“Crimson Peak” di Guillermo Del Toro

(USA, 2015)

Che Guillermo Del Toro sia uno dei più geniali e visionari registi contemporanei è ormai un dato di fatto, e in questo film ce lo ricorda molto bene, omaggiando poi un genio immortale come Alfred Hitchcock.

“Crimson Peak”, infatti, è colmo di citazioni delle opere più grandi del regista inglese, e nessuna delle quali gratuita. Da “Notorius – L’Amante perduta” a “Rebecca la prima moglie”, passando per “Il sospetto” e “Psyco”.

Ma Del Toro va oltre: riesce a toccare le vette di Hitchcock in quella che era la sua grande capacità di trasmettere ansia, angoscia e intimo disagio che provoca la morbosità ossessiva, che in “La donna che visse due volte” tocca forse il suo apice.

1887: la notte dopo il funerale della madre morta di colera, la piccola Edith Cushing (senza dubbio omaggio al grande attore inglese Peter Cushing, protagonista di numerosi e famosi film horror anni Sessanta e Settanta, nonché governatore Tarkin nel primo e immortale “Guerre Stellari”) piange nel suo letto quando il fantasma inquietante della madre la urla: “Guardati da Crimson Peak!”, per poi scomparire.

Alle soglie del XX secolo Edith Cushing (Mia Wasikowska), giovane figlia unica del ricco costruttore americano Carter Cushing, vorrebbe fare la scrittrice di libri sui fantasmi, ma il mondo dell’editoria di Buffalo – e non solo… – non riesce a concepire una donna che non scriva romanzi d’amore.

La vita serena fra padre e figlia viene turbata dall’arrivo in città del giovane e affascinante Sir Thomas Sharpe (un bravo Tom Hiddleston, già F.S. Fitzgerald per Woody Allen in “Midnight in Paris”) e della sorella Lady Lucille (una stratosferica Jessica Chastain). Il giovane baronetto inglese, infatti, non nasconde il profondo interesse che prova per Edith, ma…

Scritto dallo stesso Guillermo Del Toro insieme a Matthew Robbins – cosceneggatore di numerosi film di Steven Spielberg – “Crimson Peak” è un gran bel film, grazie anche ad un cast davvero di primo ordine tra cui spicca una Jessica Chastain davvero da Oscar.

Da vedere.

 

“Un’altra donna” di Woody Allen

(USA, 1988)

In un’intervista fatta per la presentazione del bellissimo “Blue Jasmine” – film che sotto molti punti di vista è paragonabile a questo – Woody Allen ha dichiarato di sentirsi soprattutto “un autore di tragedie piuttosto che di commedie, anche se il mondo ormai lo ha etichettato così…”

Questa arguta provocazione del genio newyorkese ha in realtà radici profonde e ben piantate, visto che quando Allen scrive e dirige pellicole drammatiche lo sa fare magistralmente e come pochi altri cineasti.

In questo bello e amaro film assistiamo al bilancio drammatico e sentimentalmente tragico della cinquantenne Marion Post (una splendida Gena Rowlands) preside della Facoltà di Filosofia di una prestigiosa università americana.

L’elemento scatenante l’alluvione dei ricordi che invaderà Marion è il casuale origliare alcune sedute di psicoanalisi che le capita di ascoltare nell’appartamento adiacente a quello che ha preso in affitto per scrivere il suo ultimo libro.

Le esperienze che la donna racconta al suo analista, e che lei spia, le richiameranno alla mente episodi cruciali della sua vita sentimentale nella quale lei ha sempre scelto la ragione e mai seguito il cuore.

Dopo “Interiors”, il più bergmaniano film di Allen che qui chiama a dirigere la fotografia Sven Nykvist, collaboratore di Bergman per ben venti film e più volte premio Oscar; questa bella pellicola conferma ancora oggi Woody Allen il più femminino dei cineasti americani, e non solo.  

     

“La casa dei ragazzi speciali di Miss Peregrine” di Ransom Riggs

(Rizzoli, 2011)

Jacob Portman è un adolescente come tanti altri, e come tanti altri vive un’adolescenza solitaria. La famiglia della madre è una delle più ricche dello stato, visto che possiede un’importate catena di supermercati. E Jacob, come tutti i suoi parenti, lavora nella grande catena.

L’unica persona con la quale ha un legame profondo e sincero è il nonno Abraham. Sono soprattutto i suoi vecchi racconti che affascinano da sempre Jacob. Nonno Abraham, infatti, ha avuto una vita molto avventurosa e drammatica: di origini polacche e di religione ebraica, è stato l’unico a sopravvivere, della sua famiglia, alle persecuzioni nazi-fasciste durante la Seconda Guerra Mondiale.

Negli ultimi anni del conflitto ha poi combattuto accanto agli Alleati scegliendo successivamente di trasferirsi definitivamente negli Stati Uniti. Sono i racconti proprio di quel periodo ad affascinare Jacob anche se il nonno, col passare del tempo, sembra sempre più restio e a disagio nel ricordarli.

Una notte oscura, però, nonno Abraham viene ferito a morte nei pressi del suo giardino da quello che tutti considerano un coyote. Solo Jacob, arrivato per primo accanto al cadavere, è convinto che non si sia trattato di un coyote ma di qualcosa di molto più feroce e sovrannaturale.

Anche se nessuno gli crede, Jacob decide di scoprire la verità. Le tracce che il nonno gli ha lasciato, fatte soprattutto di vecchie e incredibili fotografie in bianco e nero, lo portano in Gran Bretagna, su una piccola isola dove incontrerà in prima persona il passato del nonno…

Originale e sfizioso romanzo fantasy, che scorre rapido e divertente fino alla fine, scritto da Ransom Riggs, classe 1980 e nato in una fattoria secolare del Maryland, USA.

Romanzo insolito, per gli amanti del genere e non solo, visto che nelle prossime settimane arriverà nelle sale di mezzo mondo “Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali” riduzione cinematografica diretta dal maestro Tim Burton.

L’unico piccolo neo del libro è la fine, sospesa, che si aggancia troppo al seguito “Hollow City: Il ritorno dei bambini speciali di Miss Peregrine” del 2014, un pò da furbetto insomma.