“Il ballo” di Irène Némirovsky

(Adelphi, 2005)

Antoniette vive un’adolescenza difficile: ha un rapporto tiepido col padre, impegnato sempre col suo lavoro, e a dir poco difficile con la madre dal carattere forte ed egocentrico.

Più che a seguire la crescita della loro unica figlia, i coniugi Kampf si dedicano a consolidare il loro stato sociale di “nuovi” ricchi. L’acerba Antoniette, schiacciata fra i genitori e il nuovo e, a volte, incomprensibile stile di vita, cova un rancore profondo che alla fine sfogherà in una feroce vendetta.

Questo breve romanzo, tanto sottile quanto attuale – che vide le stampe la prima volta nel 1930 e poi incredibilmente dimenticato fino a pochi anni fa – rappresenta la seconda opera della giovane scrittrice francese Irène Némirovsky, nata in Russia ed emigrata a Parigi assieme ai suoi genitori, e che per tutti gli anni Trenta sarà una figura di spicco della vita culturale della capitale francese.

A neanche quarant’anni la Némirovsky, il 17 agosto 1942, perirà nel campo di sterminio nazista di Auschwitz, dove era stata reclusa perché di religione ebraica.

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