“Mirage” di Edward Dmytryk

(USA, 1965)

Tratto dal romanzo di Howard Fast – già autore di “Spartacus”, pubblicato nel 1951, che ispirò Kirk Douglas e Stanley Kubrick per l’omonimo film, e fra le vittime più illustri del Maccartismo –  “Mirage”, oltre ad essere un classico e claustrofobico noir con tutti i crismi, tocca argomenti che diverranno molti comuni negli anni successivi come la pace nel mondo, il lato oscuro delle grandi società benefiche (che oggi chiamiamo “onlus”) e, soprattutto, quello dei “grandi benefattori”.

Una sera, un improvviso blackout, lascia al buio uno dei più imponenti grattacieli di Manhattan, dentro il quale lavora David Stillwell (un sempre gaiardo Gregory Peck).

Dopo i primi istanti di disorientamento Stillwell scende la numerose rampe di scale per tornare a casa, ma lentamente tutto comincia a diventare confuso. Gli ultimi due anni della sua esistenza, infatti, sembrano essere caduti nel buio più profondo.

Stillwell prova prima a rivolgersi a un noto psichiatra e poi al detective privato Ted Caselle (un Walter Matthau in insoliti – ma non unici – abiti polizieschi) che lo scambiano per un mitomane. Ma quando lo stesso Caselle si rende conto che un uomo pedina ostinatamente Stillwell cambia idea…

Godibilissimo fino all’ultimo fotogramma “Mirage”, diretto dal grande artigiano della macchina da presa Edward Dmytryk, non lesina colpi di scena e di pistola.

Per chi ama il thriller e il noir.

“Cabaret” di Joe Masteroff, John Van Drute, Christopher Isherwood e Saverio Marconi

(Italia, 2015)

Non è facile confrontarsi con uno dei mostri sacri del musical del Novecento come “Cabaret” (con le muscihe di Joe Masteroff e il testo basato sulla commedia di John Van Drute e sui racconti di Christopher Isherwood), soprattutto per l’inevitabile paragone con l’omonimo film di Bob Fosse del 1972.

Ma Saverio Marconi riesce benissimo nell’impresa grazie anche a un cast davvero di qualità su cui emergono la bravissima Giulia Ottonello – nel ruolo di Sally Bowles – e un altrettanto bravo Giampiero Ingrassia in quello del maestro di cerimonie, che nel film di Fosse è interpretato da Joel Grey (che si aggiudicherà l’Oscar come miglior attore non protagonista).

Questa bella edizione ci ricorda la grande tradizione del musical nel nostro Paese, che è ancora capace di sfornare artisti in grado di confrontarsi con capolavori mondiali.

Se vi state chiedendo perché proprio oggi parlo di questo spettacolo …è proprio il caso che andiate a vederlo!

“Il minestrone” di Sergio Citti

(Italia, 1981)

Questo film, prodotto dalla RAI e scritto dalla coppia Sergio Citti e Vincenzo Cerami, è stato presentato al Festival di Berlino nel 1981, ma è stato trasmesso dalla nostra rete nazionale solo nel 1985, diviso in tre puntate.

Negli edonistici anni Ottanta la storia dei “morti de fame” Giovannino (Ninetto Davoli) e Francesco (Franco Citti), che si accodano al Maestro (Roberto Benigni) genio del mangiare a quattro ganasce nelle trattorie per poi scappare (fare il “vento”) prima di pagare il conto, sembrava vecchia e obsoleta.

Ma oggi, purtroppo, è pesantemente tornata attuale.

Con un cast di primo livello, tra cui spicca Giorgio Gaber (che nella scena finale è d’applauso) e con quegli elemeti surreali tipici della cinematografia di Citti, “Il minestrone” rimane una delle migliori commedie all’italiana degli anni Ottanta.

Per la chicca: Giampiero Galeazzi interpreta se stesso, telecronista straordinariamente coinvolgente, nel sogno in cui Giovannino immagina di partecipare alle Olimpiadi nella categoria “mangiatori di spaghetti” …e non aggiungo altro.

John Cazale

Classe 1935, John Cazale è stato uno degli attori americani più rappresentativi degli anni Settanta, nonostante la sua prematura scomparsa e i pochi – ma boni! – film interpretati.

Cazale, infatti, ha partecipato solo a cinque pellicole ma tutte candidate all’Oscar come miglior film quali: “Il Padrino”, “La conversazione”  e “Il Padrino – Parte II” diretti da Francis Ford Coppola, ”Quel pomeriggio di un giorno da cani” di Sidney Lumet e “Il Cacciatore” di Michael Cimino.

Il ruolo che lo ha fissato nell’immaginario collettivo è certamente quello di Fredo Corleone, il fratello debole e vigliacco di Michael.

E sulla stessa linea caratteriale sono stati anche gli altri personaggi da lui interpretati come quello di Sal ne “Quel pomeriggio di un giorno da cani” o di Stan ne “Il Cacciatore”.

Amico d’adolescenza di Al Pacino, una volta giunto a New York insieme a Israel Horovitz, John Cazale comincia a calcare i palcoscenici di Broadway.

Agli inizi degli anni Settanta conosce una giovane e promettente attrice di quattordici anni più giovane di lui, alla quale rimarrà legato fino alla morte, ma con la quale reciterà solo nel suo ultimo film “Il cacciatore”. Lei è Meryl Streep.

Infatti la breve, ma intensa, carriera di Cazale si chiude col capolavoro di Michael Cimino nel quale recita già mortalmente minato da un cancro ai polmoni.

Proprio per il suo stato, la produzione non lo voleva nel cast, ma l’insistenza dell’amico Robert De Niro, assieme a quella del regista e del resto del cast ebbero la meglio. E così vennero riprogrammate le riprese per consentire a Cazale di recitare prima dell’avvento definitivo del male che lo ucciderà il 12 marzo del 1978, senza permettergli di vedere il film terminato che arriverà nelle sale americane solo l’8 dicembre successivo.

Alla Festa del Cinema di Roma del 2009 è stato presentato il cortometraggio su Cazale diretto da Richard Shepard e intitolato “I Knew It Was You: Rediscovering John Cazale”, con interviste ad alcuni dei suoi amici e colleghi, che se vi capita fra le mani vi consiglio di vedere.

“A piedi nudi nel parco” di Gene Saks

(USA, 1967)

Questo film di Gene Saks sta per compiere mezzo secolo ma, grazie alla sua scrittura e alla bravura dei suoi protagonisti, è sempre fresco e brillante.

E’ vero che l’omonima commedia – scritta da Neil Simon nel 1963 e diretta in teatro da Mike Nichols – è uno dei capolavori comici del XX secolo, ma la classe non è acqua e basta un niente per rovinare un adattamento.

Ma Saks coglie a pieno lo spirito innovativo del testo di Simon e, soprattutto, la sua freschezza. Non a caso per il ruolo di Paul sceglie lo stesso giovane attore che da quattro anni lo interpreta in teatro: Robert Redford, mentre per quello di Corie la giovane ma già conosciuta Jane Fonda, che con Redford aveva lavorato ne “La Caccia” di Arthur Penn.

Il resto è storia del cinema: con alcune battute davvero memorabili, le gambe infinte di Jane Fonda, lo sguardo irresistibile di Robert Redford e soprattutto una grande anticipazione.

Proprio alla vigilia di quell’infausto 1968 – al quale ancora qualche triste nostalgico si aggrappa disperato – Neil Simon ci dice quale potrà essere una delle vere rivoluzioni sociali: la pacata e morigerata normalità nel rapporto di coppia.

Lui si che è un genio rivoluzionario!

“9” di Shane Acker

(USA, 2009)

Anche se non sono pochi i film d’animazione che raccontano di un mondo post dispotico catastrofico (“Nausicaa della Valle del Vento” del maestro Miyazaki su tutti), così come quelli che parlano di un futuro dove le “macchine” hanno preso il sopravvento sugli esseri umani, questo bel lungometraggio d’animazione scritto da Shane Acker insieme a Ben Gluck, Pamela Pettler – e diretto dallo stesso Acker – merita di essere visto.

Sia per le sue splendide immagini gotiche, sia per le sue atmosfere cupe e affascinanti. 80 minuti di bel cinema, adatto a tutti, che ci porta in un mondo che sembra lontano, ma che poi forse così lontano non è…

Prodotto da Tim Burton (e si vede) e da Timur Bekmambetov (regista dell’adattamento cinematografico de “I guardiani della notte”), “9” non è solo per gli appassionati del genere, ma per tutti quelli che amano la fantascienza, quella fantascienza che raccontando del nostro ipotetico futuro parla in realtà anche del nostro presente.

“Big Eyes” di Tim Burton

(USA, 2014)

Per legge, secondo me, ogni film del maestro gotico e visionario Tim Burton – che come pochi ha lasciato la sua indelebile impronta nell’immaginario collettivo degli ultimi anni – andrebbe visto al cinema.

Come questo suo particolare – per il cinema americano, non certo per la sua cinematografia – “Big Eyes” che racconta la storia vera della pittrice dilettante Margaret Keane (che nel film è interpretata da Amy Adams) e del suo tormentato rapporto col secondo marito Walter Keane (un grande Christoph Waltz).

Ammetto senza riserve che prima di vedere questo film ignoravo totalmente l’opera pittorica di Margaret Keane, e soprattutto di associare quegli occhioni a lei e a uno dei più clamorosi plagi artistici del XX secolo.

Burton ricostruisce magistralmente un mondo fatto di uomini, dove le donne devono rimanere sempre al loro posto, anche nell’ambito della pittura.

E parliamo della fine degli anni Cinquanta e gli inizi dei Sessanta, non di un secolo fa!

Molto bello.

“Un Natale di Maigret e altri racconti” di Georges Simenon

(Adelphi, 1953/2015)

Non si discute, Maigret sta alla letteratura come il panettone (con i canditi) al Natale.

E così durante le Festività (invernali ed estive) non manco mai di tornare a fare una visita al commissario più famoso della narrativa mondiale.

Quest’anno ho scelto questa raccolta di tre racconti che prende il titolo dall’ultimo, certamente il più gustoso.

Il primo, “Nessuno ammazza un poveraccio”, si consuma nelle tipiche atmosfere simenoniane, con un inspiegabile (per tutti tranne che per il commissario ovviamente) omicidio in un anonimo appartamento popolare.

Così come il secondo, “Il cliente più ostinato”, ci porta sul campo delle passioni, motore principale di tante inchieste di Maigret.

Ma quello che mi è piaciuto più di tutti è senza dubbio il terzo perché proprio la mattina di Natale ci porta in casa Maigret, dove fanno da padrona le abitudini consolidate di una coppia che si ama con il triste e comune dolore di non avere bambini a cui fare regali…

Per amanti del genere e fan d’annata del commissario.