“Venere privata” di Giorgio Scerbanenco

(Garzanti, 1966)

Amo Giorgio Scerbanenco e tutto quello che ha scritto nonostante sia finito nel dimenticatoio, almeno per i “grandi salotti letterari” della nostra “opaca” splendente editoria.

Il primo approccio alla scrittura del giovane Scerbanenco (nato a Kiev e il cui cognome viene italianizzato dalla madre vedova quando, con lui sedicenne, si stabilì a Milano) passa per il genere rosa, cosa che nei decenni successivi influirà – agli occhi ipocriti e radical chic di dotti critici e “salottieri” professionisti – negativamente sulla sua fama.

Anche per questo, forse, quello che scriverà nella seconda parte della sua carriera sarà spesso duro e crudo, come questo splendido “Venere privata” in cui compare l’ex medico e investigatore Duca Lamberti, prima delle quattro inchieste dedicata a lui che sono poi: “Traditori di tutti” (sempre del 1966), “I ragazzi del massacro” (1968) e “I milanesi ammazzano al sabato” (1969).

Un giallo tosto, nella migliore tradizione del noir anni Cinquanta, che ha fatto – e continua a fare – scuola per generazioni di scrittori, non solo italiani.

Sono sicuro che se il Stephen King potesse leggerselo in una traduzione decente se ne innamorerebbe all’istante.

Nel 1970 Yves Boisset realizza “Il caso Venere privata“, fra i peggiori adattamenti cinematografici del decennio, vero trash e con una Raffaella Carrà in déshabillé.

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