“Fairy Tale” di Stephen King

(Sperling & Kupfer, 2022)

C’era una volta …il terrore.

Charlie Reade è un diciassettenne alto oltre 190 centimetri e dal peso che supera i 100 chili. Viste le sue dimensioni è uno dei gioielli del suo liceo quando parliamo di football o baseball. Ma Charlie possiede altre peculiarità che molti ignorano.

Sua madre, quando lui era ancora un bambino, è morta investita da un camioncino e suo padre, non riuscendo ad affrontare il lutto, è precipitato nell’alcolismo. In quel periodo, quando ogni sera doveva tornare a casa e trovare suo padre ubriaco davanti alla televisione, non si è comportato bene col mondo, commettendo piccole scorribande insieme a un suo nocivo compagno di scuola.

Ma un giorno, grazie a un ex collega, suo padre decise di disintossicarsi e così iniziò a frequentare gli Alcolisti Anonimi. In pochi ma determinati mesi suo padre tornò ad essere presente e affidabile e lui a sentire finalmente di tornare ad avere una famiglia. Così promise a se stesso di sdebitarsi appena il destino glielo avrebbe concesso.

Il destino aspettò Charlie un pomeriggio quando tornando a casa passò davanti alla vecchia casa posta in cima alla strada dove abitava. Quell’edificio gli abitanti della zona lo chiamavano da sempre “La casa di Pyscho”, sia per l’inquietante somiglianza architettonica con quella del capolavoro di Hitchcock, sia perché lì ci abitava Howard Bowditch, un anziano solitario e scontroso che possedeva un cane feroce e molto aggressivo.

Se Charlie, nel corso degli anni, aveva incontrato qualche volta casualmente il signor Bowditch, non aveva mai visto il suo cane che un suo compagno di classe assicurava essere famelico e spietato. Ma quel pomeriggio, passando accanto al recinto della casa, Charlie lo sentì mugolare in maniera inconsolabile. Fermandosi e mettendosi ad ascoltare con attenzione il giovane sentì anche la voce di un uomo chiedere aiuto. Dopo aver scavalcato la recinzione e voltato l’angolo della casa Charlie trovò in signor Bowditch a terra con una gamba spezzata con accanto un vecchio e ammaccato cane lupo.

Mentre puliva le grondaie l’uomo era caduto dalla scala e grazie al suo cane, che era una femmina e si chiamava Radar, e a Charlie venne soccorso prima che la situazione diventasse ancora più grave. Ricoverato in ospedale e stabilizzato, prima della lunga serie di interventi che lo aspettavano, Bowditch aveva un grande problema: chi si sarebbe occupato del suo cane? E così Charlie decise di “pagare” il suo debito prendendosi lui cura di Radar e della casa dell’anziano col quale, nonostante il suo carattere complicato, riuscì ad instaurare un rapporto di fiducia.

E proprio per pagare i salatissimi conti dell’ospedale Bowditch fu costretto a rivelare al ragazzo la combinazione di una vecchia cassaforte dove teneva nascosto un secchio colmo di pepite d’oro. Le cose si complicarono quando Bowditch rivelò l’incredibile provenienza di quell’oro e, soprattutto, che nel vecchio capanno degli attrezzi sistemato nel suo giardino c’era un antichissimo e misterioso pozzo che portava in un mondo parallelo al nostro. Un mondo dove lui prese tutto quell’oro, ma che era vittima di una terribile maledizione e di un essere terrificante…

Il Re ci racconta una storia per ragazzi, ma non solo. Attraverso un mondo magico, ma anche maledetto, King ci parla dell’ancestrale dicotomia fra il bene e il male attraverso richiami velati ed espliciti ai suoi maestri fra cui spicca, naturalmente, H. P. Lovecraft. E ci ricorda, come sempre, che noi siamo quello che scegliamo di fare. Che il coraggio è quello di affrontare una situazione ingiusta e sbagliata, anche se questo comporterà il non fare ritorno.

Per quasi seicento pagine sguazziamo nella fantasia geniale del Re per il quale, come già sottolineato più di una volta, i mostri più terribili non sono per forza quelli che hanno un aspetto terribile.

Se all’apparenza può sembrare un “normale” romanzo fantasy, finita l’ultima pagina e riposto il tomo nella nostra libreria, per molto tempo ci ritroviamo a pensare ad alcuni passaggi del romanzo, che lasciano il segno.

Viva il Re!

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