“L’Ombra dello Scorpione” di Mick Garris

(USA, 1994)

Attenzione, qui parliamo di uno dei migliori adattamenti di un’opera di Stephen King, e vista la mole del romanzo, la trasposizione non poteva che diventare una miniserie in quattro lunghe puntate per la televisione, scritta dalla stesso Re.

Nonostante le apparenti difficoltà produttive – girare in una deserta New York piena di morti per le strade, per non parlare di intere città in fiamme – oltre a essere più che credibile, questa fiction rimane profondamente fedele al romanzo, portandoci al nocciolo dell’eterna dicotomia fra il bene e il male (erano anni che sognavo di scriverlo in un post!).

Anche a vent’anni di distanza “L’Ombra dello Scorpione” rimane una bella e inquietante mini serie da vedere e godere tutta, con un grande Gary Sinise.

E ora passiamo alla serie chicche: nel ruolo del tutto secondario del buontempone Ted Weizak che arriva felice da Mamma Abigail e successivamente accoglie a Boulder il ritorno di Stu e Tom c’è nientepopodimeno che lo stesso Stephen King.

Ma non basta, a vestire i panni di due piccoli, meschini e sanguinari soldati di Randall Flagg ci sono i registi John Landis e Sam Raimi.

E per gli amanti del basket, infine, c’è pure un cameo del grande recordman del NBA Kareem Abdul-Jabbar nei panni di un santone che annuncia la fine imminente dell’umanità e che, morto da ore, batte vergognosamente gli occhi sullo sfondo di una scena: un fallo tecnico da espulsione!

“The Weather Man – L’uomo delle previsioni “ di Gore Verbinski

(USA, 2005)

Devo essere sincero, dopo “Stregata dalla Luna”, non ho mai amato Nicolas Cage in ruoli da commedia o drammatici.

Ho sempre detto: fategli cercare un tesoro nascosto da secoli, fatelo correre in moto con la testa in fiamme, fatelo combattere con un extraterrestre o fategli doppiare un uomo delle caverne: ma non fategli interpretare un quarant’enne in crisi esistenziale!

E invece il buon vecchio Nik ti tira fuori dal cilindro una bella interpretazione in questo melanconico “The Weather Man – L’uomo delle previsioni” di Gore Verbinski (autore della trilogia de “I Pirati dei Caraibi”), dove interpreta David Spritz, un modesto presentatore di previsioni che però ha un continuo successo lavorativo, tanto quanto un profondo fallimento personale come padre, marito e figlio.

Con una grande interpretazione di Michael Caine, nel ruolo del padre di David, questo film è una piccola …perla (chi vuol intendere intenda!).

“Don Jon” di Joseph Gordon-Lewitt

(USA, 2013)

Dite quello che vi pare ma questa commedia, scritta diretta e interpretata dal giovane Joseph Gordon-Lewitt, è davvero sfiziosa e interessante.

Non pretenderà certo di risolvere i problemi esistenziali che affliggono il mondo, ma scatta una scanzonata e sincera fotografia di uno spicchio attualissimo della contemporanea commedia umana.

Jon Martello (lo stesso Gordon-Lewitt) è un giovane e piacente ragazzo che ha dei precisi punti fermi nella vita: la sua macchina, la sua casa – che ama pulire con cura -, la sua famiglia – con la quale partecipa alla messa ogni domenica – e le donne, che riesce a conquistare in discoteca e portare a letto, senza fallo, ogni sabato sera (con grande invidia degli amici).

Ma in realtà Jon ha anche un altro punto fermo che forse sottovaluta un po’ troppo: guardare i porno su internet.

Anche dopo un bell’amplesso con una ragazza piacente, Jon non si sente appagato se poi non si masturba davanti al suo pc guadando un filmato hard.

Una sera, nel suo solito luogo di caccia, incontra Barbara (una brava quanto antipatica Scarlett Johansson) che accetta la sua corte ma con delle precise e ferree condizioni, tra cui c’è quella di non usare mai più un porno per masturbarsi. Jon, che infondo è un uomo puro e di cuore, accetta ma…

Non si può non ricordare, inoltre, anche la brava – come al solito – Julianne Moore che interpreta un ruolo molto particolare, che non ha senso svelare a chi non ha visto il film.

Per la chicca: Joseph Gordon-Lewitt è stato scelto per doppiare, nella versione inglese, Jiro Horikoshi, il protagonista dello splendido “Si alza il vento” del maestro Miyazaki.

“La Luna” di Enrico Casarosa

(USA, 2011)

Ecco un altro piccolo gioiello firmato dalla Pixar, scritto e diretto da Enrico Casarosa, nato a Genova nel 1970 e trasferitosi vent’enne a New York per iscriversi alla School of Visual Arts, la stessa frequentata – tanto per dirne uno – da Keith Haring.

Casarosa ci porta in una splendida favola onirica i cui protagonisti sono tre classici italiani – così come se li immaginano tanto gli americani – di tre generazioni differenti: nonno, papà e nipote che nella vita fanno un lavoro molto particolare…

7 minuti di puri sogni e immagini fantastiche da vedere ogni volta che ci capita una giornata storta e che riportano alla mente la Cosmicomica “La distanza della Luna” del grande Italo Calvino.

Nominato all’Oscar come miglior film d’animazione nel 2012.

“Interstellar” di Christopher Nolan

(USA/UK, 2014)

Christopher Nolan ci regala un’altra pellicola dalla trama superbamente circolare (è proprio il caso di dirlo!) e con delle sequenze così spettacolari e visionarie da meritare di essere vista anche solo per quelle.

Gli esseri umani sono nati sulla Terra, ma sono destinati anche a morirci?

E, soprattutto, chi è disposto davvero a sacrificarsi per salvare gli altri della propria specie?

Della trama non dico altro perché come ogni film di Nolan – a partire da “Memento” in poi – “Interstellar” va visto e basta: 169 minuti di grande spettacolo cinematografico.

“Si alza il vento” di Hayao Miyazaki

(Giappone, 2013)

Il maestro Miyazaki ha dichiarato che questo è il suo ultimo lungometraggio, d’ora in poi farà il pensionato.

Si tratta di una notizia triste per tutto il cinema e la cultura mondiale, visto che anche questo film del maestro giapponese è di fatto una vera opera d’arte.

La storia di Jiro Horikoshi, l’ingegnere progettista dei micidiali velivoli Zero che ebbero una tragica fama durante la Seconda Guerra Mondiale, ci riporta nel Giappone prebellico e nei sogni di un bambino miope che però sapeva vedere tanto lontano.

Ma parlare solo delle trama di un film di Miyazaki ha davvero poco senso, le sue opere vanno godute fotogramma per fotogramma.

Da vedere, come tutte le altre opere del maestro giapponese.

“La lunga notte del ‘43” di Florestano Vancini

(Italia, 1960)

In uno degli anni più importanti del cinema italiano (lo stesso in cui uscirono “La dolce vita” di Federico Fellini, “La ciociara” di Vittorio De Sica, “L’avventura” di Michelangelo Antonioni, “Rocco e i suoi fratelli” di Luchino Visconti, “Tutti a casa” di Luigi Comencini e “Kapò” di Gillo Pontecorvo, tanto per citare solo i più famosi) esordisce alla regia Florestano Vancini con un film tratto da un racconto di Giorgio Bassani e sceneggiato da Pier Paolo Pasolini e Ennio De Concini insieme allo stesso Vancini.

Oltre alla drammatica vicenda che quasi tutto il film racconta, la sommaria e ingiustificata fucilazione di 11 antifascisti come rappresaglia per l’assassinio del capo dell’ufficio federale fascista della città (in realtà freddato da un sicario inviato da Carlo Aretusi, fascista della prima ora, che così riacquista il potere locale), la cosa che a distanza ancora colpisce come un pugno allo stomaco è la scena finale.

Ambientata nel 1960, in maniera quasi profetica, ci descrive l’Italia del boom economico così incredibilmente vicina a quella del “nuovo miracolo italiano”.

Gino Cervi, nei panni dell’Aretusi, ci regala un’interpretazione indimenticabile. Premio Miglior Opera Prima alla Mostra del Cinema di Venezia.

“Survivor” di Chuck Palahniuk

(Mondadori, 1999)

Lo stile frenetico e coinvolgente di Chuck Palahniuk (autore di “Fight Club” e “Soffocare” fra gli altri), rende ogni suo libro tosto e unico.

La storia che ci racconta con questo “Survivor” ci porta dalla provincia americana più feroce e impietosa alla serata stellare del Super Bowl.

Un viaggio duro e crudo di un giovane cresciuto all’interno di una ristretta e ferrea comunità religiosa i cui membri, a causa dell’interessamento dell’F.B.I. per la gestione poco ortodossa delle tasse e dei nuovi nati, si sono tutti suicidati.

Tender Branson è pubblicamente l’ultimo sopravvissuto della setta Creedish e per questo viene fagocitato dal sistema mediatico che lo trasforma nel leader di una nuova religione e soprattutto, tra marketing e apparizioni televisive, in una gallina dalle uova d’oro. Ma il suo buio passato alla fine riuscirà a ritrovarlo…

Per chi ama l’adrenalina e le emozioni forti Palahniuk è uno degli autori ideali.

“Temporale Rosy” di Carlo Brizzolara

(Einaudi, 1979)

Purtroppo questo libro, come molti altri bei romanzi di quegli anni, è ufficialmente irreperibile. L’unica possibilità è quella di trovare qualche vecchia copia usata (come ho fatto io).

E nonostante ciò, ci sono ancora individui che vedono gli e-book come la fine della letteratura mondiale.

Mantenere in vendita un e-book all’editore digitale non costa quasi nulla – anche per decenni – mentre una copia o una riedizione cartacea ha evidenti oneri molto più sostanziosi ed elevati, ed è per questo che molti libri interessanti spariscono per sempre dagli scaffali delle librerie.

… Chissà cosa ne penserebbero oggi Italo Calvino, Ennio Flaiano e Cesare Pavese?

Ma torniamo al libro di Brizzolara che è una splendida favola d’amore, dolce e tenera proprio perché ambientata nel mondo duro e violento (apparentemente) del catch.

Spaccaporte – ottimo pugile che però si è rotto la mano nell’ultimo incontro disputato, e per questo difficilmente potrà tornare sul ring – è innamorato di Temporale Rosy, una bella e brava lottatrice di catch. I due però hanno un cuore tenero ma modi rozzi e maneschi che li portano alla rottura, ma…

Un breve e dolce romanzo da leggere tutto d’un fiato che ho scoperto grazie al film che nel 1979 ne fece il maestro Mario Monicelli, realizzando una pellicola onirica e quasi cartoon, fin troppo avanti coi tempi, tanto da fallire al botteghino.

E per questo – che te lo dico a fare… – al momento introvabile.