Megan Holley, questo “Sunshine Cleaning” – il cui titolo richiama forse alla pulizia del proprio essere dalle tossine che qualcun altro vi ha lasciato… – ci ricorda quanto possa essere delizioso il cinema indipendente americano.

“Il metodo Kominsky” di Chuck Lorre

(USA, 2018)

Uno dei creatori di “The Big Bang Theory”, Chuck Lorre, approda su Netflix con una nuova serie.

Se la vecchiaia ha intrinseco un valore molto importante, e cioè quello di esserci arrivati, la terza età possiede anche molti spiacevoli effetti collaterali, a partire dai numerosi problemi fisici e fastidi che essa comporta.

Sandy Kominsky (un grande Michael Douglas) che qualche decennio prima ebbe una promettente carriera di attore e che ora è uno dei più rinomati insegnanti di recitazione di Los Angeles, nonostante il look e lo stile di vita è entrato ufficialmente nella terza età.

La sua scuola riesce ad andare avanti grazie soprattutto all’apporto pratico e concreto di sua figlia Mindy (Sarah Baker), unico bel ricordo rimasto di tre matrimoni falliti.

Il suo storico agente è Norman Newlander (un altrenttanto strepitoso Alan Arkin) che invece ha avuto molto successo nel suo lavoro: la sua società è una delle più note e floride della costa.

Ma Norman ha avuto successo soprattutto nell’amore. Da quarantasei anni, infatti, è sposato con Eileen, una splendida donna che lo stesso Sandy presentò a Norman.

Ma la vita – e la vecchiaia soprattutto – nasconde insidie e tristi sorprese: Eileen è in fin di vita a causa di un cancro incurabile. L’ultima volontà della donna è quella che Norman e Sandy si prendano l’uno cura dell’altro…

Cattivissima e divertente serie, che non dissimula nulla sulla terza età e sui suoi lati più fastidiosi e odiosi, con due grandissimi interpreti.

Per la chicca: cameo esilarante di Danny Devito – amico nella vita reale di giovinezza dello stesso Douglas – nella parte dell’urologo di Sandy.

“Una strana coppia di suoceri” di Arthur Hiller

(USA, 1979)

Ci sono commedie leggere che rimangono indimenticabili, anche senza sviscerare temi o situazioni da prima pagina. E questa scritta da Andrew Bergman (autore del soggetto e coautore della sceneggiatura di “Mezzogiorno e mezzo di fuoco” di Mel Brooks) e diretta da Arthur Hiller (regista artigiano di film come “Love Story”, “Un provinciale a New York” e “Non guardarmi: non ti sento”) alla fine degli anni Settanta è un esilarante esempio.

Il razionalissimo, e forse un po’ nevrotico, dentista Sheldon Kornpett (una fantastico Alan Arkin) ha tutto sotto controllo nella vita. Il suo lavoro, il suo studio e soprattutto la sua vita privata fatta dalla moglie Carol e dalla sua unica figlia Barbara, che frequenta i college più esclusivi.

I problemi arrivano quando la sua “bambina” decide di sposarsi con Tommy Ricardo, un compagno di studi. Infatti, l’incontro tra futuri consuoceri lascia tremendamente perplesso Sheldon, visto che il padre di Tommy, Vince (un altrettanto fantastico Peter Falk) è un tipo molto strano, che racconta cose molto strane.

Il giorno dopo Vince piomba nello studio del dentista e gli chiede di seguirlo solo per un paio di minuti, ha bisogno del suo aiuto per risolvere un piccolo problema logistico.

Il povero Sheldon, a causa di Vince, finirà inseguito dai Federali, e nel bel mezzo di un complotto internazionale…

Fra mille gag e battute divertenti, quello che è ancora oggi irresistibile è lo scontro fra i due protagonisti, il calmo ma mai domo Vince, e il nevrotico e incredulo Sheldon.

Questo soprattutto grazie ai veri talenti dei due protagonisti, attori di gran classe. Se Alan Arkin ha vinto l’Oscar nel 2007, come miglior attore non protagonista nei panni del nonno tossicodipendente in “Little Miss Sunshine”, giusto riconoscimento a una lunga carriera fatta soprattutto di pellicole di qualità; è inspiegabile invece perché Peter Falk non ne abbia mai vinto uno.

Per la chicca: nel 2003 Andrew Fleming gira il remake dal titolo in italiano “Matrimonio impossibile” (quello originale rimane lo stesso) con Michael Douglas nei panni del personaggio interpretato da Falk, e Albert Brooks in quelli di Arkin.