“Il contrario della solitudine” di Marina Keegan

(2015, Mondadori)

La storia di questa raccolta di racconti e saggi ha un fondo molto triste, perché la sua giovane autrice, a neanche 23 anni è morta in un incidente stradale.

Nonostante l’età, la Keegan era già considerata un astro nascente della letteratura statunitense, dopo aver frequentato Yale era stata chiamata dal prestigioso The New Yorker come collaboratrice.

La vita, però, come dice il grande John Lennon, è quello che ti capita mentre stai facendo altri progetti, e così cinque giorni dopo la laurea Marina Keegan è l’unica vittima del ribaltamento dell’auto guidata dal suo ragazzo.

Ma la sua prematura scomparsa non è affatto il motivo per leggere i suoi racconti, il motivo per leggerli è semplicemente perché sono davvero molto belli.

E pensare che da noi il formato racconto viene sempre più snobbato dagli editori, e non dai lettori, e il successo de “Il contrario della solitudine” ne è l’ulteriore dimostrazione.

E se è triste pensare a quali altri magnifici scritti il destino ci ha portato via insieme alla giovane Marina e al suo genio, è sconfortante pensare pure a quanti altri geniali autori di racconti italiani sono costretti a tenere le loro opere chiuse nel cassetto perché ottusamente rifiutate solo per il loro formato.

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