“Il vagabondo delle stelle” di Jack London

(Adelphi, 2012)

Il condannato a morte Darrell Standing, poche ore prima di essere giustiziato nel carcere di San Quintino, in California, decide di scrivere le sue turbolenti e incredibili memorie per poi trafugarle fuori dalla sbarre.

Oltre alla sua storia, Standing racconta soprattutto di come sia riuscito a sopravvivere alla tortura dell’isolamento nel quale veniva legato e imbragato in una camicia di forza anche per alcuni interi giorni.

Grazie a un compagno di prigionia, Standing impara l’autoipnosi che lo conduce a una catalessi simile in tutto e per tutto a una morte apparente. Questo, se gli permettere di conservare intatti gli organi vitali, gli apre la porta al lato più profondo della sua mente che ha conservati intatti i ricordi di vite precedenti. Da un Legionario Romano che assiste alla crocifissione, a un avventuriero che arriva sulla coste di una oscura e medievale Corea…

Geniale e crudo romanzo del maestro Jack London, che nel 1915 – anno in cui venne pubblicato per la prima volta – denuncia la drammatica situazione dei carceri made in USA, e soprattutto ci regala uno dei più bei e visionari libri del Novecento.

Da leggere a tutti i costi.

“I Promessi Sposi” di Massimo Lopez, Anna Marchesini e Tullio Solenghi

(Italia, 1990)

Nel gennaio del 1990, quando tutto il Paese ormai si preparava a quello che molti consideravano l’apice della nostra italianità, la cosa che ci avrebbe finalmente concesso un posto sul podio planetario fra le primissime nazioni civili e organizzate, l’evento che avrebbe riscattato i lati beceri e pecorecci del – così troppo! – bistrattato vecchio Stivale: i Mondiali di Calcio Italia90, la Rai trasmise la parodia, fatta dal magico Trio, dello sceneggiato polpettone insulso e celofanato “I Promessi Sposi” diretto da Salvatore Nocita – frutto di una cooproduzione internazionale, che anche lei avrebbe dovuto riqualificarci davanti al mondo – andato in onda qualche mese prima.

Ma all’alba dell’ultimo decennio del Secolo Breve, la Rai non era più quella dei grandi sceneggiati avendo a che fare, ormai da qualche anno, con un concorrente agile, volitivo e ricco come la Fininvest.

I tempi e la qualità della Rai non potevano competere con la tv “fast food” del Biscione. E così lo sceneggiato di Nocita venne fuori come una brodaglia sterile e priva di cuore, che niente aveva a che fare con quello diretto da Sandro Bolchi qualche decennio prima.

Basta pensare che per la versione “internazionale” dello sceneggiato diretto da Nocita, quella venduta ad altri Paesi, venne tagliata la parte con il futuro premio Nobel Dario Fo che impersonava Azzeccagarbugli, sostituendolo poi con un altro attore. Che menti…

Ma torniamo alla sua parodia, vero gioiello televisivo di quegli anni, e non solo. Già a partire dai titoli di testa con lo strepitoso “Da un’idea di Alessandro Manzoni”, per passare alla prima apparizione di Lucia-Marchesini col suo “…Chedé?”, a Bella Figheira e a mille altre trovate geniali, fino alla sigla finale in cui uno splendido Lopez-Manzoni canta “Lucy” suonando un pianoforte a coda sulle onde del mare al tramonto, si capisce la portata geniale della mini serie.

E, come accadeva col Trio e soprattuto con l’indimenticabile – e insostituibile – Anna Marchesini, ci si sbellicava dalle risate castingando i vizi e le miserie del nostro Paese; esattamente quello che accadeva al cinema, qualche decennio prima, con la grande commedia all’italiana.

E questo è ancora più evidente rivedendolo oggi, a quasi trent’anni di distanza. Trent’anni in cui il nostro Paese è tanto, e tanto poco, cambiato. Sarà un caso, quindi, che della sua recente messa in onda pomeridiana, avvenuta poco dopo la scomparsa della Marchesini, la Rai abbia mantenuto il più stretto riserbo…

“Il viaggio di Arlo” di Peter Sohn

(USA, 2015)

Questo bel film ha avuto un solo difetto: è uscito troppo poco tempo dopo il successo planetario di “Inside Out“, che ha oscurato quasi tutti gli altri film del genere per i mesi che è rimasto nelle sale.

Lo strano viaggio di Arlo ci porta sul nostro pianeta, qualche milione di anni fa dove però i dinosauri sono sopravvissuti al meteorite (che nella realtà li ha estinti) avendo avuto il tempo quindi di evolversi.

La storia inizia quando l’essere umano si affaccia sulla Terra, ma è ancora considerato un parassita dai dinosauri che sono la specie dominante, visto che coltivano i campi e allevano il bestiame. Ma il rapporto fra Arlo, un giovane dinosauro, e Spot, un piccolo umano che ha perso la sua famiglia, supererà ogni barriera e sentimento.

Come ogni film della Pixar, “Il viaggio di Arlo” ci porta in un mondo fantastico il cui fascino non è solo l’animazione digitale, che anche in questo film raggiunge vette incredibili, ma la storia pura e semplice, di un’amicizia senza confini fra due giovani esseri all’inizio della loro vita.

Da vedere come ogni prodotto Pixar.