“Mi chiamo Julia Ross” di Joseph H. Lewis

(USA, 1945)

I Quaranta, giustamente, sono considerati gli anni d’oro del cinema noir, tanto da permettere al genere di dominare la scena mondiale nel decennio successivo.

E, come vale per tutti gli altri, non sono state solo le grandi produzioni ha fondare un genere, ma soprattutto le piccole e indipendenti.

Così questo “Mi chiamo Giulia Ross”, pellicola indipendente americana uscita l’anno della fine della Seconda Guerra Mondiale, rimane una delle pietre miliari del noir.

Anche se i mezzi a disposizione dell’artigiano della macchina da presa Joseph H. Lewis erano assai ridotti, per questo quasi completamente girato in interni, il film possiede un fascino e un pathos non indifferente.

Il senso di claustrofobia che ci causano tutti gli interni, infatti, viene appositamente squarciato nella scena finale, l’unica ripresa in esterni e non a caso nello spazio più ampio che l’uomo, dagli albori, conosca: il mare.

Così Lewis riesce a conciliare i pochi mezzi con la storia, tratta dal romanzo “The Woman in Red” di Anthony Gilbert pubblicato quattro anni prima, piena di sorprese e colpi di scena.

Londra, la giovane e senza famiglia Giulia Ross (Nina Foch) rientra nella sua camera ammobiliata triste e frustrata. Non riesce a trovare un lavoro e, soprattutto, il suo ex vicino di stanza Dennis, di cui lei è stata sempre innamorata, proprio in quelle ore si sta sposando in Scozia.

Grazie a un’inserzione letta casualmente sul giornale si reca a fare un colloquio presso una nuova agenzia di collocamento. L’offerta è per una giovane segretaria presso un’anziana e ricca signora che vive sola con il figlio.

La selezionatrice, appurato che Giulia non ha parenti né legami sentimentali, telefona immediatamente alla vedova Hughes (May Whitty) che in pochi minuti è sul posto insieme al figlio Ralph (George Macready).

Il nuovo colloquio ha esito positivo e Giulia potrà prendere servizio la sera stessa presso la residenza Hughes. Dopo un lauto anticipo, a Giulia vengono concesse un paio d’ore per disdire la stanza ammobiliata e fare i bagagli.

Tornata nella camera dove abita per preparare le valige, Giulia vi ci ritrova Dennis, tornato dalla Scozia dove alla fine ha capito di non amare quella che sarebbe dovuta diventare sua moglie. Giulia ha un sussulto di gioia, ma la sua nuova datrice di lavoro l’attende. E così saluta Dennis con la promessa di vedersi il giorno dopo davanti la residenza Hughes. Ma…

Con un cast di ottimi attori provenienti dal teatro, ma che al cinema avranno solo spazio in ruoli secondari, “Mi chiamo Giulia Ross” è avvero un piccolo grande noir.

Per la chicca: nel 1987 il maestro Arhtur Penn dirige un nuovo adattamento del romanzo dal titolo “Omicidio allo specchio”.

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